Società

ECCO L’ITALIA CHE RESISTE ALLA CRISI INTERNAZIONALE

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – I prodotti di lusso dell’italian style e quelli della tecnologia resistono alla crisi dei mercati internazionali e, nella prima parte dell’anno, consolidano il ruolo di portabandiera del made in Italy. La marcia, ancora a doppia cifra, del variegato settore meccanico è accompagnata dai progressi significativi nel tessile-abbigliamento, nell’occhialeria, nelle calzature, nell’arredamento, nella nautica di lusso.

Tutti settori cosiddetti maturi e sotto attacco dei cinesi, ma che oramai costituiscono, a partire dal meccanico, quasi una sorta di polizza assicurativa per il sistema Italia. E il cui dinamismo si ritrova, in fotocopia, nelle brillanti performance dei primi 20 distretti produttivi: l’export è cresciuto tra il 10 e il 37 per cento. Le punte di diamante del made in Italy sfondano, in particolare, nell’area Opec e in Russia, i nostri maggiori fornitori di energia.

Ma come conciliare l’eccesso di pessimismo sulla nostra competitività e le performance delle imprese che esportano con successo? «Si tende a estendere – sostiene Marco Fortis, vice presidente della Fondazione Edison – alle imprese che competono con successo sui mercati il giudizio di un sistema-Paese indebolito da sacche di improduttività, burocrazia e sommerso. Negli ultimi quattro anni il nostro export è cresciuto di oltre il 30%. Il problema, semmai, sta nella domanda interna che rimane stagnante».

«Piangersi addosso è inutile – interviene Paolo Vitelli, titolare della multinazionale della nautica Azimut-Benetti – meglio essere propositivi. Quest’anno aumenteremo fatturato e ordini del 10% e non perché offriamo soltanto yacht di design, ma anche tecnologia, innovazione e servizio. E le cose andrebbero anche meglio se solo il sistema Italia fosse meno burocratizzato e se gli aiuti alle imprese fossero proporzionali al valore aggiunto prodotto».

Se nel 2007 le cosiddette “quattro A” del made in Italy (abbigliamento, alimentare, arredamento e automazione meccanica) hanno realizzato un surplus commerciale record di 113 miliardi di euro, nei primi cinque mesi del 2008 soltanto meccanica, sistema moda e arredamento hanno realizzato un saldo positivo di oltre 30 miliardi. E con la meccanica che ha aumentato l’export di circa l’11%. Giugno (-1,8% la produzione) e luglio però dovrebbero risultare i mesi meno favorevoli, ma in giugno nei Paesi extra Ue il nostro export ha sostanzialmente tenuto le posizioni. E al momento non ci sono motivi per essere troppo pessimisti: per esempio, il portafoglio ordini nella meccanica dà segni di buona tenuta. Nelle macchine utensili-robotica molte aziende hanno ordini che coprono tutto l’anno.

Nel 2006 l’indice Tpi di Unctad-Wto ha assegnato all’industria italiana lo scettro del commercio mondiale nei settori del tessile-abbigliamento e delle calzature e la posizione d’onore nella meccanica (dietro la locomotiva Germania) nei manufatti di base e nei prodotti diversi.

«L’export italiano nel 2007 – aggiunge Fortis – ha poi fatto meglio: infatti la quota del commercio internazionale è salita dal 3,5% al 3,6. È quindi verosimile che il buon posizionamento competitivo dell’Italia sarà confermato. In particolare, l’anno scorso, l’Italia ha nettamente rafforzato la sua posizione in Europa con il secondo miglior surplus commerciale, 56 miliardi, nei manufatti non alimentari alle spalle della Germania». Seguono (vedi la tabella a destra) l’Irlanda, il cui surplus commerciale è però influenzato dalle delocalizzazioni produttive delle multinazionali del chimico-farmaceutico; mentre l’Olanda beneficia dell’effetto Rotterdam: in virtù degli accordi commerciali, le merci cinesi in transito nei porti vengono assimilate a esportazioni. Altri grandi Paesi europei nel 2007 hanno invece avuto nei manufatti non alimentari passivi giganteschi: Francia (-15,2 miliardi), Spagna (-58,7)e Regno Unito (-89,5).

Anche per i nostri settori di punta, in particolare per il sistema moda e l’arredo-casa, c’è qualche problema. Dal 2001 il fashion ha perso 7 miliardi di saldo e l’arredo-casa un miliardo. Soffrono le produzioni meno pregiate del tessile-abbigliamento ma tengono i prodotti di qualità e le griffe: infatti dal 2007 il surplus commerciale è tornato a crescere. Anche il calzaturiero sembra aver superato il peggio. E così l’arredo-casa, all’interno del quale però è in piena evoluzione la grave crisi drammatica del distretto pugliese del salotto.

Copyright © Il Sole 24 Ore. Riproduzione vietata. All rights reserved

parla di questo articolo nel Forum di WSI