Roma – Per trovare nuovi risparmi da destinare al taglio delle tasse le stanno provando tutte. L’accordo della scorsa settimana con il governo ha azzerato l’impianto già deciso: niente più taglio dell’Irpef , niente più aumento della seconda aliquota Iva , niente più retroattività, tetto omnicomprensivo alle detrazioni e franchigie.
Ora ci sono a disposizione 6,7 miliardi in tre anni, ma distribuiti male: solo 1,1 miliardi nel 2013, 3,1 nel 2014, 2,5 nel 2015. Con quelle risorse il Pd vuole aumentare le detrazioni per lavoro dipendente, l’Udc quelle per chi ha figli a carico, il Pdl ora spinge perché si dia un segnale al lavoro autonomo e alle imprese.
Il problema è soprattutto cosa fare l’anno prossimo: un miliardo di euro è poco, troppo poco per accontentare tutti. Così governo e partiti stanno cercando – in extremis – di raschiare il barile della spesa. All’inizio hanno messo gli occhi sulla enorme mole di contributi alle imprese, in gran parte pubblici.
Ci si creda o no, di oltre trenta miliardi di euro distribuiti ogni anno i tecnici del governo non sarebbero in grado di tagliare che qualche centinaio di milioni. Nulla rispetto ai dieci miliardi «aggredibili», la stima dell’ economista Francesco Giavazzi . Di qui la decisione di passare al piano B: tentare di rimettere mano alla giungla di oltre 700 agevolazioni fiscali.
Della questione si discute ormai da un paio d’anni. Quando i tecnici iniziarono a compilare la lista degli sconti fiscali in vigore, a Via XX settembre c’era ancora Giulio Tremonti.
L’idea è abbastanza semplice: fare pulizia fra norme che talvolta consentono due, tre tipi diversi di sgravi per la stessa voce di spesa; uno degli esempi più noti è quello delle agevolazioni per enti no profit e società sportive.
Decidere cosa tagliare e cosa no è opera lunga e certosina, soprattutto se si sono avuti mesi per farlo e nel frattempo non si è fatto nulla. Ora però, poiché le agevolazioni più «ricche» sono quelle che vengono garantite alle platee ampie, il taglio finisce inevitabilmente per toccare il sistema di detrazioni in vigore.
Non è un caso se nelle riunioni fra gli addetti ai lavori, gli esempi più ricorrenti sono quelle garantite per «il cane di Brunetta» (la detraibilità delle spese veterinarie) o per l’iscrizione dei figli in palestra. E del resto una volta azzerate la franchigia e il tetto omnicomprensivo per la detraibilità delle spese, è giusto non tornare completamente al sistema precedente che garantiva di spuntare dalla dichiarazione dei redditi ogni tipo di spesa.
Il relatore del Pd, Pierpaolo Baretta è dubbioso sulla possibilità di trovare in questo modo le risorse necessarie a garantire un taglio delle tasse significativo già nel 2013. E allora propone un compromesso: «stabiliamo fin d’ora quel che vogliamo fare nel 2014, diciamo fin d’ora a imprese e lavoro autonomo che da allora avranno una riduzione del cuneo fiscale, e concentriamo le risorse a disposizione l’anno prossimo verso le persone che hanno più bisogno».
Baretta ripeterà la sua proposta giovedì in un nuovo vertice con gli altri due relatori di Pdl, Udc e il ministro Grilli. Per trovare l’accordo in Commissione Bilancio c’è tempo fino a domenica. Se l’accordo non ci sarà, il governo sarà costretto a prendere l’iniziativa in aula con un maxiemendamento e il voto di fiducia. Il Pdl, irritato per l’inammissibilità di alcuni emendamenti pro-sicurezza potrebbe complicare le cose. Comunque vada lo spazio per un mini-taglio delle tasse è confermato dalla tenuta delle entrate fiscali: nell’insieme il 3,8% in più di un anno fa, pari a 10,8 miliardi di euro.
Copyright © La Stampa. All rights reserved