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Giappone ancora alle prese con yen forte. Rischio intervento?

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Tokyo – Giappone ancora alle prese con una valuta considerata eccessivamente forte, ormai prossima a sfondare quota ¥76 contro il dollaro Usa. Lo yen continua a rafforzarsi e si avvicina pericolosamente verso quei livelli che, appena 3 mesi fa, il 31 ottobre, avevano portato la Bank of Japan (la banca centrale del Giappone) ad intervenire nel valutario.

La volta, era stata quota ¥75,31 a far scattare la molla, e a portare il cambio immediatamente oltre i ¥79, con la vendita di circa ¥10.000 miliardi ($128 miliardi). Questo l’ultimo (grande) intervento, ma non l’unico negli ultimi mesi. Preceduto principalmente da quello di agosto e, ancora più importante, quello congiunto dei paesi G7 del 18 marzo.

Le aziende nipponiche continuano a chiedere a gran voce un tasso di cambio più favorevole contro il dollaro. L’apprezzamento del 9% contro il green back nel 2011, e del 5,5% contro l’euro, non ha infatti fatto altro che ridurre il valore degli utili rimpatriati dall’estero, e rendere meno competitivi i prodotti nipponici nei mercati internazionali.

Un duro colpo per tutti, specialmente per quelle società colpite e ancora impegnate a risanare tutti gli effetti negativi derivanti dal disastro di marzo (terremoto e tsunami). Senza poi contare il momento di difficoltà generale causato dalla crisi in Europa e dal rallentamento economico globale.

Ecco dunque che le grandi case giapponesi dell’auto e dell’elettronica continuano a ridurre le stime sugli utili, avendo sofferto, oltre che, della forza dello yen e del disastro di marzo, anche delle inondazioni in Tailandia (importante base produttiva nell’area per un gran numero di società nipponiche).

Sia il Premier, Yoshihiko Noda, sia il ministro delle Finanze, Jun Azumi, costantemente ricordano la ferma intenzione nel prendere tutte le misure necessarie per contrastare questo eccessivo apprezzamento della valuta.

INTERVENTO DI MARZO

Con il paese appena colpito dal disastro del terremoto e dello tsunami, allora furono le più grandi potenze mondiali ad andare in soccorso del Giappone e di una valuta considerata eccessivamente forte, che avrebbe causato non pochi problemi al processo di ripresa e di ricostruzione.

Nei giorni successivi al disastro, forte apprezzamento dello yen con gli investitori in attesa di un rimpatrio di massa dei fondi giapponesi dall’estero (per sostenere la ricostruzione), dunque anticipando un futuro apprezzamento.

Ma grazie a un intervento imponente, deciso e congiunto, le banche centrali dei G7 erano immediatamente riuscite ad invertire il movimento verticale. Dopo una discesa sino ai minimi di ¥76,25, erano subito riusciti a riportare il rapporto a ¥81,98. Il Giappone da solo spese qualcosa come $25 miliardi.