Società

“Ho riprodotto fucile 3D in casa”

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NEW YORK (WSI) – La scorsa settimana Philadelphia è diventata la prima città negli Stati Uniti a vietare la produzione di armi in 3D con stampanti speciali.

Le aziende di stampanti 3D e alcuni politici americani l’hanno considerata come una scelta prematura in quanto la tecnologia in quel campo non è ancora molto sviluppata. Altri invece pensano che la scelta sia giusta, in quanto si tratta del modo migliore per impedire che gruppi criminali ne approfittino. Altri infine si chiedono quale sia la vera minaccia rappresentata da armi di questo tipo e come si può veramente limitarne la produzione.

Il venture capitalist Gilman Louie, un normalissimo cittadino americano presidente della Federation of American Scientists, racconta su Business Insider di essere riuscito a riprodurre un fucile in 3D a casa sua, senza grossi problemi e senza che nessuno gli abbia impedito o detto qualcosa.

Ed è proprio questo il punto: siamo pronti a una tale rivoluzione? Forse alcune leggi andrebbero applicate, prima che sia troppo tardi e infatti Philadelphia si è già messa in moto.

L’attuale generazione di macchine e armi in 3D non sono ancora propriamente affidabili e hanno poco sostegno da parte di computer e software. Sono ancora considerate più come un hobby che altro, come quando uscirono i primi personal computer.

Per fare una comparazione basti pensare che quando uscì nel 1977 l’Apple II era da molti esperti considerato come un giocattolo e alla fine di quell’anno erano stati venduti 50 mila esemplari. Nel 2013 sono state vendute 50 mila stampanti 3D. Ora, se i personal computer sono da considerarsi come un pezzo di storia per l’evoluzione umana, potremmo essere oggi nuovamente agli albori di qualcosa di simile.