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IL MATTONE RISCHIA IL BIS DELL’HIGH TECH

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Uno spettro si aggira a Wall Street, e fa tremare banchieri ed operatori: il timore che dopo la crisi dell’high-tech, ora arrivi il turno del mattone. Dal 2000 in poi, parallelamente al declino della New economy, l’America ha infatti conosciuto un’altra «bolla», quella immobiliare, che ha rapidamente contagiato i quattro continenti.

In mancanza di opportunità d’investimento più sicure, e con i tassi d’interesse scesi ai minimi degli ultimi 40 anni, i risparmiatori si sono gettati sulle compravendite di case per mettere al sicuro i loro soldi. Da qui la property price bubble, la «bolla» che ha fatto galoppare i prezzi immobiliari a ritmi del 5% annuo.

Davanti ad un mercato ormai saturo – quasi il 70% delle famiglie americane, ad esempio, è proprietario di una casa – le Cassandre si dividono: i pessimisti prevedono un crollo dei prezzi oscillante tra il 15% (negli Usa) e il 30% (in Europa). Mentre gli ottimisti ricordano che solo una volta, nella storia americana, il costo delle proprietà immobiliari è diminuito (nel ’90, del -0,9%): dopodiché è rimbalzato, guadagnando l’8% in un solo anno.

Comunque vada il mercato, però, un dato è certo: almeno nel nostro paese, l’esplosione del comparto ha fatto le fortune di una nuova generazione di palazzinari, che nell’ultimo anno è salita alla ribalta dei salotti che contano, affiancando immobiliaristi di lungo corso (e rispettiva prole) come Francesco Caltagirone (e i figli Azzurra e Francesco jr.), Salvatore Ligresti (e Jonella), Silvio Berlusconi (e Marina e Piersilvio).

Personaggi estremamente «liquidi», che proprio in ragione delle loro consistenti disponibilità finanziarie, sono riusciti ad entrare nei consigli di amministrazione di grandi aziende e banche, giornali e squadre di calcio. L’exploit più noto è quello di Stefano Ricucci, romano de’ li Castelli, compagno di Anna Falchi, e frequentatore del jet-set capitolino, che partendo da uno studio odontiatrico di provincia, ha letteralmente sbancato grazie alle compravendite di immobili, fino a diventare uno dei soci di riferimento del gruppo Capitalia-Banca di Roma, con una quota del 3,7%, che vale oltre 114 milioni di euro, ai prezzi correnti di Borsa.

Il grande salto, per Ricucci, era arrivato tre anni fa, con l’entrata nella Hopa di Emilio Gnutti, un altro ex palazzinaro che si è fatto strada nel decennio scorso fino ad entrare nel tempio della finanza italiana con l’assalto alla corazzata Telecom Italia. Dopo essersi fatto le ossa insieme al raider bresciano con una serie di investimenti riusciti, Ricucci ha avuto il suo debutto nel mondo bancario con l’acquisizione di un consistente pacchetto azionario (4,9%) nella Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani. E oggi il suo gruppo, che vale 550 milioni di euro, ha in pancia anche una quota di maggioranza nel Lazio Calcio.

Un altro emergente che ha spiccato il volo con la «bolla» è il piemontese Luigi Zunino, patron della Risanamento, una società immobiliare che vale in Borsa quasi 350 milioni di euro e che con il «progetto Montecity», sponsorizzato dall’amministrazione di centrodestra milanese (1,2 milioni di terreni edificabili alle porte della città), è destinato a prendere il posto che fu del giovane Berlusconi, ai tempi di «Milano 2», e già può fregiarsi del titolo di cavaliere del lavoro.

Senza dimenticare infine, Marco Tronchetti Provera, che dagli pneumatici ai telefoni o alla tivù, è arrivato alla fine pure lui alla conclusione che il mattone rende: con lo scorporo degli immobili nella Pirelli Real Estate, gruppo che oggi vale quasi quanto metà Fiat.

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