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Gli investitori istituzionali a livello internazionale stanno adottando un atteggiamento più propenso al rischio, alla ricerca di nuove opportunità in mercati di nicchia a fronte del mutare delle condizioni macroeconomiche. E tra queste spiccano il settore immobiliare e i real asset.
Così l’EQuilibrium Global Institutional Investor Survey della società di gestione Nuveen che, con la partecipazione di 800 investitori istituzionali a livello globale, esamina come l’evoluzione delle prospettive di mercato, delle questioni geopolitiche e climatiche stia influenzando le decisioni di asset allocation.
Investitori istituzionali: ecco cosa cercano
Secondo il report, le infrastrutture private e il real estate privato (non quotati) hanno registrato i maggiori aumenti su base annua nella percentuale di investitori che prevede di aumentare le proprie allocazioni, passando rispettivamente, dal 35% e 24% nel 2024, al 50% e 37% nel 2025. Ma gli investitori presentano un approccio sempre più selettivo, guardando a specifiche aree ad alta crescita all’interno di entrambi i mercati, come i data center e il debito infrastrutturale privato.
Il 65% degli investitori prevede di aumentare gli investimenti nel settore immobiliare focalizzato sulle infrastrutture digitali e oltre il 30% incrementerà la sua allocazione sugli asset obbligazionari privati.
Le assicurazioni dell’area EMEA hanno mostrato particolare convinzione verso il settore immobiliare privato, con il 46% di questa coorte che prevede di aumentare gli investimenti nei prossimi due anni, rispetto al solo 27% dello scorso anno. In Europa, il maggiore interesse proviene dagli investitori tedeschi, dove più della metà (51%) prevede di aumentare gli investimenti nel settore immobiliare privato rispetto al 24% dello scorso anno.
Private markets al centro della costruzione dei portafogli
La survey sottolinea come gli investitori istituzionali continuano ad approfondire il loro impegno sui mercati privati, con il 66% che prevede di aumentare gli investimenti in private asset nei prossimi cinque anni. Oltre il 90% detiene sia private equity che private credit, in forte aumento rispetto al 45% del 2021, a sottolineare il ruolo crescente dei mercati privati nei portafogli istituzionali.
Le infrastrutture private, il private credit e il private equity continuano ad attirare un notevole interesse, con quasi la metà degli investitori che prevede di incrementare le allocazioni in queste aree. All’interno di queste categorie, gli investitori hanno indicato il private equity come il segmento in cui prevedono di incrementare maggiormente l’esposizione.
Inoltre la survey rivela come stia emergendo anche una tendenza verso l’obbligazionario a più alto rendimento e più alto rischio, con l’obbligazionario privato al centro dell’attenzione. Quasi la metà degli intervistati difatti sta esplorando nuove aree di nicchia nel credito privato, come il credito per le infrastrutture energetiche e il finanziamento di fondi (ad esempio, il NAV lending). Con l’aumento delle allocazioni su asset alternativi, quasi il 40% degli investitori sta ampliando la propria selezione di asset managers per far fronte alla crescente complessità e specializzazione.
La doppia sfida per il futuro sul clima e rendimenti
La survey rivela come gli investitori istituzionali stanno affrontando la duplice sfida di affrontare il rischio climatico da una parte e cogliere opportunità di rendimento interessanti dall’altra. Il 73% degli intervistati concorda sul fatto che il fabbisogno energetico a breve termine non può essere soddisfatto senza incorporare fonti energetiche sia tradizionali che rinnovabili.
L’impegno verso l’energia pulita rimane costante, con la maggior parte delle istituzioni che danno priorità all’energia pulita e alla riduzione delle emissioni di CO2 come parte degli obiettivi per emissioni nette pari a zero o per cogliere interessanti opportunità di rischio-rendimento.
Nel complesso, il 44% degli investitori istituzionali si è impegnato a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette, mentre un altro 25% prevede di farlo nei prossimi 12 mesi. Anche tra il 30% circa che non intende assumere impegni su questo fronte, la maggioranza (64%) dichiara di continuare a investire in strategie di energia pulita o di ridurre le emissioni di CO2 nei propri portafogli. Inoltre, più della metà degli investitori (51%) con obiettivi di emissioni nette pari a zero ha fissato target intermedi per il 2030, mentre il 37% ha stabilito parametri di riferimento per il 2025 che guideranno i progressi a breve termine. La stragrande maggioranza degli investitori con obiettivi per il 2025 (95%) dichiara di essere sulla buona strada o parzialmente sulla buona strada per il loro raggiungimento.
Sebbene il 45% degli investitori identifichi la perdita di biodiversità come uno dei primi cinque rischi economici, solo tre su dieci stanno prestando maggiore attenzione all’interno dei loro portafogli ai temi legati alla natura.