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Fmi: “Eurozona rischia nuovi stress finanziari”

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NEW YORK (WSI) – Nonostante i lenti ma graduali miglioramenti della congiuntura americana, l’impatto del consolidamento fiscale, un aumento della disoccupazione strutturale e un più debole contesto esterno rappresentano i maggiori fattori di rischio per gli Stati Uniti.

E’ quanto si legge nel documento conclusivo della missione Articolo IV negli Stati Uniti, la valutazione annuale del Fondo monetario internazionale, secondo cui “nell’Eurozona potrebbero riemergere stress finanziari”. Questi potrebbero avere un impatto negativo sugli Stati Uniti “sia attraverso i canali commerciali e finanziari”, sia attraverso una maggiore avversione al rischio.

Anche la domanda esterna potrebbe essere frenata da una più lenta ripresa dell’attività economica. L’istituto di Washington sottolinea anche che problemi fiscali e monetari, per esempio il mancato tempestivo innalzamento del tetto del debito, potrebbero finire per avere “gravi ripercussioni” sugli Stati Uniti e sull’economia globale.

Riguardo alle stime di crescita sugli Usa, dopo il +2,2% dell’anno scorso, è previsto un rallentamento della crescita all’1,9% nel 2013, seguito da una graduale ripresa negli anni successivi (+2,7 l’anno prossimo, +3,5% nel 2015, +3,6% nel 2016).

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, di pari passo con l’aumento della partecipazione alla forza lavoro e il ritorno degli americani scoraggiati (quelli che non cercano più un posto), il tasso di disoccupazione dovrebbe calare al 7,5% quest’anno dall’8,1% nel 2012, quindi scendere al 7,2% l’anno prossimo e gradualmente fino al 5,4% nel 2018.

Il deficit delle partite correnti, dal 3% del Pil del 2012, scenderà quest’anno al 2,9% per risalire al 3,1% nel 2014 e al 3,2% in tutti gli anni fino al 2018.

Di fatto, la ripresa negli Stati Uniti è “rimasta tiepida nell’ultimo anno”, ma “i fondamentali sono migliorati in modo graduale; “la Fed, in modo appropriato, prosegue con la politica monetaria accomodante”.

In un momento in cui i benefici derivati dall’acquisto di asset continuano a superare i costi, dice il Fmi, la Banca centrale americana “dovrebbe continuare la preparazione di un’uscita morbida”, tenendo presente i problemi collegati a un giro di vite. Anche se la strategia della Fed ha dato “significativo sostegno alla ripresa americana e globale”, un lungo periodo di tassi eccezionalmente bassi “potrebbe implicare conseguenze non desiderate per la stabilità finanziaria interna”.

Guardando all’economia americana nel suo complesso, secondo il Fmi “c’è ancora spazio per politiche a sostegno del mercato immobiliare“, che pure ha segnato buoni miglioramenti negli ultimi 12 mesi. Per quanto riguarda il settore finanziario, “le condizioni delle banche americane “sono migliorate significativamente nell’ultimo anno, ma ci sono alcuni segnali vulnerabilità”.

Sul fronte fiscale americano, “la riduzione del deficit nel 2013 è stata eccessivamente rapida e mal congegnata”.

Il Fmi fa riferimento in particolare ai tagli automatici della spesa scattati a marzo nell’ambito del sequester, alla scadenza dei tagli dei prelievi in busta paga e all’aumento dell’aliquota fiscale marginale sui redditi più alti. I tagli del sequester, dice il Fmi, “dovrebbero essere rimpiazzati da un mix di risparmi e nuovi introiti” e la riduzione del deficit dovrebbe “procedere a un passo più lento”.

Guardando ai numeri, il deficit è stato dimezzato dal 13% del Pil nel 2009 al 5,9% previsto per il 2013 e continuerà a calare nei prossimi anni, ma “le finanze pubbliche resteranno su una via insostenibile nel lungo termine”. Il debito arriverà al 110% del Pil prima di cominciare a calare nel 2015. (TMNEWS)