Società

IL FUTURO NERO
DELL’ ORO NERO

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(WSI) – Il petrolio ha varcato la quotazione di 60 dollari il barile, il doppio di quello che, sino allo scorso anno, appariva come il prezzo sostenibile. La strozzatura fra offerta e domanda è oramai palese, sia con riguardo alla produzione dei paesi esportatori che alla capacità di raffinazione dei paesi consumatori. Sono venute meno alcune condizioni geopolitiche, che lo scorso anno parevano potessero consentire l’aumento dell’offerta.

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La Russia di Putin, dopo le recenti vicende giudiziarie, non appare più molto appetibile per l’investimento delle compagnie multinazionali nello sfruttamento delle copiose risorse siberiane. L’export dell’Iraq rimane limitato perché l’investimento non è ancora ripartito. Venezuela, Nigeria, Iran non danno la tranquillità necessaria per grandi progetti. E, in più, si è scoperto che le riserve indicate nei rendiconti di grandi compagnie come la Shell erano sopravvalutate.

L’espansione della capacità di raffinazione, nei paesi consumatori, è ostacolata dalle opposizioni ambientaliste delle comunità locali e dalle norme che le tutelano, varate in epoche di petrolio abbondante. E sul lato della domanda pesa l’espansione della richiesta cinese, che si somma al boom dell’economia americana. In passato il raddoppio del prezzo del barile rispetto al prezzo di equilibrio avrebbe generato una riduzione rilevante della domanda, tramite il rallentamento della crescita economica dei maggiori consumatori. Ma ciò non accade.

La sola area in cui il caro petrolio sembra incidere sulla crescita è l’Europa, che, per altro, già per conto proprio, aveva una dinamica economica modesta. Vi è così una domanda in eccesso di due milioni di barile al giorno, che per ora il rialzo del prezzo a 60 dollari non sembra in grado di ridimensionare.

A 60 dollari il barile risultano convenienti molte risorse energetiche alternative, a cominciare dal carbone (che lo era già a 35 dollari) e dalle riserve idroelettriche in aree distanti da quelle di consumo. Soprattutto, riemerge il nucleare supersicuro. Tutto ciò richiede tempo, ma soprattutto strategie. L’Europa tace. Eppure questo sembra un tema centrale, nella revisione dei compiti dell’Unione.

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