(WSI) – «Ci ha dato la lista dei ministri del governo di larghe intese», scherzavano ieri pomeriggio nel Pd dopo un lungo colloquio tra il loro capogruppo Dario Franceschini e il leader Udc Pierferdinando Casini. I maligni hanno prontamente ribattezzato il colloquio a quattr’occhi «patto della panchina», alludendo ai calciatori cui tocca guardar giocare gli altri (i due erano per l’appunto seduti su una panchina del cortile di Montecitorio).
Casini, comunque, è il primo a sapere che ben difficilmente la sua proposta di governo di «responsabilità nazionale» andrà in porto: «A Berlusconi – racconta un ben informato casiniano – piacerebbe, ma non avrà il coraggio: dovrebbe aprire una crisi per dar vita ad una nuova compagine di governo e una nuova maggioranza, ma ha paura di non uscirne».
Il premier sa che il Quirinale (che anche ieri ha invocato «scelte dilungo termine che esigono condivisione») sarebbe disponibile ad avallare l’operazione, spiegano le stesse fonti centriste, ma non si fida: «Ha paura, una volta aperta la crisi, che alla fine Napolitano, Fini e Casini gli levino il pallino di mano».
Dunque il progetto «chiavi in mano» cucinato da Casini, avallato da importanti pezzi di establishment economico, editoriale (Corriere della Sera in testa) ed ecclesiastico e imbandito da Bruno Vespa nell’ormai celebre cena di Piazza di Spagna, alla significativa presenza di Geronzi, Draghi, Bertone e Letta, non pare destinato a vedere la luce.
Punto centrale di quel progetto era uno: fuori Giulio Tremonti (non a caso attorno a quel tavolo sedevano molti dei suoi principali avversari), dentro il Governatore. «La proposta di Pier a Berlusconi era questa: “Tu fai il premier, sei l’immagine forte del governo, vai ai vertici internazionali, dai la linea. Io mi prendo il ministero degli Esteri. E Draghi va all’Economia e gestisce la crisi”. Berlusconi ha detto “ci penserò”, ma Tremonti ha scatenato l’iradiddio della Lega per bloccare l’ipotesi». Che dunque, ammettono in casa Udc, «non andrà in porto».
Anche il Pd, peraltro, ha subito alzato le barricate, respingendo gli appelli di Casini: «La pregiudiziale nei confronti di Berlusconi non è superabile», ha scandito Enrico Letta, accusando Casini di «offrire un paracadute al premier». Casini, per ripicca, si è divertito a stanare gli amici Pd: «Se avessi detto “Tremonti premier” avrebbero detto sì».
Toccando un nervo scoperto, giacché da tempo un pezzo del Pd coltiva il sogno di una spaccatura nella maggioranza che porti il ministro dell’Economia a pilotare un governo senza Berlusconi ma con la Lega, cui dare una sorta di appoggio esterno. Ma in casa Udc non si sono perse tutte le speranze, e un casiniano doc spiega: «Ora Berlusconi farà la manovra di Tremonti, ma tra due mesi si renderà conto che non basta affatto e che andranno fatti interventi assai più profondi e costosi. E allora capirà che la nostra proposta può tornargli utile, se non indispensabile».
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