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Euro: comunque vada, le opportunità sono altrove

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Singapore – “Per l’eurozona questa sarà una delle settimane più importanti degli ultimi anni”. Ma in fondo, poco importa. Il baricentro economico globale sta cambiando. Le vere opportunità di lungo periodo sono altrove. Kelvin Tay, chief investment strategist per UBS Wealth Management Research a Singapore, ci spiega perché e dove investire.

“Questa settimana si prospetta come una delle più importanti degli ultimi anni. Gli occhi saranno tutti puntati verso l’eurozona, con l’incontro tra i leader europei nelle giornate di giovedì e venerdì, per un summit che alla fine si rivelerà essere o un successo o un fallimento. Gli ultimi giorni sembrano indicare che i leader europei sono ora più consapevoli di quale sia la posta in gioco, visto l’intensificarsi delle voci che parlavano di una rottura dell’eurozona nelle ultime settimane. La gara per la salvezza dell’euro è ancora in corso”.

Soluzioni estreme, tra cui l’introduzione di eurobond, la rottura dell’eurozona, o la monetizzazione del debito governativo attraverso la Banca centrale europea, hanno tutte un costo immenso e mancano ancora di consenso politico. E sull’eurozona un nuovo rischio: la Francia potrebbe perdere il rating AAA. Questa possibilità porterebbe la crisi dell’euro in tutt’altra dimensione”.

LA FRANCIA:

“Ad inizio anno avevamo parlato della possibilità di perdere il rating massimo nel lungo periodo. Ad agosto pensavamo che il downgrade potesse avvenire nel giro di 3-5 anni, anche a causa di un contagio dall’Italia. In aggiunta ai problemi fiscali ed economici collegati direttamente alla Francia, se la situazione economica dei paesi deboli dell’eurozona dovesse deteriorare, verrebbero duramente colpite anche le banche francesi“.

“Considerando l’esposizione ai bond governativi e ai prestiti verso i paesi del sud Europa, crediamo che questi istituti necessitino di capitali per €75 miliardi (3,7% del Pil) in caso le condizioni di finanziamento dovessero peggiorare. Se il governo dovesse coprire questa spesa, ecco che il rapporto debito/Pil potrebbe raggiungere il 96,6% nel 2012. Crediamo che l’annuncio di tale immissione di capitale porterebbe ad un downgrade immediato della Francia, almeno da una delle principali agenzie di rating”.

LE OPPORTUNITA’ SONO IN ASIA:

“Sin dalla crisi finanziaria globale del 2008, il ciclo economico mondiale ha registrato una biforcazione, con i mercati emergenti (guidati da Cina, India ed Indonesia) che hanno dovuto preoccuparsi di una crescita eccessiva, mentre i paesi G4 combattono ancora con scarsa crescita e l’ingente debito. Visti i problemi profondi e strutturali che i paesi G4 dovranno affrontare crediamo che, probabilmente per il prossimo decennio, ci sarà crescita anemica, principalmente negativa per l’eurozona“.

Per contro, la regione Asia (escluso il Giappone) rimane nel bel mezzo di una trasformazione storica. La forte crescita registrata dai paesi emergenti dell’area sin dalla crisi finanziaria asiatica di 14 anni fa, ha spostato il baricentro economico ed industriale globale, lontano dai paesi industrializzati, aumentando l’importanza dell’Asia nel commercio internazionale, oltre che intra-regionale”.

“La quota mondiale degli scambi commerciali dell’Asia è praticamente raddoppiata dal 1973, per raggiungere il 30%, con le esportazioni in crescita 3 volte tanto rispetto a quelle del resto del mondo nell’ultimo decennio. Il Pil dell’Asia dovrebbe aumentare da $16 trilioni nel 2010 a $148 trilioni entro il 2050, circa la metà del Pil mondiale, come la percentuale della popolazione che vive nell’area. Con Pil pro capite a $38.600, i redditi in Asia saranno simili a quelli europei”.

“Tutto questo, assumendo che le economie asiatiche possano mantenere il loro vantaggio competitivo e il ritmo di crescita per i prossimi 40 anni, adattandosi alle nuove condizioni economiche e alle sfide tecnologiche. Considerati i problemi del debito, fiscali e monetari, che continueranno ad interessare l’Europa, gli Stati Uniti, il Giappone e il Regno Unito, la crescita dell’Asia, nonostante sarà in qualche modo influenzata, sarà molto meno faticosa rispetto a quella dei G4”.

INVESTIMENTI:

Ecco perché il nostro portafoglio di investimento per i prossimi 5 anni deve essere indirizzato verso la regione Asia (escluso il Giappone), nell’azionario, nel mercato dei bond e nel valutario. A parte “distrazioni” di breve periodo, negli ultimi due anni il trend è stato un apprezzamento delle valute asiatiche, non solo contro il dollaro americano ma anche contro le altre principali divise. Sebbene ci siano dei timori, sul fatto che queste monete possano indebolirsi, visto che il calo della crescita nelle economie industrializzate riduce la domanda di beni da esportazione, è altamente improbabile che si assista a un forte deprezzamento. La maggior parte dei governi ha il debito sotto controllo e i bilanci sono in ordine, dunque il rischio di una crisi in questo senso è minima”.

AZIONARIO:

“Gli investimenti nella regione Asia (escluso il Giappone) hanno generalmente preferito l’azionario. Sebbene pensiamo che al momento le valutazioni siano attraenti, con un prezzo sul valore di libro (P/BV) a 1,6, rispetto a una media storica di 1,8, quello che succederà nell’eurozona continuerà in qualche modo ad influenzare anche questi titoli, e le valutazioni attraenti potrebbero essere ignorate”.

BOND:

“Gli investitori dovranno dunque guardare con maggiore attenzione anche verso i bond dell’Asia per migliorare il rapporto rischio/rendimento del proprio portafoglio. Con l’inflazione in Asia che ha ormai raggiunto i massimi, ora i governi dovrebbero iniziare a diminuire i tassi di interesse, e pertanto ci attendiamo un movimento lungo la curva alla ricerca di alternative a più alto rendimento. A livello globale, appena il 10% dei fondi investiti in bond sono allocati in Asia (escluso il Giappone), e il continuo aumento dell’interesse da parte di investitori europei e statunitensi dovrebbe continuare a supportare questo movimento nei prossimi 5 anni”.

VALUTARIO:

“Nel valutario, ci sono tante ragioni perché gli investitori prudenti abbandonino l’euro, tante quante per evitare il dollaro americano. Il mercato valutario nel 2011 è stato benevolo con gli investitori, perché ha fatto capire i pro e i contro delle due principali divise, senza favorirne alcuna. Il cambio è entrato in una zona particolare, in cui gli investitore erano contenti di poter vendere euro a 1,40, mentre i ribassi erano limitati a 1,30. Alla fine non vediamo alcun vincitore in questo processo. Una valuta perderà, l’altra perderà di più. Aumentano i rischi per l’euro e crediamo che, con la possibilità che vengano colpiti Stati Uniti e Giappone, il tutto dovrebbe pesare anche su dollaro e yen”.

“L’intenzione della Fed di mantenere i tassi di interesse ai livelli attuali, prossimi allo zero, per i prossimi due anni, probabilmente spingerà gli investitori alla ricerca di rendimenti maggiori attraverso l’utilizzo di altre valute. Anche i fondamentali per l’economia Usa rimangono deboli e pertanto il dollaro dovrebbe riflettere questa situazione nel medio periodo, fatta eccezione per periodi di avversione al rischio, che tendono a vedere un apprezzamento del biglietto verde, ironicamente, come ricerca di asset sicuri”.

“Si aggiunga a questo la decisione della Banca centrale del Giappone di intervenire per deprezzare lo yen, così come l’istituto centrale della Svizzera di fissare l’apprezzamento massimo acconsentito contro l’euro a CHF 1,20”.

“Le valute asiatiche dovranno pertanto continuare ad apprezzarsi nel corso del 2012. Così come l’oro, che continuerà a giocare un ruolo fondamentale nei portafogli degli investitori, come assicurazione (contro la possibilità di programmi quantitative easing QE nei paesi occidentali)”.