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Dopo la Catalogna il Veneto? Ecco tutti gli indipendentisti d’Europa

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L’Europa delle regioni, come l’ha chiamata il chief economist di Citigroup Willem Buiter, sta facendo il suo grande ritorno. Sotto il nome dell’Europa dei popoli, molte altre regioni oltre alla Catalogna racchiudono al proprio interno movimenti indipendentisti di grande rilievo. Alcuni dei più forti si trovano proprio in Italia; senza dimenticare, però, il separatismo basco (Spagna), quello scozzese (Regno Unito) e quello che vorrebbe separare le fiandre dalla vallonia (Belgio).

Confortati dal senso di protezione di un’Europa nella quale da tempo non marciano più gli eserciti, rassicurati dall’aspettativa che comunque verrebbe garantita, prima o dopo, la possibilità di restare in ambito comunitario, i movimenti indipendentisti rivendicano il diritto all’autodeterminazione sfidando le unità nazionali e i confini tradizionali. In Europa le identità locali non mancano, ma in alcuni casi la loro storia è particolarmente diversa da quella allargata della comunità nazionale. Ecco alcuni dei casi più interessanti sparsi per l’Europa.

  • L’Alto Adige

Nelle scorse elezioni provinciali dell’Alto Adige, nel 2013, le tre formazioni apertamente indipendentiste o secessioniste hanno raccolto oltre il 27% dei voti: i promotori di questi movimenti promuovono la costituzione di uno stato libero o l’annessione alla “madrepatria” Austria. Il territorio altoatesino è stato annesso all’Italia in seguito alla Prima guerra mondiale e, in particolare durante gli anni del fascismo, italianizzato a colpi d’immigrazione pilotata dal regime. Solo un quarto circa dei sudtirolesi parla italiano come prima lingua e le scuole impartiscono le lezioni, a seconda dell’istituto, o in italiano o in tedesco. Non esistono scuole bilingue e l’italiano viene insegnato alla stregua di una “lingua straniera” obbligatoria negli istituti tedeschi. I movimenti indipendentisti invocano un referendum sull’indipendenza, incostituzionale secondo l’ordinamento italiano.

  • Veneto e Lombardia

Come l’Alto Adige, anche Veneto e Lombardia facevano parte dell’impero Austro-Ungarico, sebbene “liberate” molti anni prima e, soprattutto avendo in comune con il resto della penisola un idioma italico. Oggetto al momento di una campagna indipendentista promossa da un referendum sostenuto dalla Lega, le motivazioni di queste due regioni sembrano affondare le proprie radici nell’economia, essendo fra le regioni più produttive d’Italia. In questo caso non è la secessione ad essere oggetto del referendum consultivo, previsto per il 22 ottobre, bensì l’autonomia già riconosciuta ad altre regioni come la Valle d’Aosta o la Sicilia.

  • I Paesi Baschi

Il riconoscimento dell’indipendenza basca è stata per lungo tempo oggetto di una lotta violenta da parte dei terroristi dell’Eta. Sebbene quest’ultima sia di fatto disciolta i movimenti indipendentisti non sono scomparsi e guardano con molta attenzione i fatti in corso in Catalogna.

  • Il Belgio

Il Belgio è un Paese la cui unità nazionale, rappresentata dalla corona, non è mai stata culturalmente forte. I confini, al loro interno vedono tre differenti aree linguistiche: a Sud una di lingua francese, la Vallonia, a Nord una di lingua olandese, le Fiandre e, infine, una terza di lingua tedesca, il Cantone Orientale (annesso in seguito alla Prima Guerra Mondiale). In ciascuna parte del Belgio esistono spinte separatiste. In particole sono le Fiandre a perorare la causa della secessione: il maggiore partito dell’area ha manifestato aperto supporto all’indipendentismo catalano.

  • La Scozia

In Scozia la causa dell’indipendentismo è già stata materie di grande risalto nel 2014, quando un referendum sulla secessione da Regno Unito mancò l’obiettivo con un margine piuttosto risicato. Dopo la Brexit, la Scozia, prevalentemente a favore della permanenza nell’Ue ha rinvigorito le sue posizioni indipendentiste.