Società

IL DECALOGO DI SILVIO

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Non promettiamo miracoli. La chiave della bozza di programma del PdL che Libero vi propone oggi sta nella frase al termine dell’ultimo punto del decalogo. È la consegna che Berlusconi ha dato alla squada interforze che, con Tremonti da coordinatore, per Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega ha steso le 23 cartelle. Manca ancora qualcosa, come i dettagli della questione giustizia. Ma la sostanza c’è. Quella di un Berlusconi che evitare ogni accusa di annunci impossibili.

«Il programma deve dare l’idea non della Luna a portata di mano, ma di un lavoro già iniziato da compiere, perché Prodi l’ha interrotto». Scenderò nel dettaglio di alcune misure più apprezzabili. Ma sottolineo che il nocciolo economico sta nelle tre paginette finali, che pongono i paletti di fattibilità di tutte le proposte. Bisognerà tener conto della frenata economica in atto, di Maastricht e dei programmi di rientro del deficit già concordati a Bruxelles. Ma i cinque princìpi a seguire bastano da soli a delineare il cambio d’orizzonte, rispetto alla strategia di rientro del deficit perseguita con massicci aggravi fiscali da Prodi e Visco.

Non perdere tempo con Piazza Affari. E’ a Wall Street dove si fanno i soldi! Dovresti provare ad abbonarti a INSIDER. Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca sul
link INSIDER

No, niente più tasse pazze. Anzi, ripresa della delega fiscale già approvata – e purtroppo inattuata – dal centrodestra nel 2001-06. Perché l’attivo patrimoniale pubblico resta di molto superiore al debito pubblico. Solo che il patrimonio pubblico non è messo abbastanza a reddito, né attribuito per quota agli Enti Locali cui pure sta in capo la parte crescente della spesa pubblica discrezionale, mentre il prelievo resta centralizzato. La rivoluzione del federalismo fiscale è base di una diversa politica della responsabilità sia della spesa pubblica, sia delle entrate, sia del debito. Il contrario del balletto di questi anni per cui il governo alza le tasse a Roma, taglia i trasferimenti alle Autonomie, che si rifanno alzando le addizionali e con più prelievo anch’esse.

Torneranno le privatizzazioni, dunque, soprattutto in periferia, e del debito emesso gli Enti Locali risponderanno in base al proprio patrimonio, altro che i derivati pazzi sottoscritti in questi anni da Comuni e Regioni. Dei molti punti da tradurre – gradualmente, anche qui niente miracoli – in disegni di legge, ci sono quelli già noti, come l’abolizione Ici prima casa e quella a scaglioni dell’Irap, il rilancio della legge Obiettivo e il ritorno del Ponte di Messina, la detassazione di tutte le parti variabili del salario. ma c’è anche il versamento dell’Iva solo a reale incasso avvenuto delle fatture, il rimborso Iva dovuto dallo Stato ai contribuenti in tre soli mesi e non ad anni di distanza, e la riforma “dal basso” degli studi di settore, abbattendo la prassi di fissazione unilaterale da Roma di cifre d’af fari, reddito imponibile imposta dovuta avvenuta con la finanziaria 2007. Queste sole tre cose sole sarebbero una rivoluzione fiscale basata su princìpi di civiltà e di rispetto dello Statuto del contribuente, la legge più vilipesa dai governi nel nostro ordinamento.

Il cinque per mille

Il cinque per mille viene introdotto come pietra angolare del nostro ordinamento a favore della sussidiarietà, abolendone il furto realizzato in questi due anni dallo Stato e uscendo dal tetto annuale che la sinistra di volta in volta fissava in finanziaria. E che la sussidiarietà sia un criterio basato sul capitale sociale della persona e sui suoi diritti naturali inviolabili – che vengono prima di quelli dello Stato – lo conferma la scelta netta a favore del quoziente familiare, l’abbattimento dei mutui bancari alle famiglie basato su criteri non dirigistici ma attraverso un tavolo tra banche e consumatori, il no a ogni tassazione triennale per ogni impresa fondata da giovani, con un’aliquota che passa poi al 5% per un successivo lasso di tempo…

Per la sicurezza, il ritorno alla Bossi-Fini è la scelta di fondo sul terreno dell’immigrazione, insieme al no a ogni indulto, al potenziamento delle misure di prevenzione. Per gli altri punti, procedo per flash. Al sesto, una casa per tutti, 100 mila alloggi di edilizia popolare: e attenzione che con l’aria che tira nell’immobiliare italiano, intorno al quale gira l’11% del Pil che oggi è in brusca frenata, è una misura più keynesianamente utile di quanto molti credano.

Settimo, sanità: meno tempo in lista d’attesa per i pazienti e meno politica nelle nomine. Qui siamo al buon senso. Ottavo: il Sud, torna la Banca del Sud tremontiana. Nono: la scuola e l’ambiente. Via libera alle libere università trasformate in fondazioni, fuori dall’asfissiante presa burocratica centralizzata. Sì a tutti i termovalorizzatori per risolvere la scandalosa emergenza napoletana. Col decimo punto risiamo al federalismo, cioè da dove tutto si fonda, per l’attuabilità economica del programma.

I tagli

Certo, chi cerca tagli ai costi della politica identificati a tavolino, abolizione delle Province e obiettivi quantitativi di riduzione della spesa pubblica discrezionale centralizzata, dalle 23 cartelle resta inevitabilmente ancora deluso. Ieri sera Berlusconi a Matrix su questo terreno ha preferito restare cauto. Ha parlato di riduzioni di spesa pubblica nell’ordine di 3-4 punti di Pil in una legislatura, nell’ordine dunque di 40-50 miliardi di euro, ma senza ricorrere al taglio di un solo dipendente.

In effetti, l’obiettivo è un po’ sovradimensionato, Internet da sola non basta se non si realizza una vera e propria cura di dimagrimento dello Stato. L’essenziale non è tanto dirla prima del voto, ma farla se si vince. Evitando le fesserie del 2001-06 in materia di contratti pubblici e relativi regali, rispetto di lavoratori privati. Miracoli non ne vogliamo, caro Cavaliere. Ci basterebbe che non rifacesse gli errori di allora, mica sarebbe poco.

Quanto al programma della Destra, sottolineo che punti innovativi ce ne sono più di quanto mi aspettassi. Non solo si condivide il federalismo fiscale spinto, ed è un bene perché esso può e deve convivere con un forte spirito nazionale. Ma si propongono novità come un meccanismo che frenerebbe di molto il caro-benzina, per via di accise – che sono il 7%% del costo alla pompa – che invece si adeguerebbero ai costi del barile due volte sole l’anno. Oppure il rimborso in tempi commerciali dei crediti Iva attraverso titoli del debito pubblico, cioè con patrimonio cedibile più cedole che vi maturano. O ancora il sorteggio tra tutti i settemila magistrati per la scelta dei membri togati del Csm: che taglierebbe le unghie alle correnti politicizzate. La detassazione del 30% delle lavoratrici donne a fini di parità salariale non ci convince per niente, anzi è incostituzionale. Ma non si può dire che la Santanchè non abbia spunti innovativi, nel suo programma da premier.

Copyright © Libero. Riproduzione vietata. All rights reserved

parla di questo articolo nel Forum di WSI