Società

GUIDO ROSSI,
IL PRESIDE
DEI CAPITALISTI

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(WSI) – L’uomo che guardava passare i capitalisti – per parafrasare il suo adorato Simenon – ha molte case, ma un solo indirizzo professionale: via Sant’Andrea 2, pieno cuore di Milano. E’ là che da decenni, sotto lo sguardo vigile della signora Silvana, bussano i grandi nomi dell’industria e della finanza quando – e ultimamente accade più spesso del solito – hanno bisogno di Guido Rossi, maestro del diritto societario, una lunga carriera in Bocconi, presidente della Consob, senatore indipendente per la Sinistra Indipendente, presidente di garanzia di Stet come di Montedison e un bel po’ di cose ancora.

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Ma oggi, oltre a quanto appena elencato, il professor Rossi sembra aver assunto anche un altro ruolo: quello di una sorta di preside nell’indisciplinatissima scuola del capitalismo italiano. Un preside davanti alla cui porta finiscono per mettersi in fila quasi tutti i nomi che contano – non solo quelli nostrani – per difendere le proprie ragioni e rivendicare i torti subiti, e che talvolta vede entrare nel proprio studio anche un discolo ravveduto.

E’ successo così – narra la versione a metà tra cronaca e leggenda – con un «pentito» della Banca popolare italiana che gli arrivò lo scorso anno raccontando le manovre oscure fatte a Lodi per rastrellare azioni Antonveneta. Quello parlò, il professore ascoltò e agì di conseguenza. Il resto – dall’arresto di Gianpiero Fiorani alla vittoria degli olandesi di Abn Amro che proprio a Rossi si erano rivolti per avere soddisfazione nella battaglia con Lodi sull’Antonveneta, fino alla caduta del Governatore Fazio – è già storia.

Così adesso, ad un esame sommario dell’agenda del professore compaiono, oltre alla pratica Antonveneta prontamente esperita, le seguenti voci: le trattative per sistemare la quota Rcs che Stefano Ricucci ha dato in pegno alla Popolare di Lodi, svolta in rappresentanza dello stesso patto di sindacato Rcs, ovvero quindici azionisti che vanno da Mediobanca alla Fiat, da Banca Intesa a Ligresti e che a voler essere sbrigativi ma non inesatti si potrebbero definire il Gotha della finanza nostrana; il fascicolo Bnl che di recente gli hanno messo sul tavolo gli spagnoli del Bbva dopo aver visto l’efficacia di Rossi con i colleghi olandesi; da ultimo – la notizia è di martedì – l’esame che gli ha chiesto Marco Tronchetti Provera di eventuali movimenti di Borsa fatti da Chicco Gnutti e soci prima della vendita della quota Olivetti al gruppo Pirelli e delle loro implicazioni giudiziarie.

Un preside che ama ed è riamato dai «poteri forti», verrebbe da dire, se non fosse che questa definizione provoca inevitabilmente nel professore una sonora risata. Sulla forza di quei poteri che a lui si rivolgono, infatti, ha opinioni ben precise che del resto non nasconde anche nella sua attività di saggista, sempre pronto a vivisezionare in modo impietoso certe patologie che sembrano diventate fisiologia del nostro sistema finanziario.

Ma disegnare un Rossi chiuso nel suo studio tra codici e statuti non farebbe proprio giustizia a quello che è un intellettuale a tutto tondo, grande intenditore di pittura e musica, e che proietta una personalità multiforme anche in una molteplicità di interessi e di residenze. Casa in piazza Castello a Milano, appena sopra la dimora di Umberto Eco, in quello che rischia di essere il condominio con il più alto QI d’Italia, residenze sparse appunto dal piacentino (con piscina olimpionica, il nuoto è una sua grande passione), alla grande villa tonda disegnata da Cini Boeri alla Maddalena, fino alla casa di Venezia.

A Milano gli si conoscono poche ma forti amicizie: l’architetto Gae Aulenti, l’editrice Rosellina Archinto e il giornalista del Manifesto Bruno Perini che un paio d’anni fa quando suo zio Adriano Celentano ebbe bisogno di consulenza legale non esitò a far varcare anche a lui la soglia di via Sant’Andrea. E poi lavoro e cultura in quantità e qualità inimmaginabili per la maggior parte dei comuni mortali: biblioteca d’arte sterminata, passione soddisfatta per Canaletto e Tintoretto, ma anche per Carrà di cui possiede una tela celebre come «I funerali dell’anarchico Galli». Per la letteratura si va dai classici a Simenon per l’appunto, a Proust, scoperto e molto amato in età matura.

Come ha scritto Ugo Bertone sul Foglio, il professore «ha saputo servire i potenti senza mai diventarne servo, ha avuto al forza di dire dei no difficili senza fare la figura del Don Chisciotte. Ma più di tutto ha saputo quasi sempre uscir di scena al momento giusto». Così spesso lui se ne va – successe in Consob dopo appena tre mesi, o in Telecom perché no ne condivideva la governance – e poi sono gli altri a cercarlo. È successo di recente a Massimo D’Alema, con il quale il professore aveva rotto nel ’99, all’epoca della prima Opa su Telecom, con la celebre e corrosiva battuta su palazzo Chigi».

Dissidio superato tre settimane fa con cena riparatrice nella casa milanese tra il presidente dei Ds, Rossi e sua moglie. E anche dietro l’ultimo incarico di Tronchetti, relativo proprio a Telecom, c’è una frattura sanata: quella che oppose il professore al presidente della Pirelli nel 2000, all’epoca della stratosferica stock option per la cessione delle fibre ottiche alla statunitense Corning. Tutto alle spalle, quando c’è da fare ordine si torna dal preside.

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