Società

IL FRENO
DI BERLUSCONI
A TREMONTI

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Venerdì scorso, al Consiglio superiore della Banca d’Italia, Antonio Fazio si è detto sereno. I segnali che aveva – chi lo ascoltava li ha presi come “autorevoli garanzie”, ma questo Fazio non l’ha detto – erano che nessun potere della Banca d’Italia, rispetto a quelli attuali, sarebbe più stato toccato dal disegno di legge di riforma sulle autorità finanziarie.

Nelle stesse ore, in effetti, nel Consiglio dei ministri prendeva forma quella che per Giulio Tremonti è l’estrema sua disponibilità. Ieri non c’è stata nessuna nuova riunione “politica”, solo in serata il preconsiglio dei ministri, il governo è convocato per stamane subito dopo il Cipe. Nel preconsiglio capi di gabinetto e capi dell’ufficio legislativo dei diversi dicasteri avanzano proposte di emendamento o coordinamento tecnico dei provvedimenti all’ordine del giorno nel successivo Consiglio.

Le nuove modifiche, rispetto all’ultima mediazione di venerdì, non sono venute dai tecnici di An. Gianfranco Fini in persona ha accentrato su di sé, nel colloquio personale con Berlusconi sulla verifica, il chiarimento sul provvedimento. Le nuove modifiche vengono dai tecnici di Rocco Buttiglione. Venerdì Tremonti aveva accettato che restassero Isvap e Covip, le autorità su assicurazioni e fondi pensione. Ma a patto che ogni potere su tutti i prodotti finanziari, emessi da imprese, banche, assicurazioni o fondi, venisse incardinato presso l’Autorità di controllo sul risparmio, o SuperConsob. Alla Banca d’Italia restavano i poteri su stabilità patrimoniale delle banche e sulla loro “sana e prudente gestione”.

Ma la Banca centrale perdeva i controlli su qualsivoglia prodotto da esse piazzato. In materia di aggregazioni e fusioni bancarie, il compromesso prevedeva una procedura congiunta. L’Antitrust si pronuncia sulla concorrenza, la Banca d’Italia sulla stabilità: ma in caso di mancata convergenza dei due l’autorizzazione deve ritenersi concessa, cioè la Banca d’Italia perde il potere di veto; i pareri devono essere motivati, uscendo dall’attuale regime per il quale la Banca d’Italia pronuncia sì e no senza dover fornire spiegazioni; infine si sarebbe trattato di decisioni impugnabili al Tar.

E’ sull’Antitrust, che poco ha a che fare con la tutela del risparmio e molto con la regia del sistema bancario nel suo complesso, che Buttiglione ieri ha chiesto che alla Banca d’Italia resti sempre e comunque l’ultima parola. I magistrati bussano allo sportello Sulle sanzioni, la frenata è venuta da Berlusconi. Non gli piace apparire al traino del giustizialismo. Non lo convince Umberto Bossi, che sulla Padania invoca “un unico forte spadone” rispetto alla molteplicità dei reati finanziari.

Su questo tema, ieri il direttivo dell’Associazione delle banche italiane, a Milano in una nuova riunione fiume in vista dell’audizione che il presidente Maurizio Sella terrà in Parlamento dopodomani, ha registrato molte voci preoccupate. Gli avvisi di garanzia che i magistrati stanno annunciando nelle banche saranno un nuovo terremoto per la fiducia che gli italiani ripongono nel sistema. Si prospetta meno crescita, e al premier nemmeno questo piace. I banchieri hanno chiesto a Sella di battersi come un leone. Però restano divisi su come procedere ai rimborsi. Matteo Arpe di Capitalia su questo vince, ma non convince diversi suoi colleghi.

Le divisioni sono evidenti anche in materia di antitrust. I siti finanziari ieri annunciavano nuovamente voci di progetti di aggregazione tra grandi istituti, Unicredit e SanPaolo, che naturalmente smentiscono. Ma Roberto Mazzotta della Popolare di Milano l’ha detto chiaro: bisogna finirla con il sistema di una sola banca che assorbe quelle malate eternandone l’infezione, mentre ai sani si impedisce di crescere. A Berlusconi sono arrivati anche i malumori che molte imprese manifestano per le difficoltà cui andrebbero incontro se continua il giustizialismo. E’ il fronte che si riconosce nella candidatura di Luca Cordero di Montezemolo in Confindustria, e che rimprovera ai damatiani toni troppo duri in materia.

Tremonti, ieri, si diceva tranquillo, non credeva alle voci di un Berlusconi che stamane gli chieda di rinunciare ad altro ancora. Al vertice del G7 a Boca Raton, Florida, venerdì deve portare un provvedimento varato dal Consiglio dei ministri. Altrimenti, a perdere la faccia in sede internazionale sarebbe il governo, secondo quanto ieri scriveva il Financial Times. Senza contare che, se tutto resterà com’è, sarebbe un bel regalo all’Ulivo che apparirebbe più rigoroso nella tutela del risparmio. A ieri sera, Berlusconi l’ultima parola ancora non l’aveva detta.

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