Società

DOLLARO, FIATO CORTO DEL TREND RIALZISTA

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*Irwin Kellner e’ chief economist di MarketWatch. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Il rialzo del dollaro, il primo dopo settimane di cali, non e’ altro che un fuoco di paglia. Quando si tratta di valute, azioni, obbligazioni o qualunque altro asset finanziario, niente si muove in una direzione precisa. Ci sono sempre alti e bassi, qualunque sia l’andamento del trend.

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Detto questo e sebbene sia stato positivo vedere il martoriato biglietto verde tentare di rimbalzare, non credo che si tratti di nulla piu’ che di una timida reazione che avra’ il fiato corto nel contesto di un trend ribassista a senso unico. Molti sono certi che assisteremo ad una svolta, ad una reazione. Le loro ipotesi si basano su diversi fattori che giocano in favore della valuta americana.

Tra questi i commenti del ministro russo durante la riunione dei capi delle Finanze del G8. Dopo aver ripetuto per settimane che avrebbe alleggerito la posizione negli asset espressi in dollari e dopo aver suggerito che il dollaro dovrebbe essere rimpiazzato da un basket di valute (tra cui il rublio), la Russia sembra aver cambiato completamente idea e ha dichiarato che continuera’ a tenere dollari in portafoglio.

Notizie confortanti sono giunte anche dalla Cina, che detiene ingenti quantita’ di dollari. Pertanto e’ ovviamente nell’interesse della Cina che il biglietto verde si riscatti, in modo tale che il valore degli asset di sua proprieta’ cresca. Non dimentichiamoci che la Cina (insieme al Giappne e ad altri Paesi) e’ un grande esportatore di petrolio. Un dollaro piu’ forte auimenterebbe il potere d’acquisto di greggio e di qualsiai altra materia prima che si viene misurata in dollari. Ma ci sono due fattori che cozzano con questi discorsi ottimisti. Il primo e’ che con un dollaro piu’ forte sara’ di conseguenza anche piu’ difficile uscire dalla fase di recessione. Infatti le esportazioni dagli Stati Uniti costano di piu’ ai possessori di monete straniere, pertanto questi ultimi tendenranno a rivolgersi a societa’ meno cari.

La combinazione del rallentamento delle esportazioni e dell’incremento delle importazioni puo’ sferrare un uno due tremendo al settore manifatturiero americano, finendo per indebolire uno dei pilastri della crescita economica. E sa da un lato e’ indubbio che un dollaro forte tiene a freno l’inflazione, al momento non e’ una delle preoccupazioni principali di chi si occupa di politica monetaria (anche se a mio parere dovrebbe esserlo). Detto questo, il consiglio che do’ a Washington non e’ affatto quello di indebolire deliberatamente il bigliettto verde, nel tentativo di uscire dalla crisi. Lo sappiamo tutti che il governo e’ sempre a favore di un dollaro forte, lo ha sempre fatto e sempre lo fara’.

Tuttavia e’ difficile immaginare che Washington voglia cosi’ tanto che il dollaro si rafforzi, da arrivare a cambiare la politica monetaria su misura.
La Federal Reserve continua a immettere dollari sul mercato ad un ritmo sostenuto, nel tentativo di stimolare l’economia. La carta liquida in circolazione e’ in rialzo dell’11% rispetto all’anno scorso, mentre la base monetaria e’ aumentata del 110%, mentre le riserve bancarie sono in rialzo di un impressionante 903% rispetto ad un anno fa. Con tutto questo denaro in circolazione, il dollaro non puo’ che prendere una strada: quella del ribasso. E’ un rapporto semplice e lineare, come quello tra domanda e offerta.