Società

Il portafoglio per tutte le stagioni e i cicli economici

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NEW YORK (WSI) – Per molti investitori i mercati sviluppati sembrano molto più sani e più forti di quanto lo siano stati negli ultimi anni. I principali mercati azionari stanno raggiungendo continui record, gli spread sui titoli corporate sono sempre più contenuti nei confronti dei titoli del Tesoro degli Stati Uniti e continuano sempre di più ad assottigliarsi; infine, le misure in corso continuano a ridurre la volatilità scesa a livelli più bassi dal 2007.

Queste notizie normalmente indicano una reale prosperità in tutta l’economia e in alcuni casi chiedono di essere festeggiate, tuttavia i prezzi non sempre riflettono la realtà. Infine la combinazione di elevate e crescenti valutazioni, unite a bassa volatilità e a un trend di indebolimento della crescita reale degli utili è una ricetta fortemente collaudata che genera dei bassi rendimenti nel lungo termine, il tutto unito a una forte instabilità del mercato.

Prendiamo ad esempio l’S&P500. E’ salito di circa il 42% dal 1° settembre 2011 al 1° agosto 2013. In questo lasso di tempo gli utili sono però leggermente diminuiti (circa il -2% durante il Q1 2013), mentre il rapporto prezzo-utili degli ultimi 12 mesi (P/E) è aumentato del 44%, passando da 13.5 a 19.5. Ciò significa che la maggior parte dei recenti guadagni nei mercati azionari degli Stati Uniti sono guidati da una espansione dei multipli, e questo nonostante ci sia stata una crescita negativa degli utili reali. Questo è un chiaro segnale che il sentiment rispetto ai fondamentali, sta spingendo il mercato verso dei valori sempre più elevati.

Naturalmente il semplice rapporto a 12 mesi del P/E può essere fuorviante rispetto ai punti di svolta che possono essere cruciali, e quindi questo potrebbe essere un handicap rispetto al potenziale rendimento a lungo termine. Ad esempio, il crollo dei salari reali durante la crisi finanziaria globale ha spinto i multipli del rapporto P/E di S&P500 ai minimi del marzo 2009. Così mentre il P/E è uno strumento utile per la comprensione di ciò che è già accaduto nel mercato, viceversa l’indice “P/E Shiller” è molto più utile per il calcolo di un maggior numero di futuri rendimenti attesi. Questo approccio non vi aiuterà molto nel definire il timing del mercato nel breve termine, ma le valutazioni attuali hanno storicamente dimostrato che sono estremamente utili nella previsione dei rendimenti nel lungo termine.

Nel suo libro Esuberanza irrazionale (2005), Robert Shiller della Yale University ha dimostrato come questo approccio “conferma il fatto che gli investitori a lungo termine – gli investitori che allocano i loro soldi con un orizzonte di investimento minimo di dieci anni – hanno ottenuto i migliori risultati quando i prezzi erano molto più bassi rispetto agli utili all’inizio del periodo. Gli investitori a lungo termine dovrebbero essere molto ben consigliati nel ridurre la loro esposizione verso il mercato azionario quando i valori solo elevati … ed aumentarla quando invece i valori sono bassi”.

Come si può vedere nella figura 6 dove possiamo comparare il comune rapporto del P/E a 12 mesi presente nella figura 5 con la metrica del P/E Shiller, che rende la serie più equilibrata e ci aiuta ad evitare i falsi segnali, dividendo il corrente prezzo del mercato con gli utili medi al netto dell’inflazione degli ultimi dieci anni. Storicamente quando viene raggiunto il picco con valori medi attorno ai 29, successivamente si sono avuti dei forti ribassi del mercato (o attorno ai 26 escludendo la bolla delle dot-com), e successivamente si è poi ha toccato il fondo raggiungendo valori fatti da una singola cifra. Non solo oggi il P/E Shiller è a 24 il che ci suggerisce il fatto che ci troviamo in un mercato fortemente sopravvalutato, ma la rapida espansione dei multipli degli ultimi due anni unità all’assenza di una crescita degli utili ci suggerisce che questo mercato è anche fortemente in ipercomprato.

John Hussman ci aiuta ad esaminare le attuali valutazioni in una prospettiva storica:

L’indice P/E Shiller si trova ora a 24,4, circa lo stesso livello nel quale si trovava nell’agosto del 1929, ma a un valore superiore a quello del dicembre del 1972 e anche superiore a quello dell’agosto del 1987, ma di molto inferiore rispetto al livello estremo che era stato raggiunto nel marzo del 2000 che era pari a 43 (un livello dopo il quale sono seguiti più di 13 anni di rendimenti di mercato di poco superiori rispetto al rendimento dei Tresaury). Oggi l’indice P/E Shiller si trova moderatamente al di sotto del livello 27, che rappresenta il picco del mercato raggiunto nell’ottobre del 2007. Vale la pena di notare che la recessione tra il 2000-2001 è già al di fuori del calcolo dell’indice di Shiller. Inoltre guardando maggiormente da vicino i dati il margine di profitto implicito incorporato nell’attuale indice P/E Shiller è pari a 6,3%, a fronte di una media storica che è invece stata pari solo al 5,3%. Rispetto ai normali margini di profitto l’attuale P/E Shiller dovrebbe essere pari a 29.

Mentre può sembrare impossibile prevedere con precisione quando questo mercato guidato dalle attuali politiche monetarie si romperà, la storia suggerisce che durante un mercato orso secolare sarebbe molto ragionevole raggiungere dei minimi con un multiplo P/E tra 5 e 10, generando una delle rare opportunità durante le quali produrre ricchezza-distribuendo del capitale a dei prezzi veramente molto bassi. Alcuni di questi dettagli tecnici sono piuttosto aridi, ma spero che ci possiamo concentrare sul concetto principale: non stiamo parlando della possibilità di una modesta discesa dell’indice S&P500 del 20% al 30%. Se la storia può rappresentare un previsione del futuro, stiamo parlando della possibilità di una caduta pari a più del 50% dai massimi arrivando a dei rendimenti medi annui a livello decennale del -4,4%, questo secondo il grafico sopra riportato di Cliff Asness di AQR. Questo risultato sarebbe in linea con la caduta che è già avvenuta in periodi simili di deleveraging, come quelli che gli Stati Uniti hanno sperimentato nel 1930 e che il Giappone ha vissuto a partire dal 1989. Non vi è alcun modo per evitarlo: il rischio azionario può essere fortemente improduttivo e persino distruttivo in questo tipo di contesto economico.

Ma dove si trova un pericolo, ci sono anche delle opportunità. Questo è un periodo fantastico per prendere un po’ di profitto e diversificare allontanandosi dai fattori di rischio che sono solo orientati alla crescita e che dominano la maggior parte dei portafogli degli investitori. Invece di concentrare il rischio in una classe di attivo o in un paese, gli investitori potrebbero aumentare i loro rendimenti e raggiungere un maggior equilibrio attraverso una visione globale, ampliando il mix delle principali classi di investimento e ponderando il peso dei potenziali rendimenti al fine di raggiungere un maggior equilibrio tra i diversi potenziali risultati economici (piuttosto che cercare di prevedere il futuro). Dal momento che le azioni e i titoli del credito sono essenzialmente una scommessa direzionale rispetto a una crescita economica positiva e una situazione di bassa inflazione, si può guadagnare molto di più creando una diversificazione in altre aree di rischio del mercato: quali le materie prime che crescono in modo significativo quando ci troviamo difronte a un contesto inflativo o più specificamente quando si prevede un aumento dell’inflazione; o il rifugiarsi nei sicuri titoli di Statoche crescono in modo significativo quando l’inflazione lascia il posto alla deflazione e mentre tutti gli altri asset tipicamente diminuiscono. Mentre ogni gruppo di classi di investimento risponde in modo diverso e presenta una bassa correlazione con le altre ognuna di queste tende ad offrire nel lungo termine dei rendimenti molto simili in relazione al rischio, garantendo in tal modo un costante inserimento in qualsiasi portafoglio core.

Ha molto senso in una logica di diversificazione inserire anche delle strategie alternative che sono meno correlate o correlate in modo negativo. Quando le valutazioni sono particolarmente elevate, le strategie basate su logiche momentum-based come, ad esempio, quelle attuate con i futures possono essere una fantastica componente da inserire in un portafoglio. A parte i titoli di Stato le strategie di tipo momentum sono le uniche facilmente accessibili che tendono ad essere maggiormente correlate negativamente con mercati durante i periodi di forte stress, e che forniscono dei rendimenti particolarmente interessanti quando tutti gli altri investimenti stanno perdendo dei soldi.

Certamente unire assieme le diverse tipologie di investimento in un unico portafoglio è la parte più difficile, ma la ricerca che risale ai primi anni 1970 ci suggerisce che ampliare questo mix di investimenti core – in modo da avere sempre qualche componente del portafoglio che risponde positivamente a ogni potenziale stagione economica – e il gestire l’asset allocation in funzione dei diversi scenari economici può rappresentare la più grande opportunità per aggiungere valore al processo di investimento.

Avete molto da guadagnare nel diversificare il più possibile eliminando gli investimenti che non rendono e riducendo la dipendenza dal puro rischio azionario, e limitando il più possibile gli errori emotivi che spesso portano gli investitori a sottoperformare in modo drammatico. Ricordatevi che in un mondo caratterizzato da una forte riduzione della leva finanziaria, dai cambiamenti demografici in atto dati dall’invecchiamento della popolazione, dalla repressione finanziaria e dalle politiche monetarie che rappresentano sempre di più solo una sperimentazione ogni singolo punto percentuale conta moltissimo e tutto può succedere.

Con queste indicazioni terminiamo la nostra discussione con qualche piccolo consiglio del più grande gestore di hedge fund al mondo, Ray Dalio:

Quello che sto cercando di dire è indicato per l’investitore medio, e vorrei incoraggiarli a comprendere maggiormente che dove c’è inflazione c’è anche crescita. Tutte le cose possono salire o scendere ma l’avere quattro portafogli differenti ci permette di comporre l’intero portafoglio in modo equilibrato. Perché durante ogni generazione abbiamo un certo periodo di tempo durante il quale un asset class è particolarmente sotto performante, e quindi questa tenderà a distruggere la vostra ricchezza e voi non potete sapere in quale periodo della vostra vita potrà avvenire. Quindi la cosa migliore che potete fare è avere un portafoglio che sia maggiormente immune, è questo lo si ottiene solo attraverso una maggiore diversificazione. Questo è ciò che noi chiamiamo un portafoglio per tutte le stagioni. Ciò significa che non ci sarà mai una particolare concentrazione in quell’asset class che potrebbe distruggervi completamente e che voi non potete mai sapere quale possa essere.

Un Cigno Nero Coreano?

La settimana scorsa ero a Newport, Rhode Island, presso il Naval War College, dove ho partecipato a un gruppo di studio estivo incentrato sui possibili scenari futuri e su come potrano influenzare la strategia del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Le discussioni sono state molto ampie e hanno contribuito, almeno per me, a crearmi una forte apertura della mente. Come i lettori sanno, io credo che il Giappone abbia iniziato un processo di lungo termine che prevede una continua svalutazione della loro valuta. Per i motivi che ho scritto in modo dettagliato nelle precedenti lettere credo che nei prossimi cinque anni lo yen potrebbe arrivare a 200 nei confronti del dollaro. Non la vedo come una cosa che possa avvenire in modo precipitoso, ma semplicemente come una continua svalutazione nei confronti del dollaro in quanto il Giappone sta cercando di importare inflazione ed esportare la sua deflazione.

Mentre allo stato attuale lo yen non è un particolare problema per il resto del mondo, quando invece lo vedremo arrivare a 120 inizieremo a vedere le prime preoccupazioni e i primi discorsi politici da parte dei paesi che ne subiranno i maggiori contraccolpi. Poi a 140 potremmo iniziare a vedere delle reazioni molto forti.

Uno dei paesi che secondo me si troverà in una situazione particolarmente difficile sarà la Corea del Sud. Le opzioni che possono gestire rispetto ad un indebolimento dello yen sono piuttosto limitate. Se dovessero rispondere con la stampa di più moneta creerebbero un inflazione debilitante. Il protezionismo avrebbe poco effetto nei confronti del Giappone. Ricordate che lo yen giapponese ha toccato i 357 nei confronti del dollaro circa 40 anni fa. I giapponesi hanno visto la loro moneta rafforzarsi di quasi il 400% nei decenni successivi. L’unica vera risposta è stata quella di diventare molto più competitivi e migliorare fortemente la loro produttività.

Affinare il proprio vantaggio competitivo potrebbe essere l’unica vera opzione che la Corea del sud potrebbe esercitare. Ma naturalmente non sarebbe così facile, si sentirebbero un sacco di lamentele da parte dei politici e degli uomini d’affari coreani.

Ora cerchiamo di spostare la nostra attenzione sulla Corea del Nord. Tutti (compreso il vostro umile analista) è molto preoccupato per il regime isolazionista della Corea del Nord, il quale ha oltretutto accesso anche alle armi nucleari. La scorsa settimana ho avuto un paio di conversazioni che mi hanno portato a pensare a un altro scenario che dovremmo prendere in considerazione.

Una conversazione fatta nel gruppo di studio ha avuto inizio con una osservazione di un alto ufficiale sulle capacità dei militari della Corea del Nord di proiettare il potere. Poiché questa informazione è nulla di più di quello che si può trovare sui giornali, mi sento a mio agio nello discuterne qui assieme a voi. Tutti sanno che i nordcoreani sono stati per molti decenni malnutriti. Gli studi suggeriscono che i nordcoreani possono essere fino a tre centimetri più bassi dei sudcoreani e hanno dei QI minori a causa del livello di malnutrizione. Quest’ultimo è un effetto molto noto sugli esseri umani. La popolazione della Corea del Nord negli ultimi decenni ha sofferto particolarmente la fame.

Che capacità hanno i militari della Corea del Nord di creare una forte offensiva quando i loro soldati non sono fisicamente in grado di sopportare le pressioni generate da un combattimento? La scorsa settimana ho incontrato uno dei grandi strateghi geopolitici del nostro tempo il professor Ian Bremmer della Columbia, che è anche il presidente e fondatore di Eurasia Group, struttura con circa 100 analisti geopolitici che lavorano solo per lui. Ho condiviso con lui le mie preoccupazioni circa la penisola coreana. Mi ha subito detto che era molto preoccupato per la penisola coreana rispetto a qualsiasi altra parte del mondo compreso il Medio Oriente. Una delle cose interessanti che mi ha detto è che un numero crescente di telefoni cellulari sono stati contrabbandati nella Corea del Nord direttamente dalla Cina, e che ora i nordcoreani stanno cominciando a conoscere la vera storia del mondo.

Mentre non vi è possibilità per la popolazione della Corea del Nord di avviare una rivoluzione in quanto non hanno le armi e le persone soffrono la fame; vi è però la possibilità che il paese diventi sempre più difficile da gestire.

Poche persone nel 1987 previdero il crollo dell’Unione Sovietica. Eppure se ora guardiamo indietro alla convergenza di cause che ne ha provocato il crollo, ora tutto questo sembra piuttosto normale. Probabilmente l’attuale dittatura continuerà a mantenere molto stretta la morsa sulla Corea del Nord. Questa è la tendenza che si ha con la repressione e con la tirannia, ne è la testimonianza Cuba e qualsiasi altro paese. Ma non si può non considerare la possibilità di un crollo dello Stato nella Corea del Nord.

Se ciò dovesse accadere sarebbe un disastro umanitario. Nel lungo periodo la situazione del popolo coreano potrebbe a quel punto migliorare, ma nel breve periodo avremmo un disastro catastrofico. Non è irragionevole aspettarsi che dopo il primo anno, la Corea del Sud dovrebbe fare il grosso del lavoro pesante.

Non importa quanto si desidera vedere unificate le due coree, il processo sarebbe enormemente costoso per la Corea del sud. Credo che il compito sarebbe molto più difficile e più costoso su base pro-capite rispetto a quanto lo stato nel caso dell’unificazione della Germania.

Inoltre questo potrebbe accadere mentre l’attenzione della Corea del Sud resta focalizzata su come affrontare la svalutazione dello yen e la necessità di diventare sempre più competitiva al fine di mantenere la propria quota delle esportazioni. C’è anche la possibilità che molti si rifugino in Cina. Questo è un problema molto diverso di cui preoccuparsi, rispetto al milione di uomini dell’esercito che attraversa la DMZ nella Corea del sud.

Non sto dicendo che questo accadrà, ma è un ipotesi che dobbiamo prendere in considerazione.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da IT Forum News – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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