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Innominabile furioso, ma pronto alla lotta con il Quirinale

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ROMA – “Se vuole un nuovo voto di fiducia benissimo, accetto la sfida: gli dimostreremo che possiamo allargarci ancora di più”. Silvio Berlusconi reagisce con stupore e irritazione a quella che considera “un’indebita intromissione” del capo dello Stato, per di più giunta in piena campagna elettorale. E ci vuole stavolta tutta l’arte diplomatica di Gianni Letta per evitare che la rabbia del premier tracimi dalle stanze di palazzo Grazioli e si trasformi in un duro scontro istituzionale con il Quirinale.

Il sottosegretario, dopo aver condiviso per telefono la replica dei capigruppo del Pdl, si mette subito in contatto con Napolitano, cerca di capire, riferisce al Cavaliere che il capo dello Stato non pretende un altro voto di fiducia. Ma ormai è tardi, le considerazioni del Colle non fanno che aumentare l’ira del Cavaliere, che non sente ragioni: “Se ci attacca sapremo rispondere. Quando siamo andati da lui l’ultima volta non ci disse nulla e adesso arriva, a freddo, questo colpo alle spalle”.

Una versione che non trova riscontro sul colle più alto. Anzi, nel loro ultimo incontro alla Vetrata Napolitano chiese al capo del governo come si sarebbero configurati il governo e la maggioranza con i nuovi ingressi dei responsabili. E non ne ebbe risposta. Il problema, insomma, non sono la fiducia, i numeri del centrodestra alla Camera, non è questo che il Quirinale sta chiedendo al Pdl. La richiesta investe al contrario un punto molto delicato, la presa d’atto ufficiale del cambiamento avvenuto nella maggioranza, tramite una comunicazione formale del governo alle Camere.

“Una questione di correttezza e rispetto del Parlamento”, affidata tuttavia alla autonoma valutazione dei presidenti di Camera e Senato e allo stesso capo del governo. Insomma, non è importante il modo, è indispensabile però che la comunicazione avvenga. E Berlusconi può anche accusare Napolitano, come riferiscono abbia fatto, di “cavillosità” e “formalismi assurdi”, ma è questo che richiede la stessa legge di riforma della presidenza del Consiglio. Che, al primo comma dell’articolo 5, impone al presidente del Consiglio di “comunicare alle Camere la composizione del Governo e ogni mutamento in essa intervenuto”. Ma questa è l’ultima dimostrazione che ormai il presidente della Repubblica non vuole più usare l’arma preventiva della moral suasion affidandosi solo agli atti ufficiali.

Nel Pdl la rabbia e lo stupore del premier sono condivisi da tutti ai piani alti. I due capigruppo e i loro vice – Gasparri, Cicchitto, Corsaro e Quagliariello – impegnati da Napoli a Varese per la campagna elettorale, si consultano al telefono per vergare una risposta la più netta possibile al Colle. Ma per Berlusconi è ancora poco, vorrebbe di più, faticano a trattenerlo. “Dal 29 settembre – spiega uno dei quattro capigruppo – abbiamo avuto sette voti di fiducia. Sembra che Napolitano non ne tenga conto e non si riesce a capire il perché. A meno che sotto non ci sia dell’altro, ma non ci si può credere”.

Parole che restano in sospeso, ma che danno corpo al timore che si è affacciato in queste ore a palazzo Grazioli. La paura cioè che Napolitano sia a conoscenza di qualcosa che ancora il premier neppure sospetta. Come se i malumori dei tanti scontenti per le nomine dei 9 sottosegretari, oppure l’umore nero di un capo messo ai margini, come ad esempio Claudio Scajola, potessero coagularsi in qualcosa di più, una manovra capace persino di mettere a repentaglio l’esecutivo in caso di un voto di fiducia. Paure che Berlusconi stesso scaccia con la mano appena evocate: “Vinceremo sia a Napoli che a Milano.

A quel punto andremo oltre i 324 voti che abbiamo, anche chi finora è rimasto alla finestra sceglierà di passare con noi. E potremo arrivare a 335 deputati”. Insomma, la convinzione è che un eventuale nuovo voto di fiducia, considerato oltretutto che le Camere riapriranno dopo le amministrative, si risolverà in un ulteriore rafforzamento della maggioranza. Preso in contropiede dalla nota del Quirinale, dopo aver ascoltato la spiegazione che arrivava dal Colle, Berlusconi ha quindi rilanciato sullo stesso terreno: “A questo punto il voto di fiducia lo chiederemo noi. E vedremo chi ci rimetterà la faccia”.

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Il giorno dopo la firma delle nomine dei nuovi sottosegretari il Colle mette i puntini sulle i. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ieri proceduto alla firma dei decreti di nomina di nove Sottosegretari di Stato, la cui scelta rientra come è noto nella esclusiva responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri. Il Capo dello Stato ha in pari tempo rilevato che sono entrati a far parte del Governo esponenti di Gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche. Spetta ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio valutare le modalità con le quali investire il Parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il Governo. Ma in realtà, dopo il 14 dicembre c’era già stato un ingresso di peso di un esponente del nuovo gruppo dei responsabili. Si tratta di Saverio Romano, deputato di Ir nominato ministro dell’Agricoltura lo scorso 23 marzo, senza che il Capo dello Stato chiedesse alle Camere di esprimersi.

Il Pdl: “Quadro chiarito da voti di fiducia” Immediata la replica del Pdl. “Numerosi voti di fiducia, a partire da quello della svolta del 14 dicembre, hanno chiarito il quadro politico, con ripetute verifiche nelle sedi parlamentari. Le nomine di governo sono giunte dopo queste diverse votazioni e nel pieno ed assoluto rispetto delle norme costituzionali e delle prerogative del Capo dello Stato”. Lo affermano in una nota i presidenti dei gruppi Pdl di Senato e Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, e i vicepresidenti vicari, Gaetano Quagliariello e Massimo Corsaro, a proposito della nota del capo dello Stato che ha chiesto una pronuncia delle Camere dopo i nuovi ingressi nel governo.

Bossi: “Il premier ha la competenza” “Il premier ha la competenza per nominare i sottosegretari, la legge dice che può farlo, perchè si dovrebbe passare dal Parlamento. Le leggi si applicano?”.

Napoli (Pdl): “Provvedimento antiribaltone” “Il rilievo affidato dal presidente Napolitano alla nota del Quirinale è assolutamente corretto, e non poteva essere diversamente, sotto il profilo costituzionale quando rinvia ai presidenti delle Camere di investire il Parlamento sulle novità intervenute nella compagine governativa. La nota quirinalizia introduce però una novità di rilievo. Laddove essa segnala ’che sono entrati a far parte del governo esponenti di gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politichè”. Lo dichiara Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del Pdl. “La valutazione del Capo dello Stato su questo punto è tutta politica, non trovando sostegno in nessuna norma costituzionale, ed è la corretta presa d’atto che in questo Parlamento, sulla base dei risultati elettorali, non dovrebbe esserci spazio per maggioranze diverse da quelle uscite dalle urne”, rimarca.

“Il punto indicato da Napolitano è di una chiarezza adamantina: o il Parlamento usa il suo potere di ’ratificà rispetto alle novità intervenute in questi mesi, nel perimetro della maggioranza e nella composizione dell’esecutivo, oppure si deve procedere al suo scioglimento perchè qualsiasi altro esecutivo e qualsiasi altra maggioranza sarebbero in ogni caso diversi ’rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politichè. Il Capo dello Stato si è consapevolmente fatto custode di ogni tradimento della volontà elettorale così come essa si è manifestata nelle urne”, conclude Napoli.

Bersani: “Ci rimettiamo alle Camere” “Ci rimettiamo alla valutazione dei presidenti di Camera e Senato”. Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, commenta la nota del Presidente della Repubblica. Da Caserta, dove parla per sostenere il candidato di centrosinistra, Carlo Marino, il leader del Pd sottolinea: “Il decreto sviluppa solo sottosegretari. E, non a caso, c’è il richiamo del Presidente della Repubblica nella sua assoluta correttezza istituzionale. Gli italiani non capiscono se c’è stata la nomina di un’accozzaglia di di sottosegretari, oppure è nata una nuova maggioranza parlamentare con il Parlamento che si riduce a luogo di compravendita di deputati e senatori. Per quello che riguarda, aspettiamo sereni le valutazioni di Fini e Schifani”.

Le opposizioni Immediate le reazioni del mondo politico. “Il presidente Napolitano ha ragione: l’attuale governo è sostenuto da un’altra maggioranza rispetto a quella uscita dalle urne e Berlusconi ha il dovere di presentarsi alle Camere e chiedere la fiducia per il nuovo esecutivo. È un altro governo rispetto a quello del 2008”, lo ha affermato in una nota il presidente del gruppo Idv alla Camera Massimo Donadi.

Il Colle sulla Rai Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha affrontato con il presidente della Rai, Paolo Garimberti, e con il nuovo direttore generale, Lorenza Lei, le questioni relative alla “piena e tempestiva attuazione del regolamento approvato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai e alla necessaria informazione sulle modalità di svolgimento della consultazione referendaria”. Lo rende noto un comunicato del Quirinale. Il capo dello Stato ha ricevuto oggi Garimberti e Lei al Quirinale e, si legge nella nota, si è complimentato con quest’ultima “per l’ampia fiducia accordatagli e le ha formulato gli auguri di buon lavoro al servizio dell’emittente radiotelevisiva pubblica”. Immediata la replica di viale Mazzini: la Rai informa che da questa sera comincerà la messa in onda degli spot informativi sui temi referendari che terminerà lunedì 13 giugno.