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Generali, grande festa: Geronzi si e’ dimesso (+3%). Va in pensione per sempre il Grande Vecchio

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Il presidente di Generali Cesare Geronzi si è dimesso dall’incarico. Lo si apprende da fonti vicine al consiglio. Il titolo di Generali ha fatto un balzo del 2,97% a 15,93 euro.

(Adnkronos)- Le dimissioni di Cesare Geronzi hanno dato una forte scosa al titolo Generali che sale di oltre cinque punti percentuali trascindo anche Mediobanca, primo azionista della compagnia assicurativa triestina. Il titolo di Piazzetta Cuccia ha infatti toccato punte al rialzo del 5,46% dopo una prima parte di seduta in modesto guadagno.

(Adnkronos) – Nel cda di Generali ci sarebbero state forti pressioni da parte dei consiglieri per un passo indietro anche da parte del vice presidente Vincent Bollore’. A quanto apprende l’Adnkronos, la richiesta sarebbe conseguente all’azione intrapresa nei confronti di Cesare Geronzi che ha gia’ portato alle dimisissioni del presidente.

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MILANO – Il presidente di Generali Cesare Geronzi si è dimesso, durante la riunione del cda della compagnia. Secondo quanto si apprende da fonti finanziarie dopo poco dall’inizio della riunione alcuni consiglieri avrebbero manifestato la loro intenzione di presentare una mozione di sfiducia nei suoi confronti.

La mozione di sfiducia, con le firme anche dell’a.d di Mediobanca Alberto Nagel e del direttore generale della banca, Francesco Saverio Vinci, era stata ventilata al presidente. Di fronte alla discesa in campo della stragrande maggioranza dei consiglieri Geronzi ne ha tratto le conseguenze e ha deciso il passo indietro.

Generali accelera in Borsa dopo le dimissioni di Geronzi. Il titolo della compagnia, cauto in avvio, ha accelerato sopra i 16 euro. Bene anche Mediobanca.

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Generali, colpo di scena nel cda. Mozione contro Geronzi che si dimette

Il presidente oggetto di un documento di sfiducia di una decina di consiglieri, tra cui i due esponenti di Mediobanca che ha la quota principale di azioni. Poco dopo la notizia della sua decisione. Il titolo sale in Borsa

di ANDREA GRECO e GIOVANNI PONS – La Repubblica

TRIESTE – Dopo un anno finisce la stagione di Cesare Geronzi a Trieste. Tre mesi di scontri tra consiglieri, alti dirigenti e azionisti, con un alto tasso di instabilità e ingovernabilità, hanno trovato un esito clamoroso stamani a Roma. A Piazza Affari gli investitori festeggiano: in pochi minuti il titolo Generali è salito temporaneamente di quasi il 5% con una fiammata di scambi, a conferma del fatto che tra il mercato e l’ex banchiere di Capitalia non c’è mai stato troppo feeling. Sembra che le dimissioni siano giunte prima del cda straordinario convocato stamattina a Roma, e che il presidente abbia preso la sua decisione una volta appreso della possibile mozione di sfiducia consiliare che portava le firme di 10 consiglieri, compresi quelli del primo azionista Mediobanca.

Una potenziale maggioranza, visto che il consiglio triestino è composto di 17 membri. Ora la riunione di consiglio è in forse, poiché il cda straordinario – richiesto sempre “forzatamente” da otto consiglieri settimana scorsa – era stato convocato proprio per discutere del ruolo del presidente, della sua comunicazione esterna e del caso del vice presidente Bolloré, il suo alleato francese che il 16 marzo si era rifiutato di votare il bilancio 2010. Sembra da indiscrezioni che filtrano dalla riunione romana che anche su Bollorè ci sarebbero pressioni per indurlo alle dimissioni.

Il 16 marzo si erano create le premesse per il chiarimento finale, perché si era troppo acuito lo scontro tra gli investitori francesi (Bolloré è tra i primi azionisti di Mediobanca, a sua volta primo socio di Generali con il 14%) e le restanti forze del cda, composte dal trio dei consiglieri indipendenti e dagli altri investitori privati come Diego Della Valle e Lorenzo Pellicioli. Proprio Della Valle, due mesi fa, aveva iniziato un martellamento pubblico contro la gestione del cda da parte di Geronzi, e nel periodo è riuscito a compattare una maggioranza concorde.

Anche le dimissioni di Leonardo Del Vecchio (altro grande investitore nel Leone, con una quota del 2%) e di Ana Patricia Botin (figlia del patron del Santander, storico alleato di Trieste) avevano contribuito ad alimentare le polemiche e aumentare l’instabilità. Così, da una decina di giorni, sia Mediobanca sia l’inquilino del Tesoro Giulio Tremonti avevano preso consapevolezza della necessità di cambiare. Proprio Tremonti un anno fa aveva favorito l’ascesa di Geronzi a Trieste, ma chi gli aveva parlato negli ultimi tempi lo aveva sentito pentito di quell’appoggio.

In caso di interim il sostituto di Geronzi potrebbe essere l’azionista al 2,2% Francesco Gaetano Caltagirone, suo vicario secondo la relazione di governance di Generali. Se non saranno prese rapide soluzioni potrebbe toccare al costruttore romano condurre l’assemblea di bilancio, già convocata a Trieste per il 30 aprile.

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RESA DEI CONTI AL CDA

di Sabina Rosset – ANSA

Il momento del redde rationem nelle Generali è arrivato. Alla vigilia del tanto atteso Cda del Leone, in pochi si spingono a fare previsioni sull’esito dell’incontro, oltre al fatto che sarà lungo e complesso. La sensazione comune è però che uno strappo non convenga a nessuno e che la gran parte dei 17 consiglieri converga all’appuntamento con una volontà di chiarimento senza posizioni preconcette. Con l’assemblea degli azionisti così vicina, i consiglieri di peso sembrerebbero quasi costretti a trovare un accordo. Intanto non si fermano gli acquisti sul Leone di Francesco Gaetano Caltagirone, con un nuovo arrotondamento realizzato dal vice presidente vicario della compagnia il 31 marzo e il primo aprile e che vale questa volta 1,52 milioni di euro e porta il costruttore ed editore romano al 2,24% delle Generali.

Sulla vicenda si è fatto intanto sentire il presidente onorario Antoine Bernheim, che in un’intervista a Repubblica ha ricordato come nelle intese con Petr Kellner di Ppf “i termini della transazione sono stati equi per entrambe le parti”. Quanto a Vincent Bolloré, a suo tempo stretto sodale di Bernheim e già causa di vari bruciori di stomaco del banchiere alsaziano, per la rimozione dallo scranno in Generali, “non capisco – ha detto Bernheim – quale sia la sua strategia in Italia”. “Non capisco perché abbia deciso di criticare” la joint venture con Ppf. Per il resto la cronaca della giornata registra solo un gran lavoro sotto traccia delle diplomazie. Non è stato notato un andirivieni anomalo dall’ufficio del presidente Cesare Geronzi, che ha lasciato gli uffici di Piazza Venezia attorno alle 7 e 30 di sera.

Altri consiglieri, erano giunti a Roma per il Cda di domani già nel corso della giornata, ma non sembrerebbe per avere degli incontri con il banchiere romano, quanto per cercare un coordinamento. Il consiglio fissato da Geronzi è del resto stato forzato dall’intenzione di almeno otto consiglieri di chiederne comunque una convocazione, con una lettera già sottoscritta, e grazie a un fitto lavoro di collegamento tra varie posizioni, che non è detto siano tra loro assimilabili.

Tra gli otto ci sono ad esempio i tre consiglieri indipendenti eletti da Assogestioni, intenzionati a riportare la gestione Generali su binari più consoni, ma c’é anche Diego Della Valle, colui che parrebbe aver acceso la miccia del dibattito esploso anche in pubblico attorno al Leone. Ci sono poi gli stranieri Reinfried Pohl e lo stesso Kellner, cui sfuggono probabilmente molte delle dinamiche della partita. C’é il plenipotenziario della De Agostini Lorenzo Pellicioli, che negli ultimi mesi si è speso nell’ombra sul miglioramento della governance Generali, e a volte sembrerebbe in collegamento con Mediobanca.

Infine, Angelo Miglietta della Crt, recente azionista di peso del Leone (seppur di ritorno), che per il ruolo giocato negli ultimi mesi è a pieno titolo ascrivibile tra i soci privati che nella compagnia stanno creando un secondo fronte di potere, accanto a quello di Piazzetta Cuccia. Al di fuori degli otto ‘dissidenti’, tra le posizioni più significative oltre naturalmente a Geronzi, c’é quella del group Ceo Giovanni Perissinotto, fermamente intenzionato a trovare un chiarimento.

Non è chiaro se gli ultimi giorni abbiamo smussato la sua posizione, ma ancora pochi giorni fa era intenzionato, a seconda di come si sarebbe sviluppato l’incontro, a non escludere di portare al Cda la scelta di un esposto Consob sulle dichiarazioni di Bolloré e del consigliere di Mediobanca Tarak Ben Ammar. Bolloré è l’uomo che ha dato il primo vero strappo sulle Generali, sollevando la ‘campagna’ sugli accordi con Ppf, dando battaglia nel consiglio del 16 sui conti e finendo quindi, isolato dal resto del board, per astenersi sul voto sul bilancio.

L’attesa è che non si arrivi a una vera e propria mozione di sfiducia o ad altri atti altrettanto clamorosi sul suo ruolo in Cda, ma difficilmente si potrà uscirne senza un sostanziale cambio di rotta. I chiarimenti attesi, e non solo sull’imprenditore bretone, sono molti e anche di carattere tecnico. All’ordine del giorno c’é tra l’altro il tema della comunicazione e da più parti si chiede per Generali una svolta di chiarezza nel comunicare le proprie decisioni e c’é anche attesa su quali possano essere le “comunicazioni del presidente” inserite dallo stesso Geronzi tra i punti all’ordine del giorno. In tutto questo, Mediobanca, azionista di maggioranza relativa, da tempo sposa la linea di favorire scelte che permettano di valorizzare meglio la compagnia. In tutto questo, una posizione decisiva potrebbe averla Caltagirone, difficilmente ascrivibile a qualcuno degli schieramenti in campo, ma sicuramente socio molto attento a tutta la vicenda.

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Colpo di scena nella vicenda Generali. Il tanto atteso cda di chiarimento chiesto da otto consiglieri è al momento in corso e si è saputo da fonte autorevole che verrà presentata una mozione di sfiducia al presidente Cesare Geronzi. La lettera avrebbe già l’adesione di 10-11 consiglieri compresi Alberto Nagel a Saverio Vinci, i due esponenti di Mediobanca che è la principale azionista del Leone di Trieste con il 14%.

Dopo due mesi di battaglie anche e soprattutto sui media, iniziate con l’attacco di Diego Della Valle agli “arzilli vecchietti” Geronzi e Bazoli, ora si sta giungendo a un redde rationem. L’idea della maggior parte dei consiglieri sarebbe quella di arrivare a una svolta definitiva dopo le dichiarazioni avventate di Vincent Bollorè che aveva criticato fortemente l’operazione nei paesi dell’est con il ceco Petr Kellner, arrivando a sospettare un falso in bilancio.

L’amministratore delegato Giovanni Perissinotto aveva anche minacciato un esposto alla Consob e i consiglieri indipendenti avevano sollecitato il presidente Geronzi a prendere una posizione chiara e netta contro Bollorè, ma niente è stato fatto. E così si va allo scontro diretto con la mozione di sfiducia che probabilmente verrà messa ai voti e il cui esito potrà essere favorevole o meno. (Giovanni Pons)

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