Società

IL PETROLIO GOVERNATO
DAGLI IRACHENI

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L’Iraq ha ora un nuovo governo del petrolio: una compagnia petrolifera nazionale rimpiazza lo Stato che, sotto Saddam, gestiva direttamente tutta la filiera, dalla ricerca, all’estrazione, al trasporto, alla raffinazione, all’esportazione. Le strutture della nuova compagnia sono in fieri, ma già emerge un fatto significativo: la partecipazione a essa, in posizioni di comando, di dirigenti iracheni, fra i meno compromessi con il precedente regime e provenienti direttamente da quello che fu il Ministero del Petrolio.

Presidente della “corporate” è Philip Carroll già amministratore delegato della Shell; vicepresidente sarà Fadhil Othman, un ministeriale responsabile, prima del 1991, del settore marketing. Il consiglio, che sarà composto di sette-otto membri, in buona parte se non in maggioranza iracheni, avrà compiti di indirizzo generale e dovrà esercitare uno stretto controllo finanziario sui proventi del petrolio per accertare che il governo provvisorio (ora gestito dall’ex generale Jay Garner) li spenda a beneficio dell’Iraq. I compiti esecutivi spetteranno a un comitato formato di funzionari ed ex funzionari del ministero, con un capo, anche lui iracheno, che farà pure parte del consiglio di amministrazione.

Non è detto comunque che il capo venga dall’ex struttura statale. Ma il problema è di vedere chi, fra gli esterni, abbia una competenza come quelle dei ministeriali, quanto mai determinanti oggi per rimettere in sesto al più presto il sistema petrolifero. Ciò serve per alimentare l’elettricità, i trasporti, l’industria e per ottenere valuta per le finanze irachene. Alla riunione dell’Opec, che ha ristabilito le quote di offerta sospese durante la guerra per evitare l’impennata del prezzi, mancava l’altro ieri il rappresentante iracheno, che sarà l’amministratore delegato della nuova compagnia, ancora da nominare. Ma il presidente Abdullah Al-Attiyah, al corrente delle decisioni prese dagli americani a Baghdad, ha detto che lo aspetta per “domani”.

Solo alle Nazioni Unite non si vuole riconoscere che in Iraq vi è un nuovo governo del petrolio, con tutti i titoli per operare sul mercato, nell’interesse della rinascita nazionale.

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