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HIGH TECH: CDB WEB TECH, UN BUY A MEDIO TERMINE

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Carlo De Benedetti Web Tech è una società specializzata in investimenti in aziende quotate o meno high-tech, Internet e/m(obile)commerce B2B, B2C, wireless, unified messaging, infrastrutture, apparati, tecnologie di networking in fibra ottica e di Customer Relationship Management (CRM).

Può essere considerato un tecnologico old economy, primo perché punta sulla tecnologia quale punto di partenza o di arrivo, causa o conseguenza dei modelli di business (che prima invece si consumavano in se stessi, avulsi da una domanda reale e immediata, esprimendo il business per il business o per il business model artificioso e indiretto).

Secondo perché la società è stata voluta da protagonisti dell’economia conservatrice e della finanza famigliare italiana come il gruppo di De Benedetti a cui si aggiunge in misura minore lo sponsor Banca Intermobiliare (BIM) con cui è stata costituita CDB Web Tech Sgr, la Società di gestione del risparmio strategica per la raccolta.

Il management della società è costituito da veterani dell’Information e Communication Technology (Ict); sopra tutti, Carlo De Benedetti – il più “polivalente” con le sue corazzate Cofide (finanza), Cir (industria), Sogefi (automotive), parte dell’Espresso/Kataweb (editoria)- e Carlo Biroli, da General Electric dove era responsabile degli investimenti in società It (Information Technology) e attaverso il Boston Consulting Group. Gli altri cinque manager provengono perlopiù dalle direzioni delle pianificazioni industriali e business development di Omnitel, Olivetti, Infostrada. Il punto di forza, peraltro ampiamente evidenziato dalla società, sarebbe quindi la vasta esperienza e conoscenza dei mercati Ict/Tmt (technology-media-telecommunications) e soprattutto degli operatori finanziari legati a questi ultimi.

Da una parte le entrature e la profonda conoscenza dei venture capitalist specializzati nell’Ict di cui la società dispone le consentirebbero di cogliere le migliori opportunità a livello mondiale. Dall’altra questa esasperata professionalità rappresenta anche il limite di un team eccessivamente omogeneo in termini referenziali, di preparazione e quindi di visione strategica globale.

I numeri di Cdb Web Tech descrivono una situazione tutto fuorché preoccupante. Approdato nel nuovo mercato nel Marzo dell’anno scorso, agli inizi dello scoppio della bolla speculativa del settore Internet, il titolo è progressivamente sceso da €15 a €3,5 capitalizzando poco più di 700 miliardi di lire.

Oltre alla congiuntura negativa generale e settoriale, il titolo avrebbe accusato svalutazioni di titoli e azioni relativi all’attivo circolante, di partecipazioni in sei fondi di venture capital e in particolare del fondo crossover > con la conseguente dismissione della parte “technology”. L’operazione avrebbe comportato una perdita di circa €9 milioni imputati nell’anno 2000 (che si è chiuso con una perdita di circa €14 milioni) e di €7 milioni registrati nel primo trimestre 2001 (chiuso con margine operativo negativo per circa €12 milioni).

Il patrimonio complessivo netto al 31 Marzo di quest’anno ammontava a circa 750 miliardi di lire di cui circa 500 immobilizzati in 24 partecipazioni dirette (100 miliardi di lire), 54 fondi di venture capital hi-tech (220 miliardi di lire), alcuni fondi Hedge e Crossover (170 miliardi di lire) e 250 miliardi di lire di attivo circolante.

Data la giovane età della società il rapporto tra il prezzo dell’azione l’utile della società è chiaramente negativo. Più indicativo (per quanto reso noto solo due volte all’anno) risulta essere il Nav (Net Asset Value, il valore totale della società) di quasi €4 ad azione contro una quotazione di €3,9. Il titolo quindi ha ancora margine di crescita sui fondamentali.

L’impegno di Cdb nei confronti dei fondi partecipati per un valore triplo di quanto anticipato (Lit. 220 miliardi a fronte di impegni per circa Lit. 900 miliardi) sono diluiti in quattro anni: il 15% nel 2001, il 25% nel 2002, il 30% nel 2003/2004. Questa prudente distribuzione dovrebbe consentire all’azienda di resistere fino al ritorno – questa volta più consapevole – dell’high-tech (con particolare riferimento al wireless e mobile commerce) sull’onda della tecnologia GPRS (Global packet radio service), VPN in fibra (virtual private networks), Unified messaging (convergenza) e Rich media (multicasting).

Le prospettive della società nel medio termine sono legate alla ripresa del settore high tech.

La diffusione di contenuti audio-video e la lenta ma inesorabile liberalizzazione dell’ultimo miglio dovrebbero sostenere definitivamente la ripresa strutturale di una new/net economy non fine a se stessa. Per quell’epoca (il 2004) potrebbero ripristinarsi condizioni favorevoli per le Ipo (Initial public offering) di aziende che avranno avuto il tempo di consolidarsi dal punto di vista commerciale ed economico.

Le maggiori soddisfazioni potrebbero venire proprio dal famigerato B2C (Business to consumer), che, malgrado l’esordio comprensibilmente infelice, rimane l’obiettivo più appropriato – per quanto non immediato – per il commercio elettronico di beni e servizi funzionali e di medio-basso valore appoggiati al territorio (all’insegna di localizzazione e m-commerce).

Il segmento B2c continua infatti a significare commerce e new business in quanto economicamente più aperto e influenzabile (anche solo, banalmente, dalla modalità di acquisto in sè) di quello B2b (Business to business) in cui il modo transazionale resta secondario rispetto al valore referenziale della controparte economica. Non a caso per il B2b si parla di e-business, ora persino “private”, (invece che di e-commerce) riferito alla razionalizzazione di attività consolidate di acquisto, produzione e vendita in spesso di beni/servizi di medio-alto valore).

Più del 70% del capitale investito di Cdb è rivolto al mercato Nordamericano, quello più sensibile alla futura ripresa. Il resto è distribuito tra Asia, Israele ed Europa, presumibilmente l’ultima a reagire, dopo che avrà digerito l’Euro (che, secondo una ricerca di Rimarko, comporterà la contrazione dei consumi), la sua congenita resistenza a nuovi modi e attori economici (motivo per cui Wim Duisenberg non molla sui tassi).

E’ positivo e strategica la prontezza della società nello svalutare i titoli in perdita. Un atteggiamento che è indice di una cultura/visione finanziaria fortemente “economica” e di grande esperienza, visto che il taglio dei rami secchi amplificherà (nel medio-lungo termine) il ritorno del titolo alle posizioni che gli spettano: quelle comprese tra €7,3 e €8,7.

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*Ettore Iannelli è un analista di marketing strategico del settore telecomunicazioni.