Sono state rese note oggi le conclusioni del Chilcot Inquiry, l’inchiesta pubblica avviata dal Regno Unito per far luce sul ruolo che il paese ha avuto nella guerra in Iraq. L’inchiesta – nota anche come Iraq Inquiry – venne annunciata dall’allora premier britannico Gordon Brown il 15 giugno del 2009 e si riferisce al periodo compreso tra la metà del 2001 e il luglio del 2009.
Delicata la posizione dell’ex premier britannico Tony Blair che, secondo l’ex primo ministro scozzese Alex Salmond, potrebbe essere processato per crimini di guerra.
Il rapporto è stato diffuso alle 11.30 ora di Londra, le 12.30 in Italia, dopo un discorso proferito da John Chilcot, responsabile della Commissione di inchiesta. I rappresentanti del mondo politico, i familiari delle vittime della guerra in Iraq e alcuni giornalisti avevano già ricevuto il rapporto 3 ore e mezza prima della diffusione al pubblico.
Il documento contiene 2,6 milioni di parole, e potrebbe essere utilizzato da alcuni parlamentari UK, pronti a un impeachment contro Blair, con l’accusa di aver portato il paese a un conflitto che ha provocato la morte di 179 soldati.
Diversi manifestanti si sono raccolti davanti all’abitazione di Londra dell’ex premier.
Così John Chilcot, autore dell’inchiesta la cui pubblicazione avviene ben sette anni dopo l’annuncio di Brown:
Nella decisione di invadere l’Iraq sono mancati una “attenta analisi e un “attento giudizio”. Chilcot ritiene che l’invasione dell’Iraq non è stata una decisione di ultima istanza: ciò significa che l’attacco venne deciso senza considerare le alternative pacifiche, che non erano ancora esaurite. Inoltre, la guerra venne decisa anche in assenza di un piano che stabilisse il ruolo del Regno Unito nel periodo successivo all’invasione.