Società

«In Italia non c’è voglia di cambiare. Basta lotte padroni-operai» dice Marchionne

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«L’unica area del mondo in cui Fiat e in perdita e l’Italia». Lo ha evidenziato l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, intervenendo al meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini. «Trovo assurdo che la Fiat sia apprezzata e riceva complimenti ovunque fuorché in Italia – ha sottolineato il numero uno del Lingotto- . Non ci aspettiamo fanfare ma neanche fischi. La Fiat è sempre la stessa sia che si guardi all’Europa agli Stati Uniti o al Sud America». Marchionne ha poi evidenziato che «i principi della Fiat sono uguali in ogni parte del mondo, è un’azienda seria, gestita da persone serie con forti cariche e patrimonio di valori».

«POCA VOGLIA DI CAMBIARE» – Per Marchionne «in Italia ci manca la voglia e abbiamo paura di cambiare». «In questi giorni – ha spiegato – c’è una contrapposizione fra due modelli: uno difende il passato e l’altro che vuole andare avanti. Se non lasciamo alle spella vecchi schemi non ci sarà spazio per vedere nuovi orizzonti». «A volte – ha poi commentato – penso che gli sforzi di Fiat in Italia non siano compresi. Non siamo più negli anni Sessanta non c’è una lotta fra capitale e lavoro, fra padroni e operi. Se l’Italia non riesca ad abbandonare questo modello di pensiero non raggiungeremo mai niente. Ora c’è bisogno di uno sforzo collettivo, un patto sociale per condividere impegni, sacrifici e consentire al Paese di andare avanti. Una occasione per costruire il paese che lasceremo alle nuove generazioni».

GUARDARE AL FUTURO – Quanto all’azione complessiva del gruppo, Marchionne ha rivendicato l’orgoglio Fiat, facendo notare come alcune scelte, tipo la produzione della Panda a Pomigliano, siano dettate più dal cuore che dal business. «La maggior parte delle persone ha compreso l’impegno e la sfida» ha detto l’amministratore delegato del gruppo torinese, che dal palco di Cl ha ringraziato esplicitamente i segretari generali di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti senza invece citare la Cgil.

«DIRITTI DI TUTTI» – Il numero uno del Lingotto ha letto un testo scritto ed è tornato a parlare anche del caso dei tre operai dello stabilimento di Melfi prima sospesi dall’azienda poi reintegrati dal giudice ma a cui non sono state riaffidate mansioni operative. «Non è onesto usare i diritti di pochi per piegare i diritti di molti – ha detto -. Non sono difendibili gli illeciti arrivati fino al sabotaggio. Non è giusto nei confronti dell’azienda e non è giusto nei confronti di altri lavoratori». Marchionne ha fatto notare che Fiat «ha rispettato la legge e dato seguito al primo provvedimento della magistratura» e ha parlato di «enfasi mediatica che ha in parte travisato la realtà dei fatti». Inoltre ha chiesto che si instauri un «rapporto di fiducia» nei confronti dell’azienda e ha sottolineato che «dignità e diritti non possono essere patrimonio esclusivo di tre persone. Sono valori che vanno difesi e riconosciuti a tutti». L’ad si è poi detto pronto ad accogliere l’invito del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a trovare una soluzione in merito alla vicenda. «Ho grandissimo rispetto per il presidente della Repubblica come persona e per il suo ruolo istituzionale: per la sua posizione istituzionale accetto quello che ha detto come un invito a trovare una soluzione».

«VENGA IN FABBRICA» – «Non ci si poteva aspettare altro da lui – ha commentato a caldo, a Sky Tg 24, Giovanni Barozzino, uno degli operai-sindacalisti sospesi e poi reintegrati -. Abbiamo in comune qualcosa io e Marchionne: anche io sono stato a lavorare in Canada, dopo il terremoto dell’80. Ho dovuto lavorare per contribuire al mantenimento della mia famiglia, una famiglia con 6 figli. Noi siamo d’accordo con la necessità di non fare muro contro muro. L’unica lotta di classe, però, la sta facendo lui con la Fiat. Marchionne gira molto negli stabilimenti in America, venga anche a vedere cosa succede nelle sue fabbriche in Italia. Così, se non ha paura della verità, capirà come vanno veramente le cose».