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I GIOIELLIERI? PIU’ POVERI DEI MAESTRI

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(WSI) –
Sulla carta la pressione fiscale italiana è allineata sulla media europea. Ma «le dimensioni dell’evasione sono tali per cui la pressione sulla parte di economia non sommersa è di circa 7 punti superiore» ossia vicina al 50%, riconosce il ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Ed ecco perché: ad esempio, i gioiellieri e i titolari di bar in media dichiarano al fisco meno dei 21.500 euro all’anno di un maestro elementare all’inizio della carriera; i tassisti (guarda chi si rivede) denunciano redditi inferiori a quelli degli operai.

E’ stato spesso, finora, un devastante circolo vizioso: affamato del gettito che l’evasione gli fa mancare, il fisco aumenta le aliquote, rafforzando gli evasori nella scelta di evadere ed esasperando i contribuenti corretti. Altro esempio: i proprietari di autosaloni in media denunciano un reddito inferiore a quello dei metalmeccanici che alla catena di montaggio hanno fabbricato quelle stesse vetture (16.000 euro all’anno, la paga di una tuta blu della Fiat con 15 anni di anzianità); con un caso limite nel Trentino, dove chi vende auto afferma di ricavarne appena quanto basta a pagarsi il caffè, il giornale e il biglietto dell’autobus.

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Sono questi i dati delle più recenti dichiarazioni dei redditi classificate ed elaborate dagli uffici tributari, quelle del 2005 relative ai redditi del 2004. E dentro c’è anche di peggio. Tutti sanno che con la sola pensione sociale, poco più di 500 euro al mese, a un anziano è molto difficile tirare avanti; però, a credere alle dichiarazioni dei redditi, c’è un sacco di gente che se la passa altrettanto male: non rende più di quella cifra guidare un tassì nel Molise (6.175 euro all’anno) o fare il parrucchiere in Campania (6.332), o tenere aperti svariati tipi di esercizi in Calabria, dalle pasticcerie alle mercerie alle lavanderie.

E già, perché mai lo si fa, un lavoro pesante come il tassista, nel traffico delle nostre città, se se ne ricava così poco? I più arrabbiati, i romani e i milanesi, dichiarano poco più di mille euro al mese (12.033 è la media per l’intera Regione Lazio, dove ovviamente i contribuenti sono quasi tutti concentrati a Roma; 11.893 per la Lombardia). Pensare che di italiani che vogliono fare il muratore, lavoro che frutta cifre dello stesso ordine, non se ne trovano quasi più, e nell’edilizia lavorano ormai in grande maggioranza gli immigrati.

In Piemonte è un’impresa disperata gestire una lavanderia, da cui si ricavano appena 8.076 euro l’anno. In anni passati, si diceva che i più fortunati tra i lavoratori «messi in esubero» da una fabbrica riuscivano ad aprire un bar o una trattoria. Fortunati però non si dichiarano al fisco, gli esercenti di bar e i ristoratori, con poco più di 14.000 euro annui ciascuno perfino nella ricca Lombardia. Va meglio, al contrario, per gli idraulici, citati sempre ad esempio quando si vuol predersela contro chi non fa la ricevuta fiscale: 31.224 euro.

Passando a categorie di maggior prestigio, quasi tutte le professioni sembrano essere fonte di redditi modesti, tutt’al più al margine inferiore del ceto medio. Nel Mezzogiorno diventare avvocato, si sa, attrae; ma davanti al fisco risulta fruttare 2500-3000 euro lordi al mese. Il dentista in Campania dichiara meno dei 25.000 euro di un poliziotto, mentre nel Lazio si degna di arrivare ai 28.000 di un impiegato di banca.

A sembrare dei veri nababbi, la confronto, sono i notai, che traggono molti dei loro guadagni da atti ufficiali impossibili da nascondere: in Lombardia, tanto per scegliere una Regione, dichiarano una media di 629.406 euro all’anno. Se la passano bene i farmacisti, tra 97.000 e 165.000 euro, e così così i commercialisti (57.469 euro in Liguria, 59.693 in Toscana). I gioiellieri sono, come altre volte, quelli che suscitano più impressione. Un supplizio di Tantalo, il loro, se da tutti quei preziosi che gli passano continuamente tra le mani mettono insieme, almeno in certe parti del Paese, meno di quello che porta a casa un qualsiasi impiegato: 21.533 euro l’anno in Lombardia, che è il massimo, 19.716 in Toscana, 14.652 nel Lazio, e così via.

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