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Dollaro svalutato, un rischio per i “Piigs”, Italia in testa

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(WSI) – Una sorta di tempesta perfetta si sta formando al largo dell´Europa e c´è qualche probabilità che arrivi da queste parti all´inizio della primavera, come le rondini. Gli esperti dicono che potrebbe essere una tempesta complicata da affrontare. Ma è ancora presto per fare questi ragionamenti.
Il luogo in cui sta maturando sono gli uffici della Federal Reserve a Washington, la banca centrale degli Stati Uniti. Come si sa, i vertici della Fed hanno deciso che nei prossimi mesi rovesceranno sul mercato qualcosa come 600 miliardi di dollari. Nel senso che con questi soldi compreranno titoli e titolacci che oggi ingombrano il mercato. In realtà, l´operazione è l´ultima arma nelle mani dell´America per dare una spinta alla sua economia. Insomma, benzina per il motore dell´economia più grande del mondo.

E che ci sia bisogno di questo nuovo carburante è chiaro a tutti. Oggi l´America conta 14 milioni di disoccupati ufficiali e altri 5-6 non dichiarati (gente scoraggiata che sta ai bordi del mercato, e che si nasconde). Poiché oggi il sistema Usa crea circa 100-150 mila posti al mese, è evidente che per riassorbire quei disoccupati ci vorrebbero, alla velocità attuale, più di dieci anni. Solo che in America nessuno ha tutto questo tempo. Non il presidente Obama che nel 2012 deve affrontare la campagna elettorale per la rielezione. E ancora meno quelli che oggi sono senza paga.

Da qui l´idea dell´iniezione di una dose molto massiccia di nuovo carburante. Ma da dove verranno questi 600 miliardi di dollari? Molto semplice: dai torchi della stessa Federal Reserve, che provvederanno a stampare questi biglietti verdi nuovi di zecca. Questi soldi finiranno alle banche che, in cambio, cederanno titoli alla stessa Fed. Ma la cosa importante non è questa.

La questione-chiave (che poi è anche l´origine della tempesta in arrivo) è che se si stampano tanti dollari, alla fine il valore del dollaro scende. Ma se il dollaro si deprezza, le esportazioni americane sono favorite mentre le importazioni dall´estero conoscono più difficoltà. Con questa mossa, cioè, l´America cerca di procurarsi un vantaggio competitivo per esportare di più e per far lavorare di più le proprie aziende (che dovrebbero finalmente assumere con più velocità). D´altra parte, l´ha appena detto anche il presidente Obama che bisogna puntare sulle esportazioni.

E fin qui siamo abbastanza nella norma. Quando un´economia ristagna, se può, svaluta un po´ la moneta e cerca di andare in giro per il mondo a vendere. Solo che, come dice la vecchia battuta («il dollaro è una risorsa per l´America, ma un problema per gli altri»), questa faccenda rischia di creare grossi guai all´Europa. E non tanto nel senso che da qui sarà più difficile esportare (anche se sarà proprio così), ma proprio perché il dollaro svalutato rischia di creare grossi guai all´euro. La Germania e i paesi che le ruotano intorno (compreso il nostro Nord) probabilmente soffriranno un po´, ma non tanto. Guadagneranno un po´ meno e dovranno fare un po´ di sconti, ma niente di più. La Germania ormai è molto internazionalizzata (la Bmw produce sia in Germania che in America, e così via), e quindi se la caverà.

Chi si troverà nei guai saranno gli eterni paesi deboli (Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda, Grecia), dove gli scossoni euro-dollaro possono provocare una nuova tempesta identica a quella che abbiamo vissuto qualche mese fa e dalla quale siamo usciti per il rotto della cuffia e che ha rischiato di far saltare l´euro. D´altra parte, è già qualche settimana che il mercato dei bond di questi paesi conosce alti e bassi inconsueti.

In sostanza, la svalutazione del dollaro approfondirà ancora di più il solco fra un´Europa (Germania e satelliti) che corre come il vento e un´Europa che sta sull´orlo di una nuova recessione. L´Italia, al di là delle dichiarazioni ufficiali, sta metà di là e metà di qua.

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