NEW YORK (WSI) – Come in un film distopico o come se si trattasse di un virus catastrofico. Tutto inizierà a Kingston, in Giamaica, tra una decina di anni, poi sarà il turno di Singapore nel 2028, Mexico City nel 2031, il Cairo nel 2036, Phoenix e Honolulu nel 2043 ed infine tutto il mondo, entro il 2047. Le temperature saranno bollenti e non si potrà più tornare indietro.
Ecco quali sono i risultati di un nuovo studio attendibile, riportato da CBC News sull’innalzamento delle temperature nel nostro pianeta. Le date appena citate indicano quando gli ecosistemi e le città nel mondo raggiungeranno temperature mai vista prima.
Per molte città però, specialmente quelle nei tropici, queste date sono solamente a pochi anni di distanza.
Lo studio ha provato a fare delle proiezioni mostrando i cambiamenti climatici con dei nuovi modelli presenti nei computer e aggiungendoci diversi dati. Ne è uscito fuori che ogni anno sarà sempre più caldo, senza poter più tornare indietro.
Lo scienziato a capo dello studio, Camilo Mora, e i suoi colleghi hanno detto di sperare che con questo nuovo tipo di studio si cambi il modo di vedere le cose e che i governi vengano stimolati a fare qualcosa, prima che sia troppo tardi.
Camilo Mora ha anche dichiarato: “Il mondo intero si basa sul continuo aumento delle emissioni di gas a effetto serra dalla combustione di carbone, petrolio e gas naturali. Se il mondo riuscirà a ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica e di altri gas, si potrebbe posticipare tale data di alcuni anni, al 2069. Per il momento però, ci stiamo dirigendo verso il 2047″.
Chris Campo, climatologo e scienziato, ha invece dichiarato: “Si può pensare a quest’anno – il 2047 – come ad una sorta di soglia di un mondo nuovo, caldo, da cui non poter tornare indietro”
Secondo le previsioni di Mora, tutto inizierà intorno al 2020 con Manokwari in Indonesia. Entro i prossimi due decenni poi, 59 città vivranno quello che si può definire essenzialmente come un nuovo clima. Dal 2043 invece, saranno 147 le città colpite.
Nemmeno Michael Mann, ricercatore della Pennsylvania State University, è tanto ottimista, anzi: “I risultati di questo nuovo studio sono anche fin troppo rosei. Secondo altre misurazioni infatti, a quella fatidica data ci siamo già arrivati”.