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ECCO PERCHE’ A NAPOLI FALLIREBBE ANCHE LA TOLLERANZA ZERO

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(WSI) –
«Naples? Zero tolerance? Oh noooo!». Il
professore Richard Rosenfeld allarga quanto
basta la “o” finale e poi continua: «La tolleranza
zero qui da voi è molto enfatizzata. In
ogni caso per Napoli non sarebbe sufficiente
e adesso le spiego perché». Prima della lezione,
però, le credenziali. Rosenfeld è un sociologo
esperto di criminologia. Insegna a St.
Luois all’università del Missouri e in questi
giorni è stato a Roma e Napoli per un ciclo di
conferenze, sponsorizzato dal dipartimento di
Stato americano, sulla diminuzione del crimine
a New York, Boston e Richmond.

E a Napoli appena ha scorto i cumuli di immondizia
come elemento base
dell’arredo urbano ha fatalmente
capito che la tolleranza
zero applicata al regno della
camorra e della criminalità comune
sarebbe destinata a fallire:
«La tolleranza zero è fatta
di tanti piccoli dettagli. Nelle
zone dove c’è il degrado il poliziotto
comincia a essere attento
a tutto: a chi orina negli
angoli, agli ubriachi che fanno chiasso, persino
alle finestre rotte. Questo perché bisogna ristabilire
le più elementari condizioni di ordine.A
Napoli, quindi, il modello che fu creato da Rudolph
Giuliani per New York non tollererebbe
tutta la spazzatura che ho visto.

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Considerato
però che il business dell’immondizia è gestito
dalla camorra non mi sembra un problema di
facile risoluzione». E qui si arriva a un’altra
condizione, meno visibile, ma ugualmente importante:
«A New York la mafia non gestisce
il crimine di strada. I suoi affari volano alto.Di
conseguenza la lotta ai furti, agli scippi, alla
prostituzione è più efficace.A Napoli, invece,
la presenza del crimine organizzato
si sente anche per
strada, basta vedere il numero
degli omicidi».
Risultato: la tolleranza zero
per la camorra vale meno di
zero. Continua il criminologo
americano: «La camorra occupa
un vuoto di potere.Manca
la fiducia nelle istituzioni. Le
faccio un esempio pratico. Nei
nostri programmi, il poliziotto instaura un rapporto
quotidiano con i commercianti, con gli insegnanti,
con tutti quelli che operano in una comunità.

Se questo non accade, è naturale che ci
si rivolga ad altri per ottenere protezione». Poi
non bisogna dimenticare il degrado sociale:
«La povertà alimenta il crimine, così come la
disoccupazione di lungo periodo. Accanto ai
programmi di sicurezza, dovrebbe esserci
un’offerta forte di servizi e di lavoro».
L’ultima domanda è su una particolare misura
adottata a Boston, dove i capi delle babygang
sono stati convocati dalle istituzioni per un
avvertimento: d’ora in poi chi spara finisce davanti
alla Corte federal con l’intera banda. Così
nel giro di due anni i reati commessi da ragazzi
con la pistola in pugno sono scesi a zero. In teoria,
allora, si potrebbe trattare anche con i capoclan?

Risposta: «No, è un caso specifico che riguarda
solo le babygang. La camorra è un
problema complesso che esige misure strutturali
di sicurezza e di economia.A cominciare
dalla spazzatura. Che peccato, Napoli è così
bella. Ma è possibile che non si accorgano
delle potenzialità che hanno?»

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