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«E ADESSO GIOCATE A TUTTO CAMPO»

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(WSI) –
Una doccia fredda che ha ridato tonicità ai prezzi surriscaldati. Michele Gambera, capo economista di Ibbotson Associates, la casa di consulenza americana oggi controllata da Morningstar, è convinto che l’acquazzone di agosto non sia venuto per nuocere. Il suo ufficio studi, famoso per le analisi di lungo periodo sugli strumenti finanziari, ha fatto qualche ragionamento in merito ai rimbalzi che seguono le grandi crisi. E sulle possibilità di limitare i danni con un portafoglio ben diversificato.

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La storia insegna che dopo le bufere c’è sempre da guadagnare?
«E’ difficile generalizzare. Ed è anche difficile dire se è davvero finita la fase peggiore, visto che la volatilità è tornata a fare da padrona sui mercati. Ma l’evidenza empirica del rimbalzo si è vista in tante occasioni. Un anno dopo il disastro del 1987, quando le Borse bruciarono il 20% nel mese di ottobre, ci fu un recupero di oltre il 14%. E dopo la crisi del 1998, quando crollarono i mercati asiatici e scoppiò l’hedge fund Ltcm, la risalita fu addirittura nell’ordine del 40%».

E oggi?
«Al momento l’entità delle perdite azionarie è limitata rispetto a questi due esempi. Nelle prime due settimane di agosto l’S&P 500 ha perso “solo” il 3,19%. Esaminando le sorti dei principali asset si può comunque vedere che prima di Ferragosto, durante quello che per ora è stato l’apice della crisi, avrebbe perso moltissimo, oltre l’8%, chi aveva puntato sui mercati emergenti. Mentre con i bond governativi americani si sarebbe addirittura portato a casa un risultato positivo dello 0,63%. L’ennesima dimostrazione che diversificare in modo intelligente paga».

Perché, a vostro giudizio, non è il caso di diventare pessimisti?
«Perché le condizioni dell’economia mondiale non sono mutate rispetto a qualche mese fa. E i numeri ci dicono che il motore è acceso: c’è crescita nei Paesi Emergenti, la disoccupazione in Europa è bassa, la produttività del settore manufatturiero è piuttosto alta. Negli Stati Uniti sono in crisi vera solo il settore delle costruzioni e quello delle automobili.»

Quali sono le analogie tra questa crisi e quelle viste nel più recente passato?
«L’espansione dei prezzi e l’incapacità di dare il giusto valore al rischio. Già nel 2005 Alan Greenspan diceva che la storia non è mai benevola con i periodi in cui sparisce la capacità di dare al rischio il giusto valore di mercato. E’ successo anche stavolta».

Il disastro viene da un settore particolare. quello dei mutui, che però ha gravi effetti sui bilanci delle famiglie americane…
«Sì. Questa volta l’occhio del ciclone è nei titoli obbligazionari che vengono dalla cartolarizzazione dei mutui, sempre più esosi e sempre più alti, che le famiglie americane hanno stipulato in questi anni. Titoli che troppo agevolmente sono stati classificati come sicuri e che invece non lo erano affatto. In questo senso non è accaduto nulla di diverso da quel che si è già visto altre volte: il mercato ha riprezzato il rischio che per un certo periodo non era più stato in grado di vedere».

Le carte si sono rimescolate per tutti gli asset?
«Certo. I mercati sono alla ricerca di nuovi equilibri. Per esempio sono tornate a livelli ben più razionali le distanze di rendimento tra le obbligazioni ad alto rischio e i titoli governativi americani. Tra i rispettivi indici Lehman in dollari oggi c’è un differenziale di oltre 4 punti percentuali, contro i 2 e un quarto che si vedevano prima della crisi. Troppo pochi».

Un consiglio per i risparmiatori?
«Diversificare. Può sembrare banale, ma non lo è. Chi aveva un portafoglio razionale e ben distribuito non ha sofferto più di tanto. E oggi può fare nuove scelte di fronte a prezzi più bassi e in un contesto dove il rischio ha di nuovo valore. Ora è sempre impossibile dire quale delle asset class contenute in un patrimonio farà meglio delle altre nei mesi successivi. Ma essere sempre pronti a parare i colpi del destino con un mix adatto agli obiettivi della famiglia è una strategia che paga sempre».

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