Società

Generali: guerre tra perdenti

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Lotte di potere intestine, ad licenziati, nomi e societa’ dei soliti noti dei “poteri forti” italiani. Un consiglio? Voi sul web evitate di leggere un singolo rigo dei retroscena che i giornali dell’establishment vi propinano, infatti la verita’ al Leone di Trieste e’ una sola: tutti gli azionisti della compagnia di assicurazioni, che per anni hanno sgomitato per far parte di questo ex club di snob, in poco meno di un lustro hanno bruciato una bella fetta del surplus finanziario da loro accumulato in decenni, perdendo con il crollo del titolo in Borsa centinaia di milioni di euro. Gia’: anche i ricchi si impoveriscono. E per questo adesso volano platealmente gli stracci. Come si vede dal grafico pubblicato in pagina, che vale piu’ di mille articoli, la perdita di valore di Generali Assicurazioni a Piazza Affari e’ scioccante, essendo di quasi -80% in poco meno di 5 anni. Dai massimi di 33,44 toccati il 26 ottobre 2007 a 8,49 dell’ultima chiusura, venerdi’ 1 giugno. Comprare sui minimi? Lo chiediamo a voi lettori e investitori che conoscete e seguite il titolo.

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di Sabina Rosset – Ansa

MILANO – Si è compiuto il ribaltone alle Generali: il group ceo Giovanni Perissinotto è stato sfiduciato, al vertice arriverà Mario Greco. E’ passata quindi la richiesta di una svolta nella gestione posta con forza dai soci privati e appoggiata da ultimo anche dal primo azionista Mediobanca. L’A.d De Agostini Lorenzo Pellicioli, grande tessitore della partita, ha respinto intanto le ricostruzioni golpiste salutando con soddisfazione la svolta decisa oggi: “E’ stato un ottimo consiglio dove non si è parlato del passato, ma si è dibattuto del futuro della società – ha detto -.

I consiglieri hanno preso una decisione difficile, ma che apre grandi prospettive per Generali in linea con le sfide dei mercati. Nessun complotto, dunque, ma un consiglio, che ancora una volta ha dimostrato la sua indipendenza, al lavoro per il bene della società. Un ringraziamento a Giovanni Perissinotto e un augurio a Mario Greco”. L’esito della partita ha trovato invece molto polemico Diego Della Valle, che sbatte la porta anche dalle Generali annunciando le dimissioni dal Cda, dopo aver già lasciato negli ultimi tempi sia il patto Rcs e sia quello di Mediobanca.

“Forse chi ha alzato questo polverone doveva tenere conto soprattutto di cosa tutto questo comporta a livello di credibilità fuori dall’Italia”, ha detto l’imprenditore della Tod’s. “Lunedì – ha chiarito – comunicherò le mie dimissioni dalle Generali. Non ero d’accordo su quello che si voleva fare, nella forma e nella sostanza”. La revoca dei poteri di Perissinotto è stata decisa grazie al voto di dieci dei 17 componenti il Cda. Era assente dal consiglio straordinario il manager interno Reinfried Pohl, e si é astenuto solo Sergio Balbinot, A.d con deleghe per l’estero a lungo pari grado di Perissinotto, fino almeno alla decisione un anno fa di concentrare tutti i poteri in un capoazienda. Cinque i contrari: oltre a Perissinotto e Della Valle, Carlo Carraro, il socio all’Est Petr Kellner, e l’indipendente Alessandro Pedersoli. A favore ha invece votato il presidente Gabriele Galateri. Si sono astenuti al momento del voto sulla nomina di Greco Perissinotto, Della Valle e Pedersoli.

Lo showdown è andato in scena, tra l’altro, in una Milano blindata per la visita del Papa, che proprio mentre si riuniva il Cda straordinario del Leone stava presiedendo a soli 300 metri di distanza, in Duomo, la preghiera dell’Ora Media. Il Cda formalmente ha deliberato oggi di proporre a Greco la nomina a direttore generale e group ceo. Il suo ingresso avverrà però solo dopo l’uscita da Zurich, ma secondo quanto filtrato da fonti finanziarie il suo arrivo è atteso “a breve”, non è però chiaro se nel cda già in agenda a fine mese. Fino ad allora le deleghe di Perissinotto saranno di Galateri.

A sorpresa Perissinotto resterà nel Cda. E nonostante la drammatica lettera di giovedì notte, sembrerebbe esserci stata una ricomposizione. Un consigliere ha anche parlato di una riunione “civile, senza nulla di particolare se non un confronto”. Gli interventi sono stati molto articolati secondo modalità che vengono definite “all’americana”, quanti hanno puntato contro Perissinotto hanno stigmatizzato soprattutto la lettera inviata dal manager alla convocazione del Cda straordinario. A Perissinotto, si è appreso poi da fonti vicine alla situazione, non è stata accordata alcuna buonuscita e gli spetterà solo quanto dovuto dal contratto in caso di risoluzione del rapporto di lavoro. Il cambio al vertice, si apprende poi, non dovrebbe incidere sul ruolo dell’A.d Balbinot, come pure su quello del direttore finanziario Raffaele Agrusti.

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Da tempo Generali ha perso il passo dei suoi concorrenti europei. Lo dicono con chiarezza le quotazioni di borsa. Il Leone di Trieste ha lasciato sul campo, solo a partire dall’inizio del 2011, l’anno della crisi dell’eurozona, ben il 40% del suo valore. La francese Axa ha perso il 29% nello stesso periodo. La tedesca Allianz è in calo del 21% e Zurich solo del 18%. Perdite quasi doppie quindi per il Leone di Trieste. Miopia del mercato? Non pare. In fondo la borsa premia o punisce i titoli in base alla redditività.

E da questo punto di vista Generali appare assai meno interessante dei suoi diretti concorrenti. Secondo le stime di Credit Suisse il rendimento del capitale netto tangibile è per la compagnia italiana del 7,9%. Axa ha un Rote del 20%; Zurich del 16,8% e Allianz è al 9,4%. Come si vede sono tutte più profittevoli di Generali. Ma non basta. Non basta riferirsi ai numeri nudi e crudi sulla profittabilità. La crisi come si vede c’è stata per tutti ma su Generali pesa qualche inciampo di troppo. Vediamoli.

Che ci facevano 3 miliardi di bond greci in pancia al colosso assicurativo italiano? Quei bond erano lì da tempo e più la crisi di Atene si incupiva più il management di Generali stava a guardare. Sono stati svalutati alla fine di ben 2,3 miliardi, il 76% del loro valore di portafoglio e hanno contribuito alla maxi-svalutazione da un miliardo che ha dimezzato l’utile netto della compagnia passato da 1,7 miliardi del 2010 agli 856 milioni del 2011.

Quei 3 miliardi di bond erano un rischio palese. Se ci si fosse liberati del loro ingombrante peso nel giugno del 2011 la perdita sarebbe stata di 1,4 miliardi e non di 2,2 miliardi. Oltre alla Grecia ha poi continuato a mietere perdite sui conti del gruppo il portafoglio partecipazioni. In particolare è la partecipazione in Telecom Italia, via Telco dove Generali è l’azionista più importante, a non dare tregua.

Ancora l’anno scorso quella quella quota del 30% in Telco ha voluto dire un impatto negativo sull’utile netto per altri 307 milioni. Se poi si sommano perdite di valore per 239 milioni sul portafoglio azionario ecco che l’utile non poteva che soffrirne. Eppure le Generali si sono sempre contraddistinte per un approccio assai prudente. Prudente forse ma che non ha evitato del tutto i rischi. Al contrario. Oggi la compagnia di Trieste agli occhi del mercato non solo corre poco, ma appare paradossalmente più rischiosa. Perché? Eppure Generali investe poco in azioni e molto in obbligazioni. Ben 241 miliardi di euro sono investiti in bond.

Ma con la crisi dei debiti sovrani della periferia d’Europa quel che appariva una scelta prudente si rivela oggi un boomerang. Il rischio del debito sovrano Generali infatti ha in pancia quasi 46 miliardi di titoli italiani. Ma ci sono anche Bonos spagnoli per 5,5 miliardi; bond portoghesi per 1,6 miliardi e titoli irlandesi per altri 1,6 miliardi. Con l’aria che tira sul Sud Europa e gli spread tornati a correre, quei 50 miliardi sono una sorta di cappio al collo. Su un portafoglio che ha durata media di 7 anni possono voler dire minusvalenze potenziali nell’ordine dei 2-3 miliardi.

E il tema del riassetto ai vertici ha proprio a che fare con le minusvalenze dei grandi soci sul titolo. Oggi ai prezzi attuali di Borsa l’investimento di Leonardo Del Vecchio vale la metà il che significa circa 400 milioni di perdite potenziali, mentre un investitore come la De Agostini nell’azionariato dal 2006 conta qualcosa come 900 milioni di perdite se il titolo non si riprenderà. E la novità è che anche Mediobanca registra forti affanni sulla sua partecipata più prestigiosa. Quella partecipazione al 13,24% è in carico storicamente a 2,06 miliardi. Oggi vale solo 1,76 miliardi. Mentre solo a marzo del 2012 c’era una plusvalenza per 337 milioni oggi c’è una perdita per 300 milioni. Il redde rationem parte anche da qui.