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FAZIO GUARDA AGLI USA E METTE IN GUARDIA SULL’EURO

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Anche a Via Nazionale il modello cui ispirarsi è l’America: da Palazzo Koch, dove sta leggendo le sue Considerazioni finali, il governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio guarda oltre Atlantico ammirando la capacità dell’economia Usa di crescere tanto a lungo senza produrre inflazione e creando occupazione.

“Dal 1996 l’espansione del prodotto è divenuta più rapida, collocandosi in media sul 4,1%”, osserva il numero uno di Bankitalia; è cresciuta del 2,6% l’anno l’occupazione dipendente, il tasso di disoccupazione è sceso al 3,9%, il bilancio pubblico ha conseguito nel 1999 un avanzo di 0,5 punti, sono aumentati i salari in termini reali.

Gli Usa, insomma, hanno saputo coniugare, secondo Fazio, la Nuova e Vecchia Economia. D’altronde, dice, “la Nuova Economia non è altro che la riorganizzazione, attuata attraverso l’informazione e l’innovazione, dell’assetto produttivo operante”.

L’Europa, e con essa l’Italia, ha dunque un modello da cui trarre spunti. Il nostro Paese, poi, deve crescere anche a Piazza Affari, dove il rafforzamento della capitalizzazione di Borsa in rapporto al prodotto interno lordo (66% alla fine del 1999, con un 35% di crescita rispetto a due anni prima) è “riconducibile in larga misura al rialzo dei corsi azionari”. Fazio riconosce l’elevata efficienza del mercato italiano, ma osserva che “rimane limitato il numero delle società quotate”. Deve essere quindi incoraggiata l’espansione “rimuovendo i fattori che sono alla base della scarsa propensione a quotarsi”.

Il rafforzamento dell’economia di Eurolandia produrrà anche quello dell’euro, per il quale è essenziale invertire l’attuale tendenza al ribasso. Il numero uno di Bankitalia ha enumerato i rischi di una valuta debole.

Fra l’altro: “il deprezzamento della moneta comune ha sospinto la competitività dell’industria europea, ma si tratta di un impulso di breve durata. Il rapporto tra ricchezza finanziaria dell’area e quella nel resto del mondo risulta alterato a nostro sfavore: si è ridotto il valore relativo delle imprese europee”.