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GRANDI OPERE: IL PIANO PROCEDE A RILENTO

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ROMA, 22 mar – Risorse insufficienti, ritardi nelle progettazioni, nell’apertura dei cantieri e nello stato di avanzamento delle infrastrutture. E’ questo il quadro sulle Grandi Opere che emerge dal monitoraggio effettuato dalla Corte dei Conti.

La magistratura contabile ha infatti completato l’indagine sullo stato del programma di infrastrutturazione del Paese promosso dalla legge obiettivo: dai rilievi degli uffici di Viale Mazzini emerge “uno stato di ritardo delle progettazioni generali e del perfezionamento dei nuovi istituti promossi dalla legge per la realizzazione delle grandi infrastrutture” come il project financing o il general contractor.

In questo ritardo un ruolo lo ha anche il sistema bancario ed assicurativo, poco convinto ad assumersi “i rischi connessi alla remuneratività delle Grandi Opere”. Non solo: la latitanza del sistema finanziario ha, fino ad ora, lasciato il campo ai sistemi tradizionali di finanziamento che, pur essendosi dimostrati “più efficaci degli strumenti innovativi”, non sono riusciti ad attivare quella massa di risorse necessaria per la realizzazione del programma.

Di più: trattandosi di finanziamenti effettuati con ricorso a mutui a carico dell’amministrazione statale, gli investimenti producono indebitamento che deve poi rientrare nei parametri comunitari. In proposito la Corte ha anche criticato l’allocazione delle rate di ammortamento dei mutui, che “non sono state inserite nelle poste di bilancio relative agli interessi e al rimborso capitale ma in quella di trasferimenti ad altre amministrazioni”.

Per la magistratura contabile questa operazione rischia di “inficiare il corretto calcolo dei parametri di indebitamento netto, affidati all’Istat”. Un ulteriore rilievo la Corte lo rivolge alla Stuttura tecnica di missione” attivata dal ministro Lunardi per il sostegno dell’amministrazione nell’attuazione del programma della legge obiettivo. Tale struttura, dice la Corte, ha compiti “estremamente impegnativi” e forse, anche per questo, la sua azione ha fatto registrare parecchie “gravi lacune”.

Il monitoraggio sullo stato delle progettazioni e dei relativi finanziamenti, ad esempio, appare “carente” così come la sottovalutazione dei rischi di aumento di spesa che si verificano tra progettazione e realizzazione delle opere. In proposito la Corte non manca però di rilevare come ” la decisione, pur comprensibile, di inserire nel programma una serie di obiettivi prestigiosi ma sproporzionati rispetto alla penuria dei finanziamenti disponibili, ha condizionato l’attendibilità delle istruttorie alla base del programma”.

Fatte queste premesse, la Corte si sofferma su alcuni dati che, tra gli altri, mostrano come una rilevante parte (il 43,58%) delle opere, stimate in 85,5 miliardi di euro, debba ancora trovare una specifica modalità di realizzazione. Dai dati emerge poi che per le opere nuove è previsto un fabbisogno di 75 mld di euro contro i 121 mld delle opere da completare mentre il confronto tra risorse disponibili e fabbisogno (con 20 mld di finanziamenti validati dal Cipe su una stima di fabbisogno di 196,2 mld) mostra un rapporto del 10,28%.

Anche prendendo a riferimento l’originaria stima del valore delle grandi opere di 125,8 miliardi, “il rapporto tra disponibilità e fabbisogno non supera la percentuale del 16%”. Il che, se riferito alla opere da completare e quelle di nuova progettazione porta ad ipotizzare una necessità di maggiori finanziamenti, rispettivamente, di 85,3 e 60,5 miliardi di euro. Quanto poi allo stato di avanzamento delle opere, l’analisi della Corte fa emergere che i cantieri avviati sono “una parte assai limitata degli interventi inclusi nel programma”.

I lavori cantierati ammontano infatti a 3,4 miliardi di euro, il 18% dei finanziamenti acclarati come disponibili a seguito di delibere Cipe. Tali lavori rappresentano poi una percentuale dell’8,68% degli interventi stimati nelle delibere Cipe. E’ da considerare, tuttavia, che i valori dei lavori sono al netto dell’Iva “per cui il raffronto sconta una discrepanza del 25-30%”.

“La Corte dei Conti conferma, impietosamente, il fallimento del governo per le grandi opere” hanno commentato Fabrizio Vigni, capogruppo Ds in commissione Ambiente alla Camera e Tino Jannuzzi, responsabile infrastrutture della Margherita.