Economia

Credit Suisse, gli investitori pronti alla class action

Non c’è pace per Credit Suisse. A pochi giorni dalla comunicazione del salvataggio del colosso bancario da parte di Ubs, partono le prime class action. L’annuncio della fusione tra Ubs e Credit Suisse, fortemente voluta dal governo elvetico e dalla Banca Nazionale Svizzera, non sembra aver placato completamente gli animi degli investitori e di quanti si sentono danneggiati dai recenti avvenimenti.

Credit Suisse, partono le prime class action

Per il momento a muoversi come un elefante in una cristalleria sono principalmente gli studi legali di New York, tra i quali ci sono Levi & Korsinsky e Bronstein, Gewirtz & Grossman, i quali, nel corso della giornata di lunedì 20 marzo 2023, hanno provveduto a notificare due diverse iniziative.

Levi & Korsinsky spiega che la causa per nome e per conto degli investitori del Credit Suisse è stata avviata nella Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto del New Jersey. Questa particolare iniziativa è stata rivolta agli investitori che, nel corso degli anni hanno acquisito, in diverso modo, particolari titoli di Credit Suisse, come sono le azioni e le obbligazioni. La class action riguarda le operazioni effettuate nel periodo compreso tra il 1° dicembre 2022 ed il 17 febbraio 2023.

Ma quali sono le accuse lanciate contro il Credit Suisse? Lo studio Levi & Korsinsky ritiene che la banca svizzera avrebbe reso delle dichiarazioni false o, comunque vada, contraffatte in merito a questi determinati eventi:

  • a differenza di quanto aveva dichiarato Axel Lehmann nel dicembre 2022, in qualità di presidente del Credit Suisse, il forte aumento dei deflussi di clienti che la banca ha iniziato a registrare nel corso del mese di ottobre 2022 è continuato nel tempo;
  • Credit Suisse ha, di fatto, sottovalutato l’impatto di una serie recente di perdite trimestrale dell’azienda. Sono stati sottovalutati, inoltre, i rischi e i fallimenti di compliance sulla liquidità e sulla sua capacità di riuscire a continuare a trattenere i fondi dei clienti;
  • l’istituto elvetico, inoltre, aveva evidentemente sottovalutato la posizione finanziaria e le prospettive future della società;
  • Credit Suisse, inoltre, ha reso delle dichiarazioni pubbliche che, sostanzialmente, risultano essere false e fuorvianti in ogni momento.

I problemi in Svizzera

Anche in Svizzera alcuni investitori si stanno muovendo contro Credit Suisse. A scendere in campo è la Fondazione Ethos, la quale, in rappresentanza dei fondi pensione svizzeri, ritiene che i soci di Ubs e di Credit Suisse non saranno in grado di votare in assemblea sulla fusione. I clienti svizzeri, in futuro, dovranno fare i conti con i rischi di una posizione dominante di Ubs all’interno del mercato finanziario svizzero.

Fondazione Ethos ha, inoltre, sottolineato che nel corso dei prossimi giorni saranno esaminate tutte le opzioni possibili, comprese quelle legali. L’intenzione è quella di determinare le eventuali responsabilità di questa debacle e di continuare a difendere gli interessi dei soci. Fondazione Ethos chiede lo scorporo delle attività svizzere della banca, per ridurre gli esuberi e mantenere una sana competizione.

Patrik Kauffman, gestore di un altro fondo, ritiene che l’azzeramento delle obbligazioni Additional Tier 1 (AT1) si contro la legge. Intervistato dal “Financial Times” ha sottolineato che questa decisione è folle, perché gli obbligazionisti di AT1 non riceveranno nulla, mentre gli azionisti se ne andranno con 3 miliardi di franchi svizzeri (3,2 miliardi di dollari).