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IL TORO A WALL STREET PER ORA PUO’ ATTENDERE

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(WSI) – In questo momento è in atto una specie i corsa fra europei e asiatici a chi riesce a comprare più cose in America. Soprattutto case, ma anche nei negozi ci sono discreti assalti. E non è difficile capire perché. Il dollaro è molto basso, e quindi si spende poco. Inoltre, anche il prezzo delle case è sceso moltissimo, a seguito della crisi dei prestiti subprime. Ebbene, secondo alcuni esperti, tutto questo potrebbe finire nel giro di qualche mese o, almeno, potrebbe subire un rallentamento.

C´è una corrente di pensiero, infatti, la quale sostiene che da qui alla fine dell´anno il dollaro potrebbe anche rivalutarsi di un buon dieci per cento, come conseguenza di un mutamento di politica economica da pare dell´America. O meglio: della banca centrale americana, la Federal Reserve.

Fino a oggi la Fed ha avuto soprattutto due obiettivi: impedire che gli Stati Uniti vadano in recessione e impedire che la crisi subprime si trasformi in una catastrofe finanziaria. Per entrambe le cose la cura trovata dalla banca centrale americana era, e è, una sola: molto denaro a poco prezzo, cioè con tassi di interesse molto bassi.

Questo, però, ha provocato la discesa del dollaro (per la gioia degli europei e degli asiatici che volevano comperarsi una casa a Miami o a New York), ma anche il rialzo del prezzo del petrolio (in parte) che viene pagato in dollari. Gli sceicchi e in genere i paesi produttori non sono stati affatto contenti di essere pagati con una moneta svalutata. In sostanza, poi, il dollaro basso è un veicolo per importare inflazione. Cosa che ovviamente non piace.

Ma tutto questo, si diceva, potrebbe finire o potrebbe attenuarsi. Perché, secondo una minoranza (per ora) di esperti, la banca centrale americana sarebbe sul punto di cambiare politica. La priorità numero uno verrebbe data non più al sostegno della congiuntura (l´ipotesi di una recessione appare a molti scongiurata), ma alla lotta all´inflazione (che peraltro in America non è ancora così esplosiva come in Europa).

Questo la porterebbe in autunno, o comunque entro la fine dell´anno, a rialzare i tassi di interesse. In sostanza, l´attuale politica (molto denaro e a basso prezzo) verrebbe capovolta. La conseguenza di tutto ciò sarebbe, ovviamente, una ripresa del dollaro, che potrebbe guadagnare anche il dieci per cento rispetto ai valori attuali. E questo farebbe la gioia delle imprese europee che esportano negli Stati Uniti.

Ma potrebbe anche innescare una corsa a Wall Street, dove si trovano moltissimi titoli (soprattutto bancari) a prezzi scesi anche del 30-40 per cento (a questo proposito si dice che una grande banca italiana sta studiando il dossier di una banca americana, con l´intenzione di comprarsela, visto che ormai costa pochissimo). In sostanza, andando a comprare a Wall Street si potrebbe guadagnare due volte: sul rialzo dei titoli (perché sono molto bassi) e sul rialzo del dollaro.

E´ sensato tutto questo ragionamento? Secondo molti esperti, no. O, meglio, non ancora. Lo scenario, spiegano, ha una base logica e ci si arriverà certamente, magari non in autunno, ma più avanti.

E questo per una serie di ragioni:

1 – La crisi del mercato immobiliare non è affatto finita. A settembre saranno messe in vendita le case sequestrate perché comprate con prestiti subprime non pagati (i militari sono i maggiori protagonisti di questa vicenda: nelle città dove ci sono basi militari le crisi subprime sono il quadruplo rispetto al resto dell´America). Il momento della verità sarà appunto a settembre. E è difficile che la Federal Reserve decida di rialzare i tassi prima di aver visto la conclusione di questa vicenda.

2 – Il mondo del credito (banche e istituzioni finanziarie) non è ancora a posto e possono esserci altre sorprese, con conseguenti crisi. La Fed, quindi, dovrà adottare ancora per un po´ una politica prudente, senza svolte troppo accentuate. E quindi il costo del denaro dovrebbe rimanere bloccato. Cambiare troppo presto potrebbe comportare la necessità di smentirsi nel giro di poche settimane.

3 – L´inflazione non è poi così violenta. Il fenomeno è molto più grave in Europa, dove infatti la Banca centrale europea (fra le proteste dei vari governi, interessati a un rilancio delle loro congiunture), resiste e non abbassa i tassi di interesse.

4 – Infine, anche se comincia diventare ragionevole pensare a un´America la cui economia rallenta fino alla crescita zero (per qualche mese), e se appare sensato escludere l´ipotesi di una recessione, un po´ di denaro a basso costo ancora per un po´ certo non può fare male. I rischi di un incidente di percorso sono sempre presenti.

Insomma, il momento del cambio di rotta dell´America, con conseguente boom di Wall Street, probabilmente sta già scritto negli oroscopi della Federal Reserve, ma non è detto che sia proprio per dopodomani, appena dopo le vacanze.
Forse bisognerà aspettare di più.

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