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CREDIT CRUNCH, AL VIA LA SECONDA PUNTATA

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La solfa che si sente sempre piu’ spesso negli ultimi tempi sul “peggio e’ passato” (per la crisi del credito e dintorni) e’ una sensazione calda e benvenuta negli ambienti bancari, degli investitori e anche nei governi – come lo e’ l’arrivo del sole di primavera, scrive Paul J. Davies sul Financial Times.

Ma in alcune ovattate stanze di Wall Street circola, nemmeno tanto velato, un timore. La preoccupazione che tirando un sospiro di sollievo troppo presto, molti operatori finanziari finiscano per ignorare un’altra brutta tempesta che va stagliandosi all’orizzonte: la crescente probabilita’ di un massiccio aumento dei problemi nel settore del credito “corporate”, cioe’ i crediti alle aziende.

Le banche hanno in molti casi gia’ defacalto la maggior parte dei prestiti inesigibii sui mutui subprime, sui prestiti buy-out e su migliaia di prodotti strutturati e dalla complicata ingegneria finanzaria che hanno provocato (si dice) oltre un trilione di dollari di perdite. Resta il fatto pero’ che il tipo, e il volume, di finanziamenti che il sistema puo’ mettere sul tavolo oggi a favore dell’economia reale (cioe’ le imprese) sia negli Stati Uniti che in Europa, rimane senza dubbio ultra-limitato.

Per questo molti banchieri temono che la versione piu’ drammaticamente realistica, da economia reale, che vive e fa business sul territorio, di questa maxi crisi del “credit crunch”, debba ancora cominciare.

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