Società

FAZIO & FIORANI POTEVANO
ESSERE FERMATI

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(WSI) – Ha ragione Alessandro Profumo, si poteva intervenire prima. In realtà, c’è chi ci ha provato, ma non gli hanno dato retta. Il suo nome è Fabrizio Tedeschi, ed era il responsabile della divisione intermediari della Consob, allora presieduta da Luigi Spaventa, che ha scoperto l’imbroglio della scalata alla Popolare di Crema, la madre di tutte le scalate di Fiorani, anzi la matrice che, come scrive ieri il Financial Times, avvicina lo scandalo Lodi allo scandalo Parmalat. Il rapporto di Tedeschi era chiaro, il funzionario della vigilanza sulla borsa era andato in Svizzera, aveva fatto parlare per primo quel Luca Simona della Summa che poi dirà tutto al pm Mario Greco. Lo schema era lo stesso: una scalata occulta attraverso mani amiche che operavano dai paradisi fiscali. Poi un’opa maggiorata e la plusvalenza spalmata tra gli amici.

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I fatti risalgono al triennio 1997-2000. La Banca Mercantile Italiana, controllata dalla Popolare di Lodi, dà mandato a una fiduciaria svizzera, la Summa, di comprare fino al 50,1% di azioni della Banca popolare di Crema. L’acquisto viene realizzato in tre tranche anche grazie ai finanziamenti di due banche svizzere, la Sbs e la Ubs sede di Londra. Al 31 dicembre 1997, la Mercantile ha il 34,32%. Gli ordini sono dati direttamente da Fiorani, allora direttore generale della Mercantile. Ma la titolarità dei titoli non viene mai comunicata alle autorità, né iscritta nei bilanci.

Nell’ottobre 2001, la Banca popolare di Lodi, della quale nel frattempo Fiorani è diventato direttore generale, lancia un’offerta pubblica di acquisto e di scambio sulla Popolare di Crema e ne acquisisce il 51%. In realtà, viene fatto rientrare il pacchetto acquisito in Svizzera e parcheggiato in mani amiche. Nelle quali viene spalmato il burro, cioè le plusvalenze derivanti dalla differenza tra il prezzo di acquisto tre anni prima e il prezzo dell’opa.

Arrivano alle autorità, Consob e Bankitalia, quattro esposti, uno dei quali è del signor Giovanni Cerea il quale riferisce di aver ricevuto un incarico professionale per acquisire in proprietà, da parte della Bpl, il 51% del capitale sociale della Crema. Di questo esposto, ricorda Fabrizio Tedeschi, aveva parlato anche un articolo pubblicato dall’Espresso. Così, comincia a indagare. Tedeschi, originario di Reggio Emilia, è noto per essere non solo un esperto di operazioni finanziarie, ma un vero segugio. Come uno 007 della business intelligence, il 6 marzo 2002 prende la valigetta e va a Lugano. Contatta Luca Simona e, superando l’iniziale diffidenza e reticenza, si fa raccontare che cosa è successo. Non ci vuole molto a capire come era avvenuta la scalata occulta. E Tedeschi redige un dettagliato rapporto che consegna ai suoi dirigenti il 12 marzo.

Nel frattempo prosegue anche l’ispezione presso la banca che si conclude entro aprile. La verifica ispettiva si conclude e vengono contestate a Fiorani e alla Bpl la omissione dell’invio alla Consob delle comunicazioni inerenti alla violazione della partecipazione rilevante detenuta nella Bpc (popolare di Crema). Si propone alla Consob di trasmettere gli atti a Bankitalia e alla magistratura per il reato di false comunicazioni sociali. Il rapporto sulla scalata resta nei cassetti fino a luglio. Alla fine, Fiorani viene sanzionato dalla Consob. La Bpl paga la sanzione e l’intero consiglio, nonché il collegio sindacale, esprimono solidarietà al loro capo. E la magistratura? Il Gip del Tribunale di Lodi archivia tutto perché il reato sarebbe caduto in prescrizione (per una società quotata in borsa non esiste).

Tedeschi non è convinto. Ma i suoi rapporti con la Consob si fanno tesi e lui viene spinto a scindere il suo contratto. Torna così alla professione privata. Ma non molla tanto che ha in corso una vertenza con la Commissione. Nessuno può togliergli dalla testa che sia stato perso tempo prezioso fornendo così al Gip l’alibi di ricorrere alla prescrizione.

Fiorani sostiene che tutto venne approvato dalla Banca d’Italia. E’ possibile? Una autorizzazione scritta non esiste. C’è chi pensa che possa aver ricevuto un via libera informale. E’ plausibile, perché alla fine degli anni ’90 le banche popolari si trovavano sotto pressione e a rischio di scalata. Si muoveva rapidamente soprattutto Ernesto Preatoni, il “raider di Garbagnate” specializzato proprio in attacco alle popolari. Dopo Crema, si diceva, tocca anche a Cremona. E Antonio Fazio era desideroso di trovare cavalieri bianchi in grado di difendere le banche e aggregarle sotto la sua ala protettrice. Fiorani si era già specializzato in operazioni del genere. Dalla Mercantile alla Rasini (ex banca di Rovelli dove era dirigente il padre di Berlusconi e nella quale sono transitate le famose finanziarie che racchiudono il controllo dell’impero del cavaliere), dall’Iccri (Istituto di credito delle casse di risparmio) a numerose casse toscane (Livorno, Pisa e Lucca) fino al Banco di Chiavari e, last but not least, Credieuronord, la banca della Lega.

Insomma, Lodi era una sorta di Gepi bancaria pronta a salvare il salvabile e anche oltre. Una specializzazione cominciata prima di Fiorani, ma che lui ha portato alle estreme conseguenze. Prima di lanciarsi con la scalata ad Antonveneta, in una operazione più grande delle sue piccole forze e anche di quelle del governatore con il quale ha stretto rapporti non solo professionali, ma familiari, come è ormai arcinoto. Dunque, tutto era già noto e già scritto. Fiorani poteva essere fermato in tempo.

Consob, Bankitalia, i magistrati (almeno alcuni) sapevano. Tedeschi adesso ha in bocca la dolce sensazione di chi aveva ragione. Ma anche l’amaro rammarico di chi è stato ignorato, anzi emarginato proprio perché aveva scoperto verità troppo scomode.

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