Economia

Inflazione, un paniere calmierato può essere la soluzione?

L’inflazione in Italia, sebbene in rallentamento a giugno, continua a mordere e a ridurre il potere d’acquisto degli italiani. Assoutenti stima che nell’ultimo anno solo gli alimentari hanno subito rincari per circa 1.000 euro a famiglia, costringendo queste ultime a ridurre il cibo in tavola. Il governo corre ai ripari e propone soluzioni per arginare il problema. L’ultima è del ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso: un paniere calmierato. Ecco in cosa consiste.

Il paniere secondo Urso

Urso ipotizza di creare un paniere di prodotti di largo consumo a prezzi calmierati. “È iniziato un confronto che dovrebbe portarci a un’intesa con la grande distribuzione, ma dobbiamo coinvolgere anche il sistema produttivo”, ha precisato il ministro. Il confronto sul paniere dovrebbe entrare nel vivo la prossima settimana.

Il parere delle associazioni dei consumatori

Assoutenti accoglie con favore la proposta del ministro Urso, giudicandola “un importante successo”. Del resto, l’associazione da tempo propone l’introduzione di “un paniere di prodotti da vendere sul territorio a prezzi calmierati, in modo da aiutare non solo le famiglie alle prese con la spesa quotidiana, ma anche il comparto del commercio”. Plaude anche il Codacons, il cui presidente Carlo Rienzi chiosa:

“Qualsiasi provvedimento in grado di calmierare i listini al dettaglio è il benvenuto, soprattutto in considerazione del fatto che i prodotti più acquistati dai cittadini, come alimentari e carrello della spesa, continuano a registrare aumenti annui a due cifre. Dalla misura, che non costituisce affatto una intesa restrittiva della concorrenza, ci saranno quindi solo vantaggi per le famiglie, anche perché i prezzi potranno essere ritoccati al ribasso qualora i listini alimentari dovessero tornare a scendere in Italia. Accordi di questo tipo vanno difesi e incentivati, perché a differenza di bonus una tantum che non risolvono il problema dei prezzi, sono iniziative in grado di apportare vantaggi per tutti e su larga scala, producendo un effetto calmierante sui listini e innescando la concorrenza”.

Scettica invece l’Unione Nazionale Consumatori (Unc), che mette in guardia dal rischio che il prezzo di alcuni prodotti venga congelato, in un momento in cui invece dovrebbe iniziare a scendere. Il presidente Massimiliano Dona avverte:

“Se si proponesse di congelare il prezzo di alcuni prodotti, in un momento in cui invece dovrebbero iniziare a scendere, si cadrebbe dalla padella nella brace. Occorre anche evitare che gli accordi con la grande distribuzione possano di fatto costituire un’intesa restrittiva della concorrenza. Sarebbe positivo, invece, se le imprese si impegnassero a vendere al loro prezzo di costo i prodotti di questo paniere“.

Ma il paniere è una buona idea? Vediamo cosa ci insegnano l’economia e la storia.

Il paniere è la soluzione?

Il paniere di D’Urso non è l’altro che l’edizione moderna del calmiere dei prezzi. Una misura antichissima: pensate che il primo a introdurla come rimedio all’inflazione fu l’imperatore Diocleziano, nel lontano 301 d.C., con l’editto di Diocleziano, che consisteva un grande tabellario col quale fissava il prezzo massimo a un migliaio fra beni e servizi, e alla remunerazione del lavoro necessario per produrli. Finì malissimo: i beni a prezzo calmierato sparirono dalla circolazione e chi li desiderava poteva comprarli solo al mercato nero, a prezzi altissimi.

Nel 361 d.C. l’imperatore Giuliano fissò per legge il prezzo del grano. Il finale fu simile, come ricorda Gibbon nella sua “Storia della decadenza e caduta dell’Impero romano”: “i proprietari terrieri non portarono come di consueto la loro merce alle città; e le piccole quantità che apparvero sul mercato furono vendute a un prezzo maggiore ancorché illegale”.

Il resoconto più celebre dell’introduzione del calmiere resta quello di Alessandro Manzoni nel suo celebre romanzo “I promessi sposi”. Il libro fa riferimento a un fatto realmente avvenuto: il tumulto di San Martino o rivolta del pane, avvenuta l’11 e 12 novembre 1628. All’epoca il cancelliere milanese Ferrer, per fronteggiare il rincaro del prezzo del pane dovuto alla carestia, “fissò il prezzo del pane a un livello che “sarebbe stato il giusto, se il grano si fosse comunemente venduto trentatré lire il moggio: e si vendeva fino a ottanta. Fece come una donna stata giovine, che pensasse di ringiovinire, alterando la sua fede di battesimo”, ironizza Manzoni. I fornai subirono ingenti perdite per produzione di un’ingente quantità di pane, da vendere sottocosto. Il provvedimento fu revocato. Il popolo allora si ribellò, assaltando il forno delle Grucce (situato nell’odierno Corso Vittorio Emanuele).

In tempi più recenti, il calmiere dei prezzi fu adottato nel nostro paese negli anni Settanta per contrastare gli effetti di shock sui prezzi dell’energia e sui cambi. Il calmiere funzionò solo per i beni e servizi forniti dalle imprese controllate direttamente dallo Stato, che allora comprendevano quasi tutto il settore energetico e dei trasporti. Tuttavia, l’impatto sui rispettivi bilanci è stato pagato da tutti i contribuenti per anni. Nel settore privato il calmiere determinò carenze di offerta e mercato nero. Il vero problema del calmiere è che non si possono obbligare le imprese a vendere in perdita, a meno di compensarlo con sussidi. Tuttavia, nel lungo periodo, i loro effetti ricadono sempre sui contribuenti.

I beni che hanno subito i maggiori rincari

Nonostante i costi dell’energia in calo, in Italia i prezzi dei biglietti aerei sono esplosi, con un balzo del 23,5% su base annua. Anche gli alimentari restano molto costosi, avendo registrato a giugno un aumento dei prezzi dell’11%, calcola l’Istat. Seguono le spese per la casa (10,1%, ossia abitazione, acqua, elettricità e combustibili) e servizi ricettivi e di ristorazione (7,6%).

A livello di città, quella con la maggiore inflazione è stata Genova (8,5%), seguita da Firenze (7,6%).