Economia

Flessibilità bilancio. Monito Bce, rischio abusi da Italia?

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FRANCOFORTE (WSI) – Arriva il monito della Bce sul rischio dei paesi dell’Eurozona di abusare nelle richieste, alla Ue, di flessibilità del deficit. Fra un paio di settimane la Commissione europea definirà le proprie opinioni sulla legge di stabilità e l’Italia ha chiesto il riconoscimento di una maggiore flessibilità sul consolidamento del bilancio proprio per l’attuazione delle riforme strutturali.

In questo contesto arriva puntuale l’indicazione della Banca centrale europea che in un articolo collegato al Bollettino economico ha messo in luce le implicazioni delle riforme strutturali nel breve termine, sottolineando in particolar modo che “solo una serie limitata di riforme strutturali può avere un impatto a breve termine sul bilancio pubblico per cui la flessibilità del patto di stabilità dovrebbe essere usata attentamente per evitare il rischio di abusi”.

Secondo la Bce le riforme strutturali comprendono misure che aumentano l’efficienza e la competitività dell’economia con effetti positivi di lungo termine sulla sostenibilità di bilancio.

Esempi tipici di riforme che meritano il riconoscimento di flessibilità, sono in primis la riforma delle pensioni cosiddetta sistemica, come puntualizza l’istituto guidato da Mario Draghi e poi le riforme del lavoro e del mercato dei beni.

 “A eccezione delle riforme sistemiche dei sistemi pensionistici non ci sono costi significativi di breve termine per il bilancio associati a riforme strutturali: quando ce ne sono, la loro quantificazione è spesso incerta e largamente opinabile (…) la loro evidenza statistica non è sempre significativa”.

Mentre le riforme strutturali in campo fiscale producono sì vantaggi nel breve termine e anche nel lungo, ma i costi di bilancio sono limitati a pochi esempi, la riforma delle pensioni sistemica è l’esempio più chiaro di una riforma che merita il riconoscimento di flessibilità nella deviazione dal percorso di consolidamento dei bilanci pubblici. La clausola delle riforme strutturali finora, come scrive l’articolo del Bollettino la Bce, è stata finora applicata in pochi casi e solo con riferimento alle riforme sistemiche delle pensioni. E i casi emblematici sono quello lituano, polacco e lettone.

In merito poi alle riforme annunciate ex ante, per la Bce, si tratta di un problema perché il codice di condotta sul patto di stabilità e di crescita stabilisce che si debba trattare di riforme attuate. Vengono così criticati quei paesi che hanno beneficiato della clausola prevista di mantenimento di un margine di sicurezza per non aumentare il rapporto deficit/pil oltre il 3%, come Francia, Belgio e Italia.

Proprio in riferimento al nostro paese, è stato riconosciuto “un generico permesso pari allo 0,4% del pil per deviare dal percorso di aggiustamento del bilancio nel 2016 sulla base di un piano di riforme strutturali presentato dalle autorità italiane che includevano una valutazione quantitativa dei costi di bilancio a breve termine pari allo 0,2% del pil”. Critica la Bce secondo cui questo modus operandi non va affatto bene.

“La possibilità di applicare i requisiti di flessibilità  anche ai piani di riforma ex ante rischia di essere controproducente” perché può costituire un incentivo a ritardare l’attuazione dei programmi o tornare indietro una volta che la flessibilità  di bilancio è stata concessa (…) l’equilibrio dei conti diventa un obiettivo mobile invece di costituire un ancora per il bilancio”.

Intanto il numero uno della Bce Mario Draghi Il presidente della Bce ha rilanciato le esortazioni a completare l’unione bancaria, che dopo la vigilanza unificata deve proseguire con un sistema comune di risoluzione delle crisi e anche con un sistema unico di tutela dei risparmi.

Questo è e resta nell’agenda dell’Unione bancaria. E questo è il motivo per cui è stata concepita con tre pilastri: un meccanismo unico di vigilanza, un unico sistema di risoluzione e uno schema di tutela dei depositi uniforme, che deve essere ancora specificato. Abbiamo bisogno di tutti e tre perché la moneta sia veramente unica.