Società

INCREDIBILE: STANNO RINASCENDO
LA DC E IL PSI

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(WSI) – Certe volte, solo certe volte, dietro le convulsioni quotidiane della politica si celano passaggi epocali. Nell’ultima settimana sono rinate la Dc e il Psi, o almeno l’idea, il “noumeno” di Dc e Psi. Uno può spiegarselo ricorrendo alla categoria meta-politica della nostalgia: le radici che resistono, i legami di sangue che reclamano.

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Invece l’evento è che Dc e Psi stanno provando a reincarnarsi nella politica italiana sotto la forma della modernità. Dopo quindici anni, si presentano come nuove proprio le due entità dalla cui dissoluzione scaturì il nuovismo, e il bipolarismo, e il leaderismo, e la politica spettacolo, e tutto il circo di questo decennio, alla fine del quale è difficile confermare la patente di leader a un premier che si ricandida per la quarta volta di seguito o a un oppositore che lo risfida dieci anni dopo, in una saga che non ha niente da invidiare alla trama del film Ritorno al futuro.

I protagonisti delle due rinascite, dal canto loro, stanno bene attenti a ripudiare ogni tentazione nostalgica. Follini mette i penati del liberalismo europeo nel suo pantheon personale, e assieme a De Gasperi, non a Forlani. Boselli e Bobo Craxi cercano nella modernissima sfida dei neo-guelfi e dei teo-con la ragione di un’unità che, per essere tale, dovrà per forza di cose mettere fine alla ricerca dell’assassino di Craxi, dai cui incubi Stefania non riesce a uscire. La nuova Dc con la U, e il nuovo Psi con la Rosa radicale si sforzano di dare indicazioni per il futuro, forse parziali, forse fallaci; ma hanno smesso di recriminare sulla ferita del ’92, sulla fine della repubblica, per presentarsi come potenziali protagonisti di una Seconda che non hanno mai amato e di una Terza che non hanno mai smesso di sognare.

Sono ancora piccoli, ma scommettono sulla possibilità che una fetta consistente di elettori li percepisca come tali: proprio loro, le cui tradizioni sono state usate come un drappo rosso per aizzare il toro dell’opinione pubblica contro la politica.

E’ nella rilettura del trauma dei primi anni ’90 che va cercata la causa di questa revanche. Dc e Psi sparirono perché vennero considerati responsabili del fallimento del paese, della sua incapacità di entrare in Europa, di diventare moderni. La crisi della finanza pubblica, il rischio di restare fuori dall’euro, l’economia oppressa dalla manomorta della politica, fino alla degenerazione estrema del sistema delle tangenti: questi furono i capi d’accusa che condannarono i due partiti che avevano modernizzato l’Italia, e poi ne avevano sprecato le risorse fino a dissanguarlo. La Lega e i giudici furono gli strumenti di quel parricidio di massa. E, benché oggi se lo ricordi solo Mario Monti, l’operazione fu fatta in nome dell’Europa. Bossi minacciò la secessione, pur di portare almeno la Padania nella moneta unica.

Il problema è che oggi, dopo tredici anni di cura nuovista, l’Italia è pressappoco al punto da cui era partita. La crisi della finanza pubblica è altrettanto esplosiva, l’Europa è altrettanto lontana; nell’euro ci stiamo sì, ma come ingessati, perché è uno smoking di taglio troppo moderno per un corpo obeso e flaccido come il nostro; la manomorta della politica continua ad opprimere il mercato, seppure in forme più ipocrite; e le tangenti, signori miei, quelle continuano a girare, solo che si pagano ai (….) invece che direttamente ai politici.

Forse, allora, la colpa del fallimento degli anni ’90 non era di Dc e Psi. Forse è proprio l’Italia a non essere capace, a non avere voglia, di diventare normale. Forse usammo Dc e Psi come capri espiatori di un sentimento di vergogna nazionale, e poi ci rimettemmo subito e alacremente all’opera per far trionfare il nostro sistema, adattandolo a tutti i nuovissimi partiti e leader con cui avevano sostituito i genitori ripudiati.

E’ giusto dibattere ogni giorno di quanta responsabilità abbiano rispettivamente la destra e la sinistra che si sono alternate alla guida della nuova Italia, e noi abbiamo le nostre idee in proposito. Ma nel frattempo il paese rinnega ad ogni elezione il polo che ha governato, qualunque esso sia, con la stessa rabbia, con lo stesso sentimento di delusione; quasi come se cominciasse a sentire che il bi-leaderismo di oggi non è più perfetto del bi-polarismo imperfetto di ieri.

Per questo non deve stupire se Dc e Psi tornano all’onor del mondo; se i partiti più in crisi sono proprio quelli più nuovi, a cominciare da An; se i poli non si tengono se non con lo sputo del sistema elettorale. Il gruppo di autocoscienza collettivo che gli italiani si concessero nella crisi dei primi anni ’90 è finito. La terapia non si è dimostrata migliore del male. Il nuovo è diventato vecchio: di conseguenza, il vecchio può diventare nuovo.

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