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Draghi: rigore conti pubblici non basta, si rilanci la crescita

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Non bastano le scelte di rigore per aggiustare i conti pubblici, bisogna agire per rilanciare la crescita economica. È il messaggio lanciato dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, nelle Considerazioni finali all’assemblea annuale.

“Nell’Unione monetaria – ha detto Draghi – stagnazione, disoccupazione e, alla lunga, tensioni nel bilancio pubblico sono l’inevitabile conseguenza della perdita di competitività. La correzione dei conti pubblici va accompagnata con il rilancio della crescita”.

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Per l’Italia in particolare, che in passato ha affrontato e superato grandi ostacoli, ha aggiunto il governatore, “anche la sfida di oggi, coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita, si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare, equità, desiderio di sapere, solidarietà. Consapevoli – ha affermato – delle debolezze da superare, delle forze, ragguardevoli, che abbiamo, affrontiamola”.

Insomma, la crisi economica “rende più urgenti” le riforme strutturali. “In molte altre occasioni – ha detto Draghi – abbiamo affrontato il tema delle riforme strutturali. La crisi le rende più urgenti: la caduta del prodotto accresce l’onere per il finanziamento dell’amministrazione pubblica, i costi dell’evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili, la stagnazione distrugge capitale umano, soprattutto tra i giovani”.

Riguardo alla corruzione, questa si diffonde nella pubblica amministrazione, favorita a volte dalle mafie. “Relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche in alcuni casi favorite dalla criminalità organizzata, sono diffuse”.

“Le periodiche graduatorie internazionali – ha spiegato il governatore – collocano l’Italia in una posizione sempre più arretrata. Studi empirici mostrano che la corruzione frena lo sviluppo economico”. In questo momento di crisi poi, “i costi dell’evasione fiscale e della corruzione divengono ancora più insopportabili”.

Ancora, riguardo all’Italia, è necessario prolungare la vita lavorativa e completare, anche in questo modo, il processo di riforma del sistema pensionistico.

Il governatore è tornato così a sottolineare l’importanza di andare in pensione più tardi e completare il processo di riforma con misure volte a uniformare gradualmente le età di pensionamento e a una maggiore flessibilità.

“Nell’ultimo trentennio, a fronte di un aumento della speranza di vita dei sessantenni italiani di oltre cinque anni, si stima che l’età media effettiva di pensionamento nel settore privato sia salita di circa due anni, attorno a 61. Occorre prolungare la vita lavorativa, anche per garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. I paesi europei ad alto tasso di occupazione nella fascia 55-64 anni sono anche quelli con la maggiore occupazione giovanile”.

Nel 2009 il Governo ha compiuto “un passo importante collegando in via automatica, dal 2015, l’età minima di pensionamento alla variazione della speranza di vita; il regolamento in via di definizione dà concreta attuazione al provvedimento. Nella stessa direzione – ha osservato- muovono gli interventi sulle cosiddette finestre e sulla normativa per le donne nel pubblico impiego. L’Inps ha avviato iniziative per meglio informare i lavoratori circa la propria ricchezza previdenziale”.

Per il governatore il processo di riforma del sistema pensionistico “potrà essere completato con misure volte a uniformare gradualmente le età di pensionamento dei diversi gruppi di lavoratori, rendere più tempestivi gli aggiustamenti dei coefficienti del regime contributivo, offrire maggiori flessibilità nel pensionamento”.