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I GRANDI DEL MONDO CONTRO GOLDMAN SACHS

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(WSI) – I «grandi» del mondo contro Goldman Sachs, la banca d’affari che per decenni ha dato i suoi uomini ai governi Usa e a quelli di mezzo mondo, conquistandosi il nomignolo di «Government Sachs»: un istituto che aveva costruito una posizione di potere apparentemente inattaccabile.

Dopo l’incriminazione per frode decisa venerdì scorso dalla Sec, la Consob americana, il premier britannico Gordon Brown si è detto «scioccato per la bancarotta morale delle banche d’investimento» e ha chiesto alle sue autorità di vigilanza (che pare siano già al lavoro) un’«indagine speciale» sulle attività della Goldman in Gran Bretagna, mentre anche la Germania si muove: il portavoce del cancelliere Angela Merkel ha detto che l’«authority» finanziaria tedesca chiederà notizie alla Sec e poi deciderà se procedere contro Goldman per gli affari nelle quali istituzioni finanziarie come Ikb, poi salvata dalla finanziaria pubblica di Berlino Kfw, hanno perso centinaia di milioni di euro.

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Su Goldman Sachs, soprannominata in alcuni ambienti della finanza di Manhattan “La Piovra”, leggere anche:

1) GOLDMAN SACHS: NOI LAVORIAMO PER DIO
2) GOLDMAN TEME I MEDIA: RISCHIO PER I BILANCI
3) GRECIA: INVESTITORI “INGANNATI” DA GOLDMAN
4) GOLDMAN-GRECIA: DRAGHI ESTRANEO AGLI SWAP
5) GOLDMAN: I DIPENDENTI HANNO PAURA E COMPRANO PISTOLE
6) E’ GOLDMAN SACHS CHE SPECULA CONTRO LA GRECIA?
7) GOLDMAN SACHS, ADESSO STANNO ESAGERANDO

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L’offensiva dei governi europei potrebbe estendersi anche a Parigi, per ora più cauta, forse anche perché alcune sue banche d’affari – soprattutto Calyon e Société Générale – sono sospettate di aver condotto in passato speculazioni molto avventate usando i famigerati CDO: i derivati «sintetici» del caso Goldman.

Ma il tonfo della «caduta degli dèi» di Wall Street si fa sentire soprattutto negli Usa. Barack Obama e il ministro del Tesoro, Tim Geithner, hanno evitato di commentare l’accusa di frode mossa all’istituto guidato da Lloyd Blankfein, ma da venerdì premono sull’acceleratore dell’approvazione della riforma del sistema finanziario fin qui bloccata soprattutto dalla pressione delle lobby bancarie. Già domani dovrebbe riprendere la discussione del provvedimento.

Se il governo tace, affermazioni contro la «filosofia Goldman» che hanno del clamoroso vengono da un altro grande personaggio: Bill Clinton.

L’ex presidente che anche nei periodi più neri della crisi aveva sempre difeso le sue riforme degli anni ’90 ispirati alla logica del laissez faire e le scelte fare da Robert Rubin, il capo di Goldman che era diventato suo ministro del Tesoro, ieri ha cambiato rotta, giudicando errate le analisi dello stesso Rubin e di Larry Summers, l’altro suo ministro del Tesoro che oggi è alla Casa Bianca come cosigliere di Obama: «Dicevano che non era il caso di regolamentare i derivati perché questi prodotti erano così sofisticati, costosi e complessi da gestire che sarebbero stati trattati solo da pochi investitori specializzati. Avevano torto, ho sbagliato a dargli retta».

Il tardivo pentimento di Clinton è una specie di epitaffio sull’era del potere illimitato dei grandi banchieri d’affari.

Ora il pendolo rischia di muoversi in modo esagerato in senso opposto, quello della demagogia e degli attacchi a testa bassa motivati da interessi elettorali: difficile, nel caso della sortita di Brown, non pensare alle imminenti (6 maggio) elezioni britanniche che lo vedono indietro nei sondaggi.

E anche per Obama il caso Goldman è un’occasione preziosa non solo per scardinare la resistenza delle lobby e dei repubblicani sulla sua riforma finanziaria, ma anche per dirottare su un altro bersaglio, a pochi mesi dalle elezioni di «mid term», il malumore che ha investito il governo, soprattutto l’impopolarità della riforma sanitaria.

Da oggi, insomma, Goldman fa i conti anche con un «establishment» improvvisamente ostile. Ma ci saranno anche problemi finanziari. L’iniziativa della Sec apre, infatti, la porta a una serie, potenzialmente interminabile, di richieste di risarcimento, a cominciare da quella della Royal Bank of Scotland (ormai posseduta all’84% dal governo di Londra) che, quando acquistò l’olandese ABN Amro, pagò 840 milioni di dollari per chiudere la partita dell’esposizione assicurativa sui titoli delle operazioni ora incriminate dalla Sec.

Una situazione senza precedenti con la Goldman che rischia di finire in un gorgo di richeste di indennizzo proprio mentre la Sec l’accusa di tradire la fiducia dei clienti.

E ora potrebbe toccare anche ad altre banche: «Quella che è venuta fuori — ha detto ieri James Hackney, decano della Law School della Northwestern University — è solo la punta dell’iceberg». Venerdì, dopo l’annuncio della Sec, Goldman ha perso il 13%, ma anche gli altri titoli bancari hanno sofferto.

Oggi, alla riapertura, andrà verificato il nervosismo dei mercati. Secondo fonti finanziarie e alcune inchieste giornalistiche, i derivati «sintetici» ad alto rischio come quelli maneggiati dalla Goldman sono stati usati con disinvoltura anche da istituti europei, da Ubs a Deutsche Bank, ma soprattutto dai giganti Usa: Merrill Lynch, Citi e quella JP Morgan fin qui giudicata più saggia e prudente.

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