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HEDGE FUNDS = RISCHI
+ SCARSI GUADAGNI

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(WSI) –
Quarantasette hedge fund alla prova del tempo. E dell’efficienza. Il bilancio finale dal marzo 2003 ad oggi? Buono, senza fuochi d’artificio. Il rendimento medio dei portafogli esaminati arriva al 26,42%, meno della metà di quello che le Borse in preda al Toro hanno realizzato nello stesso periodo, ma quattro volte superiore a quello ottenuto dalle gestioni obbligazionarie. C’è chi obietterà: ma gli hedge fund non si devono paragonare con le azioni perché promettono stabilità e controllo del rischio in qualsiasi situazione di mercato. Tutto vero. Ma il parametro che misura l’efficienza (l’indice di Sharpe) dice che non sempre il rapporto tra rischio e rendimento è stato così equilibrato.

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In media i 47 campioni hanno infatti raggiunto un indice di Sharpe pari a 0,91, contro l’1,14 totalizzato dalle Borse mondiali. Più alto è l’indice più alta è l’efficienza: i numeri dicono quindi che le azioni in proporzione sono state un po’ più efficienti. CorrierEconomia ha fatto i conti in tasca agli alternativi d’Italia con almeno quattro anni di vita. Una classifica che mette insieme, è vero, diversi profili di rischio e che quindi va letta con i necessari distinguo. Ma che può dare un’idea sulle soddisfazioni date finora agli investitori dalle feluche che promettono una navigazione «protetta» dalle intemperie dei mercati.

Il più redditizio è stato Hedge Invest sector specialist, della scuderia Hedge Invest, che si è guadagnato sul campo anche una buona fama di efficienza. In 48 mesi (aprile 2003-marzo 2007) ha infatti reso il 43,36% — il 7,25% se si considerano solo i 12 mesi tra aprile 2006 e marzo 2007 — contro il 70% esibito dai fondi azionari e il 65,80% totalizzato dalle Borse mondiali. Ma il suo indice di Sharpe, cioè il parametro che serve a mettere in relazione il rendimento e il rischio corso per ottenerlo, è pari a 1,53. Che cosa vuol dire? E’ uno dei più elevati del drappello. E’ ben più alto di quello dell’indice Msci World (1,14) ed è molto più alto di quello dell’indice obbligazionario globale. Negli ultimi anni il paniere dei bond internazionali ha dato ben poche soddisfazioni e quindi il suo indice di Sharpe è addirittura negativo, a testimonianza che un investimento in questo asset di questi tempi sarebbe stato sommamente inefficiente.

L’ultimo della classifica, Akros Market neutral, ha offerto nei quattro anni il 12,61%, con un indice di Sharpe pari a poco più di zero. In mezzo una scala di risultati molto variabili, che contemplano performance superiori al 30% (sempre nei 48 mesi) solo nelle prime 13 posizioni. Ed è sempre nella parte alta della classifica che si concentrano anche i migliori risultati in termini di efficienza: l’indice di Sharpe è sempre superiore a 1 e tocca addirittura l’1,77 nel caso di Bipitalia Low volatility fund , l’hedge a basso rischio che ha offerto il 31,24% in quattro anni e il 7,47% negli ultimi 12 mesi.

In sostanza, andando a fare un paragone con i fondi comuni, i portafogli alternativi hanno fatto in media quattro volte meglio degli obbligazionari fermi al 7,18%, hanno in pratica uguagliato i bilanciati (26,9%) mentre solo i migliori tredici hanno acchiappato i flessibili (+31%) e nessuno, come già detto, ha preso il Toro delle Borse per le corna (+70% la media degli azionari).

E ora? Gli hedge italiani sono fondi di fondi, cioè portafogli ripieni di single hedge, cioè di fondi votati a varie strategie che vengono selezionati in giro per il mondo e assemblati (in ogni portafoglio ce ne sono da 15 a un massimo di 30) a seconda della vocazione dichiarata. In teoria questo genere di prodotto dovrebbe dare il meglio di sé proprio quando cambia la stagione e non è più così buono il tempo sui mercati, in particolare quelli azionari.

Se è vero che questo cambio, dopo quattro anni di rialzo, è ben più vicino di qualche tempo fa non resta che aspettarli al varco. Riusciranno a stupirci con effetti speciali?

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