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GOVERNO: MA QUANTE DIVISIONI HA QUESTO FINI?

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Questo articolo e’ tratto dal nuovo blog thefrontpage, che ringraziamo. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – In questi giorni di sommo caos politico, non è difficile immaginare il papi premier usare lo stesso sarcasmo che Stalin riservò alle critiche del papa. Del resto, uno dei punti interrogativi più grossi che pesano sul presidente della Camera è rappresentato dal numero effettivo dei finiani in Parlamento. Quanti sono? Le cifre che circolano sono le più disparate. In pratica, da 75 in giù ogni numero è buono.

Ma un fedelissimo di Fini confida: “Diciamo la verità, in questo momento i sicuri sicuri non sono più di venti, anzi di meno”. Per un motivo semplice: nell’inner circle dell’ex capo di An c’è molta dialettica sulla strada da seguire. Di conseguenza, ci si può accontentare della tregua arrivata dopo l’ultimatum del presidente del Senato, Renato Schifani, sul voto anticipato? Per alcuni potrebbe bastare, senza rompere fino in fondo. Per altri, l’orizzonte del Pdl è tramontato: ma qui si sconfina nella fantapolitica.

Fermiamoci alle divisioni di Fini. La fonte vicina al presidente del Camera suddivide i finiani certi in tre fasce. L’avanguardia è costituita da otto deputati. Ad aprire la lista è il napoletano Italo Bocchino, un tempo numero tre della corrente di centro ex tatarelliana di An, “Destra protagonista” di Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri. Nell’ultimo anno, Bocchino ha preso il posto strategico che fu di Andrea Ronchi, l’ex portavoce finiano oggi ministro un po’ troppo silenzioso. Segue il viceministro Adolfo Urso, factotum della fondazione FareFuturo. Ancora: la direttrice del “Secolo d’Italia” Flavia Perina, il siciliano Fabio Granata, il radicale Benedetto Della Vedova, l’anziano Donato Lamorte, l’avvocato Giulia Bongiorno e l’umbro Pietro Laffranco.

La seconda fascia, dove alcuni collocano anche Ronchi, è la piccola falange sicula che ha dato vita insieme con l’ex forzista Gianfranco Micciché alla frangia dissidente del Pdl-Sicilia: sono Antonino Lo Presti, Giuseppe Scalia e Carmelo Briguglio. Nella terza infine vengono inclusi neofiniani come Marcello de Angelis (un tempo considerato braccio destro di Gianni Alemanno) oppure cani sciolti come Silvano Moffa, Enzo Raisi e il sottosegretario Roberto Menia.

Fin qui sedici deputati, in qualche caso anche componenti del governo. Al Senato il numero dei sicuri non supera i quattro: Filippo Berselli, Mario Baldassarri, Maurizio Saia e, volendo, anche Andrea Augello. In tutto venti, tra Montecitorio e Palazzo Madama. Una truppa più adatta alla guerriglia che alla guerra, a vederne la consistenza.