Società

Frau Merkel, il camaleonte che guida l’Europa

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*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist Kairos Partners SGR. ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

Veleni. Uno degli attacchi più devastanti che la Merkel abbia mai subito viene da un’intellettuale 71enne di area democristiana, Gertrud Hoehler. Il suo libro appena uscito, La Madrina, descrive una Merkel gelida, distaccata e priva di qualsiasi passione che non sia il potere. Per mantenere e accrescere il potere, sostiene l’autrice, la Merkel si appropria con naturalezza e disinvoltura delle idee degli avversari e dei sostenitori. È un po’ verde per i verdi, pro-famiglia per i cristiani, anti-finanza per la sinistra, europeista per gli idealisti e gli industriali, anti-mediterranea per i liberali. Così piace a tutti, così trasforma a poco a poco la democrazia tedesca e dà vita a una specie di partito dell’unità modellato sulla Sed, il partito dell’unità tedesca della Ddr.

Quello che fa infuriare la Hoehler, che fu negli anni Ottanta consigliere politico di Helmut Kohl, è che la Merkel, di suo, sembra non avere nessuna idea. Cresciuta nella Ddr, la Merkel ha assorbito l’indifferenza ai contenuti tipica di un apparato comunista selezionato darwinianamente fin dagli anni Venti dalla capacità di accettare e applicare senza batter ciglio le svolte politiche del Grande Fratello sovietico, spesso radicali e repentine.

Nei mesi che precedono la caduta del Muro, mentre Berlino Est e Lipsia sono percorse da imponenti manifestazioni contro il regime, la Merkel rimane tranquillamente nell’organizzazione giovanile comunista, di cui dirige la sezione propaganda, una delle più delicate. Il 9 novembre 1989, mentre il popolo di Berlino Est sciama oltre il Muro incredulo ed euforico, lei se ne va a fare la sauna come usa fare tutti i giovedì. Poche settimane più tardi la ritroviamo in Rottura Democratica, la Cdu dell’est, dove copre più o meno la stessa carica che copriva da comunista. Il tutto molto tranquillamente, senza nessuno stravolgimento o crisi di coscienza. Con altrettanta naturalezza, nel 2011, la vediamo passare dalla sera alla mattina da pronucleare ad antinucleare.

Tutto e il contrario di tutto. Alla luce impietosa dell’analisi della Hoehler è possibile leggere, ci pare, anche la svolta di agosto sugli acquisti di titoli italiani e spagnoli da parte della Bce. Quella che per la Merkel era, fino al giorno prima, una monetizzazione del debito contraria allo spirito e alla lettera dello statuto della Bce diventa improvvisamente fattibile e positiva. Il tutto senza clamore, senza riunioni concitate, senza spiegazioni e con una semplice comunicazione ai giornalisti dalla villeggiatura.

Di quest’ultima svolta possiamo dare una lettura benevola, una ottimista e una inquietante. Quella benevola è che la Merkel ha una straordinaria abilità tattica che le sta permettendo di salvare l’euro e fare dunque il bene di tutti noi senza alienarsi (e tenendo a bada) la fascia di elettori euroscettici. Per non parlare, ma questo è noto da sempre, dei nervi d’acciaio che le permettono di aspettare l’ultimo momento utile e resistere a pressioni di ogni genere prima di prendere una decisione saggia e ponderata.

La lettura ottimista è che se la Merkel è davvero così brava ad andare senza farsi scrupoli dove la porta il vento, allora vuol dire che il vento che spira in Germania non è così euroscettico come ci siamo spesso sentiti dire in questi ultimi tre anni. Rimaniamo convinti che industriali, sindacati, partiti e buona parte dell’opinione pubblica tedesca vogliano l’Europa, ma alle loro due condizioni, spendere poco e avere sempre l’ultima parola su tutto. Niente unione dei trasferimenti all’americana e costi tutti a carico della Bce da una parte, Bundestag come camera alta dell’Unione Europea (con il parlamento di Strasburgo a fare da camera bassa consultiva) dall’altra.

La lettura preoccupante è che nulla, per la Merkel, è irreversibile. Quanto poco c’è da fidarsi, scriveva Karl Kraus nel 1909, di una donna fedele, oggi fedele a te, domani a un altro. Con la stessa agilità con cui abbiamo visto la Merkel appoggiare Draghi in agosto non la potremmo vedere ritornare sui suoi passi un domani se una recessione dovesse lambire la Germania e cambiarne gli umori di fondo? Per il momento la Merkel si tiene aperte tutte le porte, si dice d’accordo con Draghi ma anche con Weidmann e afferma con soave spudoratezza che tra i due non c’è contraddizione.

E così, mentre i mercati vedono con favore i tumulti di piazza a Madrid perché avvicinano la capitolazione spagnola e gli acquisti di titoli da parte della Bce, da Berlino si mettono ogni giorno granelli di sabbia nella macchina del salvataggio di Italia e Spagna. Attenzione, il doppio binario della Merkel, salvare e allo stesso tempo non salvare, non è simmetrico. La scelta di ultima istanza è per il salvataggio, ma quella di penultima istanza è sfruttare ogni momento utile (come l’attuale fase di tregua sui mercati) per guadagnare punti presso gli euroscettici da una parte e quelli che vogliono che anche le cicale piangano dall’altra.

Anche le cicale piangono. Paul Krugman sostiene che nelle richieste che la Germania fa ai paesi mediterranei c’è una componente sadica e che i poveri paesi cicala devono pedalare sempre più in fretta per rimanere fermi. Il caso del Portogallo è esemplare, perché si tratta di un paese che ha fin qui seguito con il massimo impegno le istruzioni ricevute da Bruxelles e Berlino.

Il Portogallo doveva raggiungere il 4.5 per cento di disavanzo in questo 2012. Non ce la farà e si fermerà al 5. Colpa della recessione, più grave del previsto. L’obiettivo del 4.5 verrà dunque spostato all’anno prossimo, ma per raggiungerlo ci saranno altri tagli di spese e un aumento di tasse che il governo stesso ha definito enorme. Il debito pubblico, che doveva fermarsi al 118 per cento, salirà al 124. La disoccupazione passerà dal 15.5 al 16.4.

La cura tedesca ucciderà i paesi mediterranei? La questione è a nostro parere ancora aperta. Il Fondo Monetario, in un importante capitolo appena pubblicato dell’Outlook semestrale, sostiene che i processi di aggiustamento devono avere la saggezza di essere graduali e concentrati più sul lato dei tagli di spesa che su quello dell’aumento delle tasse. Aggiustamenti troppo drastici rischiano di creare circoli viziosi.

I paesi mediterranei hanno probabilmente percorso fin qui i due terzi dell’aggiustamento necessario. Hanno ridotto di molto il disavanzo delle partite correnti (anche se, come in Italia, in modo più ciclico che strutturale) e hanno recuperato una buona metà della competitività perduta negli sciagurati anni Duemila. Come sa chi va in montagna, tuttavia, l’ultimo terzo di una scalata è molto più faticoso del primo o del secondo. Da questo discende che, in un mondo a crescita bassa, le svalutazioni interne dei mediterranei dovranno essere accompagnate da politiche monetarie estremamente aggressive e da un euro debole.

Il destino del dollaro. Nei mesi passati, nei momenti più drammatici della cirsi europea, molti investitori hanno cercato rifugio nei Bund, nei bond australiani e canadesi e nel dollaro. Nelle ultime settimane abbiamo suggerito di uscire dai Bund, che sono denaro morto, e da Canada e Australia, che sono sopravvalutati e cominciano ad avere qualche problema anche loro. Il discorso sul dollaro è diverso. La Fed ne stampa giorno e notte, è vero, ma non si può dire che il dollaro sia sopravvalutato. L’economia americana, d’altra parte, non scoppia di salute ma è nel complesso più solida di quella europea. La crisi mediterranea non è finita e le stime di (de)crescita del 2013 per Italia, Spagna, Portogallo e Grecia potrebbero rivelarsi troppo ottimiste, come è stato del resto negli ultimi due anni.

I bond mediterranei hanno ricevuto e continueranno a ricevere un enorme beneficio dagli acquisti della Bce, ma la correlazione tra spread sui governativi ed euro, finora piuttosto stretta, si allenterà. Il dollaro da luglio a oggi si è certamente indebolito, ma rimane un’ottima diversificazione e una copertura efficace dai rischi di Eurolandia.

La forza dell’oro. In un mondo in cui tutti vogliono svalutare e tengono i tassi eccezionalmente bassi l’oro è destinato a rimanere forte. I nemici dell’oro, tassi in rialzo e recessione, non sono all’orizzonte. La vera forza dell’oro, in ogni caso, è nel numero dei suoi fedeli e questo è un fatto culturale. Giusto o sbagliato che sia, l’Asia crede molto nell’oro. Molte banche centrali emergenti credono nell’oro. La Cina crede nell’oro e sta incoraggiando i suoi cittadini a comprare meno case e più oro.

*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist Kairos Partners SGR. ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.

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