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FIDEL, COMPLEANNO DA DESPOTA

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(WSI) – «No hay mal que dure cien años, ni cuerpo que aguante» (Non c´è malattia che duri cent´anni, né corpo che possa sopportarla), cantava, riferendosi a Fidel Castro, la regina della rumba, Celia Cruz, fuggita da Cuba nel 1960 e morta in esilio negli Stati Uniti. E invece “Cuba aguanta” (sopporta). Ieri Fidel Castro ha compiuto 79 anni e 46 di potere illimitato. È, in assoluto, il politico, lo statista, il dittatore (chiamatelo come preferite) più longevo del XX secolo. Compleanno allegro o triste? Lo scenario è contraddittorio.

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Lui s´è regalato un aereo tutto nuovo da quarantacinque milioni di dollari. Un Iliushin 96-300, come quello di Putin. Un fedelissimo, l´ex capo dei servizi, Fabian Escalante, ha scritto un libro che raccoglie i 600 tentativi falliti dalla Cia per ucciderlo. E una Corte d´appello americana gli ha regalato una inattesa vittoria annullando il processo ai “Cuban Five”, i cinque cubani accusati di spionaggio negli Stati Uniti. Ma sarà vero? Dell´albergo volante, in realtà, non sa che farsene. Castro viaggia pochissimo. Al massimo va a Caracas, da Chavez.

I piani della Cia per ucciderlo sono molti di meno: la maggior parte sono stati inventati per soddisfare il suo avido narcisismo. E i “Cuban five”? Secondo l´opposizione erano cinque cretini, insomma gli elementi più tonti dei suoi servizi di spionaggio, che Castro aveva consegnato agli americani per poter lanciare a Cuba la solita campagna nazionalista contro “l´impero” e appiccicare le loro facce sotto la scritta “Volveràn” (torneranno) in ogni angoletto dell´isola.

Quest´anno perfino le lampadine sono diventate controrivoluzionarie. Dopo Dennis, l´uragano che ha colpito Cuba a giugno, gli “apagones”, le ore del giorno e della notte durante le quali nelle case va via la luce, sono diventati talmente frequenti che Fidel ne ha attribuito la responsabilità alle lampadine. Perché consumano troppo. Né ha proibito l´importazione e ha promesso ai cubani la distribuzione gratuita di due milioni di tubi fluorescenti. Ovviamente cinesi, come le pentole elettriche (ollas arroceras) che devono ancora arrivare.

La stretta contro il minuscolo dissenso interno non è mai stata così forte. Sono ricomparsi “los actos de repudio”, le manifestazioni sotto le case degli oppositori politici,; l´Europa, compresa la Spagna di Zapatero, è sempre più lontana. E la crisi del sistema, ormai anche quella del turismo, è sopportabile solo grazie alla generosità di Chavez che, come un tempo facevano i sovietici, regala all´Avana petrolio e manufatti. Ma lui imbattibile e inossidabile s´avvia a inanellare record. La transizione non c´è. Quella che ha preparato Fidel Castro è una prosecuzione del castrismo. Che sia suo fratello Raul o Ricardo Alarcon, o il medico Carlos Lage, il suo successore, poco importa. Il vero potere – militare e economico – lo avranno le Forze Armate. Soluzione cinese.

Una testa lucida dell´esilio come l´ex comunista Rafael Rojas sostiene che senza Fidel Castro oggi l´economia cubana avrebbe una crescita annuale superiore a quella del Cile e un ingresso pro capite maggiore di quello del Costarica. «Purtroppo – scrive Rojas – il fattore cancerogeno della storia di Cuba è l´arrivo al potere, nel 1959, di un personaggio tanto vorace e insaziabile, cosi machiavellicamente dotato per impadronirsi di un paese come Fidel Castro. Prima di lui, nessun altro politico cubano si era proposto qualcosa di così mostruoso come appropriarsi di una nazione e nessuno possedeva le perverse virtù necessarie ad ottenerlo per mezzo secolo». Amen.

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POCHISSIMI AMICI E TANTE NUOVE PAURE

E l´assurda pretesa di ispirarsi a Simon Bolivar. L´alleanza con Chavez sperando nel petrolio.

di Carlos Franqui

Il vecchio comandante compie 79 anni (ma forse se ne toglie uno e sono già ottanta) in un momento di massima crisi interna del suo potere. Il timore delle conseguenze del diffuso scontento popolare lo ha già costretto a celebrare, per la prima volta, il 52° anniversario dell´assalto alla Caserma Moncada, non nella grande Piazza della Rivoluzione, ma all´interno di un comodo e ben presidiato teatro. E, anche se il Granma, a tutta pagina, gli fa auguri come «infaticabile scalatore di montagne e sogni» a Cuba, per le strade, si possono leggere sui muri slogan anticastristi.

Ma è fuori dall´isola che Fidel Castro ha ancora qualche buona ragione per festeggiare: due amici potenti, Putin e Chavez, gli hanno fatto costosi regali. Il presidente russo un aereo, ch´è un albergo e un ospedale volante da 45 milioni di dollari, mentre quello venezuelano gli invia il petrolio che gli consente di sopravvivere.
Nel suo lungo tramonto, Fidel Castro ha trovato un ricco erede, uno sceicco dei Caraibi che s´ispira a lui, ne ascolta i preziosi consigli e spera di emularlo governando cent´anni.

Hugo Chavez ha il petrolio dalla sua parte. Con le sue enormi risorse sfama i poveri del Venezuela; sovvenziona, alle sue condizioni, la pericolosa alleanza tra certi gruppi pro-indio emarginati da secoli, i potenti narcotrafficanti, i populisti del continente e le sinistre in Bolivia, Ecuador, Uruguay e Nicaragua; paga buona parte del debito argentino con il Fondo Monetario Internazionale; cede, con un prestito che non prevede rimborso, 53mila barili di petrolio [al giorno] a Castro, per un valore circa ottocento milioni di dollari l´anno; e spartisce con il Comandante i proventi, depositati su conti privati, di 37 mila barili di petrolio il giorno, venduti sul mercato internazionale, per un valore complessivo di circa cinquecentoquaranta milioni di dollari l´anno.

Ma non tutto è oro ciò che riluce in queste manovre: il petrolio venezuelano è di scarsa qualità e per ora è raffinato negli Stati Uniti. Raffinarlo da un´altra parte non sarebbe facile e costerebbe di più. La produzione si sta riducendo di circa centomila barili al giorno a causa dell´incompetenza dei nuovi gestori chavisti che hanno sostituito i vecchi dirigenti e i tecnici dopo l´ultimo sciopero. Chavez il petrolio lo sperpera, invece di utilizzarlo per creare nuove industrie e un´agricoltura che renda indipendente e faccia progredire il Venezuela.

Per prendere il potere, Castro si era dichiarato erede di Martí e della rivoluzione umanista e cristiana di «pane e libertà» e di «pane senza terrore» e, dal 1961, si era alleato con l´Unione Sovietica facendo entrare Cuba nel campo comunista. Chavez si proclama l´erede di Bolívar nel continente. Bolívar si ispirava alle idee della rivoluzione francese, ma nel suo discorso a Roma aveva respinto il cesarismo di Napoleone Bonaparte e, alla fine della sua epopea aveva preferito perdere il potere piuttosto che diventare il dittatore dell´America.
Bolívar era un liberatore, Chavez è un populista da caserma che aspira a un potere assoluto nel continente. Castro è stato sottovalutato dentro e fuori Cuba. In un recente sondaggio, il settanta per cento della popolazione ha espresso il suo appoggio a Chavez, ma un altro settanta per cento si è opposto a che il Venezuela diventasse una Cuba castrista. Chavez si proclama il David venezuelano dei poveri di America in lotta con il potente Golia yankee ed è la bandiera dei populisti e dell´antiamericanismo della destra e della sinistra dell´Europa e dell´America.

Sarebbe un grave errore oggi sottovalutare Chavez che, guidato da Fidel Castro, e traendo vantaggio da circostanze favorevoli e da errori dell´opposizione venezuelana, sta consolidando il suo potere. È a metà strada del suo progetto, oggi è una minaccia per la democrazia e la pace nel continente, ma non sappiamo se vincerà o se soccomberà nel suo intento.

(traduzione Guiomar Parada)

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