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Due anni fa l’esplosione della crisi finanziaria: siamo già al bis?

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(WSI) – Ci stiamo avvicinando al secondo anniversario dell’inizio della crisi finanziaria, poi andata a ripercuotersi sull’economia reale, e la situazione sembra, dopo un presunto miglioramento, poter tornare a farsi sentire. Il grado di sfiducia delle imprese è a livelli alti, questo è dimostrato dal fatto che le assunzioni tardano ad arrivare e con esse dei veri propri segnali di forte ripresa globale.

La sfiducia si sta trasferendo anche al settore bancario, soprattutto nella zona euro, dove ieri abbiamo assistito ad un aumento di Euribor a 3 mesi e dell’eur libor, testimonianza del fatto che quando degli istituti si trovano a doversi prestare denaro, effettivamente hanno paura che la controparte abbia in pancia chissà quali titoli tossici.

A questo dobbiamo aggiungere la crisi del debito europeo, che con i suoi effetti negativi sulla fiducia dei consumatori, aumenta il rischio di una nuova recessione. L’agenzia di rating Fitch, nel suo Global Economic Outlook mantiene infatti la convinzione che la ripresa globale permane, anche se a un ritmo disomogeneo a seconda di Paesi e regioni (uno dei problemi che i Grandi del G20 hanno detto di voler risolvere).

Cominciano a parlare anche delle personalità di spicco, quali Greenspan. L’ex governatore della Fed ha dichiarato qualche giorno fa al Wall Street Journal la sua preoccupazione circa le sorti del deficit di bilancio e circa l’urgenza, che si palesa ogni giorno sempre in misura maggiore, di doverlo andare a contenere.

Il predecessore di Bernanke ha paragonato l’America alla Grecia, sostenendo che la capacità degli Usa di raccogliere capitali ricorrendo ai mercati, potrebbe anche non essere così alta come si pensa. Un sentore che ci deve far alzare le antenne è il fatto che l’inflazione tarda ad arrivare ed i tassi di interesse a lungo termine, che sono rimasti contenuti.

Quello che serve davvero adesso, sono delle riforme radicali nelle politiche fiscali adottate, e questo, vista la gravità e la diffusione della crisi del debito, non è detto che non avvenga, o meglio, non è detto che non si pongano le basi per un tentativo di risposta seria al problema.

A tutto questo aggiungiamo anche dei dati Usa che hanno ricominciato a mostrare flessioni preoccupanti, con gli ultimi Pending Home sales a -30% sul mese e -15.6% sull’anno e con l’ISM manifatturiero rilasciato peggiore sia del precedente che delle aspettative (56.2 vs cons 59.0). I jobless si sono mantenuti intorno alle aspettative (460k vs cons 457k) ed oggi arrivano i tanto attesi Non Farm Payrolls e tassi di disoccupazione, attesi entrambi in peggioramento con -110.000 unità per i primi (contro le +431.000 precedenti) e con un peggioramento di un decimo di punto percentuale per il secondo, a 9.8%.

Il tasso di disoccupazione verrà rilasciato anche qui in Europa, alle 11 ora italiana, e qui non sono previsti né miglioramenti, né peggioramenti, con un 10.1% stimato dagli analisti.

UsdJpy – Grafico giornaliero

L’unica notizia che attualmente sembra buona in questo quadro è riconducibile al miglioramento delle stime di crescita globale per il 2010 che sono state riviste al 3.1% dal 2.8%, grazie al migliore andamento di Brasile, Russia,India e Cina.

Cominciamo la consueta analisi tecnica con una sorpresa, in quanto di certo non ci aspettavamo di dover registrare una salita così ampia dell’euro addirittura il giorno prima dei dati così importanti provenienti dal mercato del lavoro.

Non pensavamo infatti che la resistenza di 1.2460, indicata più volte, potesse essere oltrepassata con così grande facilità proiettando di fatto la moneta unica verso la resistenza di 1.2670. Sono due per la giornata di oggi i livelli da utilizzare come supporti ad un’eventuale correzione alla ripresa della salita degli ultimi tre giorni: abbiamo infatti 1.2460 e 1.24 figura.

Per cancellare invece definitivamente la tendenza a favore dell’euro i prezzi dovrebbero scendere al di sotto di 1.2250, area suggerita dalla trendline confermata ieri ed il giorno prima da minimi crescenti.

La debolezza del dollaro di ieri ha permesso allo yen di raggiungere, nonché oltrepassare, il livello di supporto a 88.20, che in molti speravano potesse diventare un perfetto triplo minimo su un grafico giornaliero. I prezzi lo hanno invece superato di più di una figura puntando diritto all’ultimo livello di supporto a 84.90.

Attenzione ancora al livello di 88.20 perché non è riuscito a contenere la discesa del cambio ma nella notte si è dimostrato un perfetto livello di pullback e la conferma giornaliera ci renderebbe ottimisti sul raggiungimento del livello di supporto sopra indicato a 84.90.

Il cambio EurJpy ha seguito la risalita dell’euro levandosi d’impaccio dal supporto di 107.50 e 108 figura. Come suggerito i giorni scorsi comunque una ripresa definitiva dei prezzi potrà avvenire solamente con una ripresa stabile al di sopra di 113.50, livello piuttosto lontano dai prezzi attuali.

Il cable continua a seguire la tendenza di ripresa mostrata dal minimo relativo di 1.4240. Stiamo parlando di un recupero di quasi 10 figure in un mese e mezzo di scambi: l’idea ora è che questa tendenza possa arrestarsi presso la forte area di resistenza di 1.55, livello massimo raggiungo dal cambio negli ultimi 5 mesi. È equidistante dai prezzi attuali, rispetto all’obiettivo, il primo livello importante di supporto, stiamo infatti parlando di 1.4880.

La ripresa di 200 punti da ieri mattina sul cambio GbpJpy rischia di cancellare in una giornata la tendenza ribassista iniziata solamente qualche ora prima. Così come per la discesa era stato importante il livello suggerito dalla trendline iniziata il 20 di maggio a 126.90 (che aveva suggerito un breakout a 133.90), anche per un livello di resistenza utilizziamo la medesima tendenza: questa indica oggi un livello a 134.50.

Difficile sapere ora se il minimo visto ieri a 1.3075 sia stato effettivamente “il minimo”. Di certo non è risultato molto lontano dalle proiezioni ipotizzate per un raggiungimento di 1.30.

Ciò che stupisce maggiormente è la volatilità con cui si muove il cambio, 300 punti di range ieri, caratteristica non comune ed ovviamente importata dal particolare momento di incertezza in cui versa l’economia globale. Se i prezzi dovessero oltrepassare il massimo visto ieri a 1.34 figura potremmo avere un primo segnale distensivo che solamente una ripresa al di sopra di 1.3750 potrà confermare come inizio di “qualcosa”.

Terminiamo con il cambio UsdChf che, dopo una correzione di 11 figure in un mese esatto, si trova all’ultimo livello di supporto prima della definitiva discesa verso al parità (o almeno così suggerisce Fibonacci che su questo cambio negli ultimi mesi ha sempre fornito spunti giornalieri particolarmente precisi). Stiamo parlando di un ultimo supporto proprio a 1.06 figura, che rappresenta il 61.8% di ritracciamento del movimento ascendente compreso fra 0.9920 e 1.1730.

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