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CRISI: L´ARMA NUCLEARE

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(WSI) – Sotto una pressione inaudita, nell´attesa snervante del verdetto dei mercati di oggi, il vertice europeo ha partorito finalmente un piano. Per scongiurare nuove catastrofi nelle Borse si doveva voltare pagina rispetto alla cacofonia con cui l´Unione aveva affrontato le prime ondate dello tsunami finanziario.

Bisognava cancellare il ricordo dell´insulso G-4 che una settimana prima a Parigi aveva prodotto solo retorica. Ma in una settimana molto è cambiato, dopo cinque sedute di Borsa segnate dal più grave tracollo storico dopo il 1929. La minaccia di un “collasso sistemico dell´economia mondiale”, agitata dal Fondo monetario, ha agito come un elettrochoc sui governi europei. Il vertice di ieri sera ha fatto meglio del G-7, che a Washington si era chiuso sabato con frasi generiche. Il documento europeo è più specifico. Imita, come anticipato ieri da Repubblica, il piano già operativo in Gran Bretagna.

L´arma “nucleare”, nelle speranze di governi e banche centrali, è il vasto ombrello protettivo che deve rianimare i flussi del credito.

E´ un´assicurazione degli Stati contro le insolvenze, che va a garantire i prestiti fra banche, le emissioni obbligazionarie degli istituti di credito, tutto quel mercato interbancario che si è paralizzato con gravi conseguenze per il finanziamento dell´economia reale. Nessuna grande banca sarà lasciata fallire: c´è il via libera alla ricapitalizzazione da parte degli Stati.

Saranno estese le nazionalizzazioni parziali per salvare gli istituti di credito in difficoltà con poderose iniezioni di denaro pubblico. E´ implicita una sospensione – o una interpretazione molto elastica – delle regole di Bruxelles contro gli aiuti di Stato. Anche il rigore di bilancio imposto dal Patto di stabilità sarà messo fra parentesi.

Quanto costerà questa immensa operazione anti-crisi ai cittadini contribuenti? Poiché l´applicazione di questi interventi resta una prerogativa dei governi nazionali, il costo totale ieri sera è rimasto nel vago. Entro mercoledì ogni governo dovrebbe annunciare quanto stanzierà. Alcuni ordini di grandezza: la Gran Bretagna ha già messo in conto di spendere almeno 250 miliardi di sterline per la garanzia sui crediti interbancari, e 50 miliardi per le nazionalizzazioni; in Germania stamattina il governo dovrebbe varare interventi analoghi per un costo stimato a 400 miliardi di euro; la piccola Norvegia ha stanziato 41 miliardi di euro. Siamo ben oltre i 20 miliardi di euro che il governo italiano aveva indicato per i suoi interventi di emergenza.

Un primo problema è questo: il vero onere dell´ombrello “nucleare” di garanzia e delle nazionalizzazioni al momento non lo conosce nessuno. Rischia di essere molto elevato. Non tutti gli Stati europei hanno gli stessi mezzi per affrontarlo. La situazione delle finanze pubbliche in Italia è tra le peggiori.

Un´altra zona d´ombra nel piano europeo riguarda le nuove regole contabili promesse alle banche, perché non debbano scaricare subito sui loro bilanci le voragini di perdite create dai “titoli tossici”. Se questo sarà un regalo ai banchieri, un “liberi tutti”, un´indulgenza plenaria per attribuire a quei titoli dei valori generosi, sarebbe un grave errore foriero di nuovi abusi.

In questa fase in cui la priorità è rianimare un sistema creditizio che ha subito un vero e proprio infarto, bisogna evitare di offrirgli al tempo stesso una stecca di sigarette e una bottiglia di grappa perché ricominci la vita di prima. Nell´economia di mercato le crisi devono servire anche ad eliminare i soggetti più inefficienti, possibilmente limitando i danni inflitti a vittime innocenti: questa regola andrà tenuta ferma nell´applicazione del piano europeo.

Nella migliore delle ipotesi il vertice di Parigi sarà stato utile per tappare la falla immediata, l´emergenza acuta che attanaglia il sistema finanziario, diffonde panico, raziona i fondi a tutte le attività economiche. Ma anche se si riesce ad arrestare questa calamità, dietro incombe una tempesta altrettanto grave.

E´ la recessione mondiale, un calo pesante dei consumi, interi settori industriali e di servizi colpiti duramente, emorragie di posti di lavoro. La recessione sarà sofferta dalla maggioranza delle popolazioni. Il vertice dell´Eurogruppo ieri si è concentrato a spegnere l´incendio vicino, e non ha affrontato l´altro problema che incombe. L´attenzione va riequilibrata rapidamente.

I cittadini non accetteranno che i loro disagi economici non abbiano la stessa priorità dei crac bancari. Ieri alcuni leader avrebbero voluto che dal summit di Parigi uscisse una cifra tonda, un totale dello sforzo finanziario messo in campo dall´Europa. Da un lato quel numero poteva servire a “impressionare” i mercati; dall´altro doveva rassicurare i contribuenti indicando che il soccorso alle banche avrà dei limiti. Nelle prossime ore ogni governo dovrà rispondere per la sua parte, rivelando i costi nazionali dell´operazione. E´ essenziale che non ricominci in quella fase la cacofonia, che aprirebbe la strada a giochi concorrenziali e fughe di capitali da un paese all´altro.

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