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Draghi, l’Economist si ricrede: ha lavorato bene

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Lo scorso aprile l’Economist aveva dedicato uno dei suoi articoli di commento a Mario Draghi, intitolandolo: “Ci si aspetta troppo da lui”. Nelle conclusioni veniva citato Machiavelli per affermare che quelli “scelti da Dio per la redenzione dell’Italia” sono stati spesso “cacciati dalla fortuna”. Il giornale britannico affermava dunque: “Chi cerca la salvezza oggi potrebbe finire altrettanto deluso”.

Draghi, l’Economist ha cambiato idea

Circa sei mesi dopo il bilancio del lavoro di Draghi in Italia è stato promosso in un nuovo articolo (“The Mario Magic”) in cui l’Economist riassume una lunga serie di successi, alcuni dei quali puramente politico-economici, come il miglioramento dell’outlook sul debito italiano deciso dall’agenzia di rating S&P.

“L’Italia… ha provato la nuova esperienza di essere governata da un primo ministro rispettato a livello internazionale, Mario Draghi, con un’enorme maggioranza parlamentare che gli permette di trasformare rapidamente i suoi progetti in legge”, ha scritto l’Economist lo scorso 2 novembre, “sostenuta da un’efficace campagna di vaccinazione, l’economia è in forte ripresa. Il 28 ottobre Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, ha previsto una crescita economica quest’anno ‘probabilmente ben oltre il 6%’, anche se pochi si aspettano che il Pil dell’Italia ritrovi il suo livello pre-pandemico entro 2022”.

Il problema di Draghi, per così dire, è che non avrà molto altro tempo a disposizione per proseguire il suo lavoro. “Si sa che vuole la presidenza [della Repubblica], che diventa vacante a febbraio, e se venisse scelto dovrebbe dimettersi da primo ministro”, ha scritto la rivista, “e anche se non diventasse capo dello Stato, è improbabile che rimanga al governo dopo le elezioni politiche che devono essere tenute entro la primavera del 2023”.

Stando ai sondaggi attuali, a trainare la nuova maggioranza sarebbero la Lega e Fratelli d’Italia,
Ciononostante, “gli uomini vicini a Draghi sostengono che la sua partenza non dovrebbe portare a una rottura radicale”, ha affermato l’Economist, “il suo governo ha stabilito meccanismi burocratici per dirigere e controllare il flusso di denaro del Recovery che, si spera, gli sopravvivranno. E i governi futuri saranno altrettanto vincolati dalle scadenze che la Commissione europea impone e non vorranno perdere il flusso di denaro da Bruxelles non rispettandole”.