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DEBITI FININVEST IN BALLOTTAGGIO

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Alle società normali non succede. Ma la Fininvest non lo è e non lo è mai stata. Così, quando negli uffici delle banche principali italiane sono circolate le richieste della holding che detiene il portafoglio azionario della famiglia Berlusconi il tam-tam è stato immediato, da Milano a Roma e ritorno.

In termini finanziari, l’operazione è abbastanza standard: Fininvest che ha una posizione finanziaria netta per circa 1,2 miliardi di euro, ha sondato diverse banche per rinegoziare alcune linee di credito per 500 milioni. In pratica, ha chiesto finanziamenti per pagare debiti in scadenza e guadagnare dal fatto che il nuovo prestito le viene concesso a condizioni migliori del precedente (tassi d’interesse più bassi e scadenze più lunghe).

Quando si tratta di prestare i soldi a Berlusconi la solidità non è in discussione, ma l’opportunità sì. Mediobanca, che negli anni ha dimostrato di non temere alcun apparentamento, è stata lesta a concedere 300 milioni, d’altronde i rapporti con Mediolanum (al 35% partecipato dalla Fininvest) sono ottimi, tanto da gestire una joint venture (Banca Esperia) in comune. Se non bastasse, Ennio Doris, socio storico di Berlusconi, è pure membro del comitato esecutivo.

Per gli altri 200, a via Paleocapa aspettano ancora di scegliere (o di essere scelti), un’esitazione che è bastata a scatenare le voci (e qualcosa di più) di rifiuti clamorosi da parte di Banca Intesa e Unicredit e di disponibilità altrettanto interessate (Capitalia) da parte di chi è ansioso di ristabilire ottimi rapporti con il premier.

E’ uno degli inconvenienti di trovarsi a rinegoziare circa metà dell’intero indebitamento a pochi mesi dalle elezioni, che rischia se non di penalizzare, quanto meno infastidire i piani di sviluppo del vicepresidente Marina Berlusconi, per di più in un momento decisamente positivo per quasi tutte le società della galassia del Biscione.

Nel 2003 i ricavi del gruppo Fininvest raggiungeranno i 4,7 miliardi di euro con un incremento superiore al 18% rispetto ai 4 del 2002, naturalmente protagonisti di questa performance sono Mediaset – che peraltro inizia il 2004 con un + 8% di raccolta pubblicitaria a gennaio – e Mondadori, ormai stabilmente sotto il controllo del presidente (ancora lei) Marina.

L’unico “rosso” è quello del Milan che ha recentemente richiesto una ricapitalizzazione da 60 milioni di euro, ma persino le disastrate Pagine Utili, comprate e poi rifiutate da Marco Tronchetti Provera, hanno ritrovato la via del pareggio di bilancio. Tutti elementi che sembrano rafforzare la tesi che l’operazione da 500 milioni sia appena qualcosa in più (per l’ammontare della cifra) dell’ordinaria amministrazione.

Per quello che si riesce ad apprendere, l’operazione finanziaria non dovrebbe incidere sull’ammontare dell’indebitamento. Il suo collegamento con operazioni straordinaria all’interno, come ulteriori semplificazioni delle quote – i vari membri delle due famiglie di Berlusconi si dividono la proprietà di Fininvest partecipando a loro volta a 20 società fiduciarie – può essere solo indiretto.

Al contrario, una connessione più diretta si può fare con il recente arrotondamento della quota in Mediaset, un esborso da circa 180 milioni che ha permesso alla Fininvest di tornare sopra il 50% del capitale e di usufruire dei vantaggi fiscali offerti dalla nuova legge in caso di consolidamento dei bilanci per i grandi gruppi.

Quello che è molto meno consueto per una società assai gelosa della propria privacy, è questa sovraesposizione mediatica. Solo due settimane fa il quotidiano Finanza & Mercati rivelava un piano della famiglia per scendere al 30% in Mediaset e vendere una quota da circa da miliardi di euro in blocco o ad una banca d’affari o attraverso un private placement ad investitori selezionati.

La smentita è arrivata inevitabile e puntuale, ma non ha convinto del tutto, sia perché Confalonieri l’ha definita una «ipotesi suggestiva» sia perché molti analisti l’hanno trovata molto plausibile notando come le condizioni dell’operazione permetterebbero alla Fininvest di mantenere il controllo della società televisiva e al tempo stesso d’incamerare una liquidità notevole da utilizzare in nuove iniziative.

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