NEW YORK (WSI) – Il Dow Jones non aveva mai registrato una perdita intraday di così tanti punti durante una singola seduta. Un flash crash, un tracollo repentino, si è abbattuto ieri sui mercati finanziari, con l’indice delle blue chip americano che ha chiuso in calo del 4,6%. Dopo aver ceduto nel giro di pochissimi minuti oltre mille punti, sempre in uno spazio brevissimo di tempo, ha recuperato oltre la metà delle perdite. Il paniere delle blue chip è calato per la maggior parte della seduta, ma il crollo che si è consumato intorno alle 8.40 di sera (ora italiana) ricorda molto da vicino il flash crash del 2010.
A innescare la raffica di vendite sul mercato americano è stata la paura di un surriscaldamento improvviso e repentino dell’inflazione. Il rialzo dei salari visto a gennaio in Usa dice che è possibile che l’inflazione acceleri con più intensità del previsto. La conseguenza sarebbe un ciclo di strette monetarie più aggressivo da parte della Federal Reserve.
La notizia ha causato la caduta di Wall Street nel pomeriggio di lunedì, ora locale. La Borsa Usa ha vissuto la peggiore seduta da agosto del 2011. Si è temuto un crollo addirittura catastrofico quando il Nasdaq, sempre nel corso del pomeriggio di ieri, è arrivato a un certo punto a perdere fino a 1.500 punti, pari a oltre il -6%.
Ma il vero problema del flash crash dei mercati è da ricercarsi nella composizione e struttura di chi fa trading. La struttura iper-tecnologica dei mercati è un problema, in particolare lo sono i trading automatici e gli operatori ultra veloci che, come ha sottolineato l’ex analista quantitativa del noto hedge fund D.E. Shaw, Cathy O’Neil, alimentano il rischio di imprevedibilità dell’intero ecosistema. Le macchine e non i trader umani vengono comunemente accusati dei flash crash come quello avvenuto ieri.
Questi trader con “pilota automatico” usano spesso la volatilità come parametro per misurare i rischi: se è bassa comprano azioni, se si alza invece vendono. La loro strategia si basa fondamentalmente su come va la volatilità e questo crea un ciclo vizioso: più sale più loro vendono, più loro vendono più sale ancora di più la volatilità.
“Il trading floor è stato relativamente tranquillo fino a quando il mercato non ha registrato un crollo improvviso intorno alle 15″, ha dichiarato Vincent Kondaveeti, uno specialista delle vendite nel settore finanziario del Credit Suisse, in una nota. L’analista si è accorto che degli investitori (umani) stavano comprando titoli in seguito al pesante calo delle Borse,
Ma l’acquisto di azioni a prezzi scontati non è bastato per far risalire le Borse e a un certo punto, racconta Yousef Abbasi, stratega dei mercati globali di Jones Trading in un’intervista telefonica rilasciata a Business Insider, “abbiamo avuto la sensazione che le macchine avessero preso il sopravvento. Si è avvertito un senso di panico là dentro”.
“Questi (ndr: i trading automatici) sono modelli finanziari complicati, senza alcuna interazione umana”.