Società

Da precari a disoccupati, giovani padri a casa a occuparsi dei figli

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Roma – Il governo tecnico da’ un colpo al cerchio e uno alla botte. Da precari a disoccupati, i giovani padri rimangono a casa senza stipendio a occuparsi dei figli? Non c’e’ problema. Spunta il diritto al part time e al congedo parentale per i nonni al posto dei genitore, per coprie il gap di una generazione che per la prima volta dal Dopoguerra guadagna meno e ha meno opportunita’ di quella dei propri genitori.

La nuova riforma del lavoro Monti-Fornero si pone l’obiettivo ambizioso di aiutare le famiglie in difficolta’ economica concedendo piu’ flessibilita’ ai genitori e agli altri membri del nucleo. Che per via delle misure di austerita’ recessive subiranno una stangata devastante sul fronte fiscale (vedi aumento dell’Iva, dell’Irpef e della tassa sulla casa).

Un esempio degli sforzi del governo in questo senso lo offre la nuova norma che prevede l’innalzamento, fino ai diciotto anni di eta’ dei figli, della possibilita’ di usufruire dell’astensione facoltativa dal lavoro post-maternita’. E non solo: spunta anche la possibilita’ per le mamme di bimbi prematuri, sottoposti a lunghe ospedalizzazioni, di ottenere un numero superiore di mesi a casa, nonche’ la tutela della carriera delle lavoratrici madri.

Sono tutte misure racchiuse nei sette punti che vanno dritti al cuore della materia e che vengono definite “la rivoluzione dei congedi parentali” dal suo firmatario Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione e l’Integrazione, con delega anche alle Politiche per la Famiglia.

Sette brevi articoli che Riccardi presentera’ alla Camera non appena prendera’ il via la discussione del disegno di legge sulla riforma del lavoro, ad integrazione di quei due punti di “sostegno alla genitorialità” gia’ elaborati dal ministro del Welfare Elsa Fornero.

Due proposte, quelle del testo Fornero, che prevedono l´obbligo per i neo-padri di usufruire di tre giorni di astensione retribuita dal lavoro alla nascita del figlio. E, in secondo luogo, la possibilita’ per le mamme di tornare subito al lavoro, rinunciare ai sei mesi di congedo, ma ricevendo in cambio per gli undici mesi successivi, dei voucher per pagare servizi di baby sitting. Il problema rimane sempre quello pero’: costruire una famiglia in condizioni di lavoro precarie.

A favore del testo messo a punto dal dipartimento per la Famiglia, va detto che alcune parti sono particolarmente innovative. I congedi parentali sono quei 6 mesi, non retribuiti, che la madre o il padre possono prendere, tutti insieme o frazionati, dal primo anno di vita del bambino, fino ai suoi otto anni. Allo scadere degli otto anni, che se ne sia usufruito o meno, il diritto decade.

Il testo del ministro Riccardi propone di estendere fino ai 18 anni la possibilita’ di utilizzare quegli stessi sei mesi. E questo per dare modo ai genitori, anche adottivi, di seguire i figli nell´adolescenza. Altro elemento di novita’, ma sul quale potrebbe aprirsi un dibattito tra fautori e contrari, riguarda l’idea di dare ai nonni, in alternativa ai genitori, la possibilita’ di usufruire del congedo parentale.

Una proposta gia’ avanzata in Germania, ma che nel nostro paese affonda le radici nel dramma del lavoro precario delle coppie giovani, le quali, proprio per questo, con estrema difficolta’ mettono al mondo dei bambini. Visto che oggi, molto spesso, si legge nel testo, “il genitore ha un lavoro precario che non gli consente, di fatto, di avere il congedo”, anziche’ perderlo questo potrebbe essere usufruito dal nonno o dalla nonna, che magari hanno ancora un lavoro dipendente.

Spiega Andrea Riccardi: «Ho molto apprezzato le norme che il ministro Fornero ha voluto introdurre nel provvedimento sul lavoro a sostegno della genitorialità. Come titolare del dipartimento della Famiglia ho elaborato un pacchetto di ulteriori proposte che spero possano essere condivise. Bisogna essere attenti alla vita concreta e tenere in maggior conto il ruolo insostituibile che la famiglia svolge all´interno della società. Sostenendola in particolar modo nei periodi più delicati. La gestazione, il parto, l´allattamento, la necessità di accudire i figli durante le malattie, la loro educazione, non devono diventare un peso insostenibile per i genitori, specie per le madri».

Inserendo in questo quadro anche situazioni delicate, come ad esempio i parti pre-termine. Quando nasce un bimbo prematuro spesso i suoi primi mesi di vita si svolgono nella nursery di un ospedale. Settimane, giorni, in cui si “consumano” i 3 o 4 mesi di astensione post partum delle madri. Le quali magari, non appena riescono a tornare a casa con il loro (delicatissimo) bambino, si trovano già a dover riprendere il lavoro. E l´idea di Riccardi, d´accordo con il ministero della Salute, è di scorporare i mesi di ospedale dal conteggio del congedo obbligatorio.

«Le mie proposte – aggiunge Riccardi – che non implicano particolari aggravi per le finanze pubbliche, vanno in due direzioni: la prima, estendere e rendere più elastiche le norme sui congedi parentali, ampliando la possibilità e le persone – basti pensare a quanto sono importanti oggi i nonni – che possono usufruirne. La seconda, estendere le garanzie per le donne lavoratrici. Aiutare la famiglia oggi significa sostenere il più grande ammortizzatore sociale di cui l´Italia dispone».

ECCO UN RIEPILOGO DI COME CAMBIA IL LAVORO CON LA RIFORMA FORNERO

LICENZIAMENTI – Il licenziamento discriminatorio «è nullo, è come non fosse mai avvenuto» per qualunque tipo di impresa, anche quella con meno di 15 dipendenti fin qui esclusa dalle tutele per l’articolo 18. Per i licenziamenti economici, per esempio nel caso di crisi dell’azienda ossia per «una ragione oggettiva», è previsto solo un indennizzo da 15 a 27 mensilità. Per i licenziamenti disciplinari è il giudice che decide: o il reintegro, nei casi gravi, o una indennità al massimo di 27 mensilità, tenendo conto dell’anzianità del dipendente allontanato. È stata inserita anche una tassa sul licenziamento pari a un mese e mezzo di retribuzione.

CONTRATTI: Il contratto a tempo indeterminato sarà «dominante» con il rafforzamento dell’apprendistato per l’ingresso nel mercato del lavoro. Saranno penalizzati i contratti a termine (ad esclusione di quelli stagionali o sostitutivi) con un contributo aggiuntivo dell’1,4% da versare per il finanziamento del nuovo sussidio di disoccupazione (oltre all’1,3% attuale). Per i contratti a termine non saranno possibili proroghe oltre i 36 mesi.

BASTA STAGE GRATUITI – Dopo la laurea o dopo un master si va in azienda ma non con uno stage gratuito, magari sarà una collaborazione, magari un lavoro a tempo determinato «ma è un lavoro e l’azienda lo deve pagare».

CONGEDI OBBLIGATORI DI PATERNITA’ : Nella riforma del mercato del lavoro c’è‚ l’ atteso contrasto alle dimissioni in bianco (lettere di dimissioni pre-firmate e attivate dall’azienda per licenziare le donne incinta). Il ministero del lavoro finanzierà «la sperimentazione dei congedi di paternità obbligatori», la scelta che contribuirebbe a favorire l’occupazione femminile e la conciliazione dei tempi di lavoro e famiglia anche per papà.

PARTITE IVA – La proposta del governo sulle partite Iva prevede invece l’introduzione del lavoro subordinato dopo 6 mesi, se la prestazione di lavoro è presso un committente. In questa ottica, i contratti di compartecipazione possono riguardare solo i familiari di primo grado. Confermati, poi, i tempi di attuazione della riforma degli ammortizzatori.

AMMORTIZZATORI: Il nuovo sistema andrà a regime nel 2017, ma se il nuovo sussidio di disoccupazione (l’Aspi) entrerà in vigore da subito, l’indennità di mobilità (che vale oggi per i licenziamenti collettivi e può durare fino a 48 mesi per gli over 50 del Sud) sarà eliminata definitivamente solo nel 2017. Per il nuovo sistema sono previste risorse aggiuntive per 1,7-1,8 miliardi.

ASPI: l’assicurazione sociale per l’impiego sarà universale, sostituirà l’attuale indennità di disoccupazione. Durerà 12 mesi (18 per gli over 55) e dovrebbe valere il 75% della retribuzione lorda fino a 1.150 euro, e il 25% per la quota superiore a questa cifra, con un tetto di 1.119 euro lordi per il sussidio. Si riduce dopo i primi sei mesi. Sarà quindi più alta dell’indennità attuale che al suo massimo raggiunge il 60% della retribuzione lorda (e dura 8 mesi, 12 per gli over 50).

CASSA INTEGRAZIONE: si mantiene per la cassa ordinaria e la straordinaria con i contributi attuali, ma viene esclusa la causale di chiusura dell’attività (resta possibile solo quando è previsto il rientro in azienda)

FONDO SOLIDARIETÀ PER LAVORATORI ANZIANI: sarà pagato dalle aziende e dovrebbe fornire un sussidio al lavoratori anziani che dovessero perdere il lavoro a pochi anni dalla pensione. Sarà su base assicurativa. È stato chiesto dai sindacati per fronteggiare l’eliminazione della mobilità.