Società

Grecia, “necessaria svalutazione debito €100 miliardi”

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ROMA (WSI) – La Grecia ha bisogno di una svalutazione del debito di quasi 100 miliardi di euro, se vuole avere almeno una possibilità di uscire dallo scenario di una “depressione seria e prolungata”. E’ quanto risulta dall’analisi di uno tra i principali think tank a livello globale, il National Institute of Economic and Social Research (NIESR).

Dal report risulta che l’economia ellenica tornerà in recessione quest’anno e anche nel 2016. Entro la fine del 2016, il valore dell’economia dovrebbe attestarsi a un valore inferiore -30% rispetto al massimo del 2007, e -7% rispetto al periodo precedente l’adesione all’Eurozona, nel 2001.

“Non crediamo che la Grecia riuscirà a tornare al livello a cui si trovava prima di aderire all’euro nel 2001, tanto meno vicino al livello dov’era prima della esplosione della crisi. Dunque, siamo in presenza di una depressione grave e prolungata per la Grecia”, ha commentato Jack Meaning, ricercatore presso l’associazione.

Gli economisti del NIESR ritengono che i creditori (troika) dovrebbero acconsentire a svalutare o ristrutturare 95 miliardi di euro del debito monstre di 320 miliardi, dunque il 55% circa del Pil, al fine di riportare il rapporto greco del debito/Pil attorno al 130%, contro la stima del 186,9% di quest’anno.

In questo modo forse si potrebbe arrivare entro il 2020 al target dell’Fmi pari al 120% del Pil, il massimo livello sostenibile che viene consentito.

Secondo il think tank, il Pil della Grecia si contrarrà -3% nel 2015 e -2,3% nel 2016, rimanendo in recessione fino al secondo semestre del 2016. In base a tali stime, l’economia greca non dovrebbe tornare alla dimensione pre-adesione all’euro fino al primo semestre del 2023.

L’austerity, prosegue l’analisi, contribuirà ad affossare il Pil e i consumi. In particolare, la decisione di tornare ad aumentare l’IVA per alcuni beni essenziali peserà sull’output per lo 0,25% quest’anno e per l’1% nel 2016 e nel 2017.

In sostanza il NIESR raccomanda una svalutazione del debito decisamente maggiore rispetto al 30% suggerito dall’Fmi nella sua ultima analisi. (Lna)

Fonte: Telegraph

(in fase di scrittura)